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 2018  ottobre 02 Martedì calendario

Tutto sull’uovo in cucina

«È nato prima l’uovo o la cucina?»: la domanda di Nicola Batavia – chef con ristoranti anche a Venezia, Londra e Ucraina - è vecchia quasi quanto quella sull’uovo e la gallina. Basti dire che i francesi vantano un migliaio di ricette in tema e che in Italia già nel Trecento un Anonimo Veneziano lasciò indicazioni e dosi per le uova ripiene. Dodici, secondo il critico Allan Bay, sono le preparazioni base dell’alimento più economico e completo dal punto di vista nutrizionale: al piatto, all’ostrica, alla coque, bazzotte, sode, in cocotte, in camicia o affogate, fritte, filate, strapazzate, frittate e omelette. Ma l’umile prodotto della gallina è anche piatto gourmet. Il primo a sdoganarlo fu nel 1985 Gualtiero Marchesi con l’Uovo all’uovo: svuotò il guscio per poi rimettergli dentro il rosso dopo averlo cotto a vapore con la panna e aggiunto qualcosa di croccante. Qualche anno dopo realizzò l’Uovo al Burri, eseguito sfiammando il bianco, non cuocendolo quindi in padella.
LE VARIANTI
Il preferito degli ultimi allievi di Marchesi, Daniel Canzian (autore della ricetta accanto), riprende ricette originali rendendole contemporanee. «L’uovo in apparenza così semplice spiega può regalare varianti straordinarie». Mettere in menù l’uovo non è più un tabù, c’è chi ha la carta delle uova e non sono neanche pochi i ristoranti interamente (o quasi) dedicati. A Milano l’Ov dall’ambiente internazionale ha aperto una seconda sede e a Roma il successo di Eggs è stato talmente grande da aver dovuto cambiare location (sempre a Trastevere, davanti all’ex cinema America). Entrambi i ristoranti hanno le proprie fattorie per controllare la filiera in ogni aspetto. Il due stelle di Ragusa Ciccio Sultano ha perfino creato l’Aia Gaia, progetto pilota per la produzione di uova e di pollame. «Gli animali racconta vivono in grandi spazi all’aperto seguendo un preciso disciplinare, con mangimi naturali selezionati e certificati».
In cucina si sceglie ormai l’uovo anche in funzione del piatto da realizzare. Monica Maggio, che prima di allevare animali da cortile in provincia di Modena insegnava economia, suggerisce: «Le uova di galline romagnole e modenesi sono ideali per fare la sfoglia; per zabaioni, creme e meringhe meglio scegliere le razze di origine anglosassone; le Marans vanno fatte alla coque e per il tegamino preferisco le valdernese».

L’ETICHETTA
Nelle gastronomie di qualità è possibile trovare le uova di Paolo Parisi, le migliori secondo Mara Nocilla del Gambero Rosso. «Alleviamo racconta Parisi le Livornesi dalle uova bianche, che amano la vita all’aperto e mantengono il carattere primordiale che le altre razze hanno perso. Oltre a cibarsi di granaglie macinate, bevono il latte delle capre del bosco. Da questo stile di vita nasce un prodotto unico, molto pulito al naso e in bocca, elastico e con una capacità di inglobare l’aria superiore alle altre uova». Sei uova costano 7,50 euro. Ma quali i consigli per chi spende per mezza dozzina di uova al massimo 1,50-2 euro? Essenziale è leggere l’etichetta: IT indica la provenienza italiana e il numero 0 un allevamento biologico. Man mano che i numeri salgono 1, 2, 3 vuol dire che le galline sono state allevate in sempre minor spazio e in condizioni non proprio felici seppure igienicamente sane.