La Stampa, 2 ottobre 2018
Esoscheletri per gli anziani
Se nell’immaginario esoscheletro uguale Sigourney Weaver in «Alien», è perché questo robot, prima di entrare negli ospedali, nasceva come strumento militare. Oggi è uno dei campi di ricerca più promettenti per tornare a camminare, a cominciare dagli anziani. E se inizialmente i produttori erano due, uno americano e uno israeliano, ora i modelli sono una decina (con diminuzione dei prezzi: dai 150mila euro nel 2014 a 40mila nel 2018).
Come l’esoscheletro XoSoft, un «pantalone sensorizzato» che si vede a Pisa, tecnologia che si realizza all’interno dell’omonimo progetto dell’Ue e coordinato dall’Istituto Italiano di Tecnologia, con l’obiettivo di ottenere un sistema «vestibile» per chi ha disabilità lievi delle gambe. «Ma gli esoscheletri sono efficaci anche per chi ha subito danni midollari gravi», ci dice Stefano Mazzoleni, ricercatore dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna e coordinatore del Laboratorio di bioingegneria della riabilitazione. I problemi, però, sono soprattutto, normativi. «Gli esoscheletri si usano nei centri riabilitativi, perché è difficile avere autorizzazioni per indossarli nella vita quotidiana. Il nodo giuridico sono i possibili incidenti. Negli Usa sono stati autorizzati solo due modelli a uso personale, in Italia, invece, niente. Ma sono ottimista».
Interfacciarsi con questi robot, comunque, è semplice: funzionano con sensori e tramite l’oscillazione del peso si dà il comando per avanzare con il piede opposto. «Senza trascurare che l’esoscheletro non è solo motori che agiscono al posto dei muscoli, ma restituisce una serie di sensazioni che funzionano come rafforzamento motivazionale». E senza contare che esoscheletri più «light» sono già in commercio (il Giappone è il leader del settore) come supporto per gli anziani: è una tecnologia di successo in un mondo in cui la popolazione degli «over 80» triplicherà entro il 2050, passando da 126,5 milioni a 446,6 milioni.