La Stampa, 2 ottobre 2018
Elogio di Chicco Molinari, antidivo del golf
Il nuovo messia del green, la macchina, il castigatore di Tiger Woods: sono mille gli aggettivi che usa la stampa straniera, impazzita per Francesco Molinari, il re della Ryder Cup che, con il record di cinque vittorie in cinque partite, ha trascinato una frizzante squadra europea al trionfo sugli Stati Uniti. Sul percorso nella campagna parigina è nata una stella. Ma dimenticatevi il copione dello sportivo che cerca i riflettori: «Io uomo copertina? Avete scelto quello giusto...». Schivo, imperturbabile -anche se solo all’apparenza -, ha scelto una vita di grandi obiettivi unita ad un basso profilo. È il lavoro la sua religione. La maturazione è arrivata negli ultimi due anni, come spiega il suo padrino spirituale Costantino Rocca, il primo azzurro a vincere due Ryder nel 1995 e nel 1997: «Francesco è cresciuto giorno dopo giorno e ha saputo circondarsi di persone intelligenti».
L’Italia vista dai green europei sembra lontana. Molinari è diventato un’icona oscurando campioni di lungo corso quali gli inglesi Justin Rose e Ian Poulter che, nella conferenza stampa collettiva, hanno dovuto lasciare tutta l’attenzione a quell’italiano così atipico che si è inserito nel gruppo da vero europeo assorbendone idee e modi di fare. «L’Équipe mi definisce il nuovo messia del golf? No, nessun timore per gli epiteti. Tanta attenzione è motivo di orgoglio».
L’intesa con Fleetwood
Ma oggi l’enfant prodige cresciuto sui green del circolo «Torino» sotto gli occhi attenti dei genitori e del tecnico Sergio Bertaina, non è più Chicco. È «Frankie», il giocatore che appartiene al mondo globale del golf (sebbene lui si definisca «italiano al cento per cento») e che ruba la scena a suon di risultati, ma sempre antidivo. Ha vissuto l’impresa in simbiosi con i compagni. Tanto che Tommy Fleetwood, l’unico capellone del circuito, l’amico con il quale Francesco ha diviso la vittoria in 4 doppi su 4 (record anche questo) gli urla «Su Frankie devi essere più modesto!» e tutti scoppiano a ridere. Inclusi i senatori. Sui social l’ultimo siparietto: i gemelli sono a letto con la coppa e commentano la partita. La complicità, la lotta per lo stesso obiettivo e la forza della squadra: sono queste le carte con le quali il Vecchio Continente ha spuntato le ali agli americani super favoriti. Il team a stelle e strisce ha lasciato Parigi, battuto e diviso tra tensioni e polemiche. Solo Woods ha recitato un mea culpa: «Non ho portato punti. Non c’è niente da ridere». Non sono bastati agli Usa i numeri, le statistiche e neppure sei vincitori degli ultimi sette Masters. La magia dell’Europa è stata la squadra, nel golf come nel calcio.