Libero, 2 ottobre 2018
Grattacieli fatti di carote
In un futuro neanche poi così lontano interi campi agricoli saranno utilizzati per coltivare barbabietole, carote, carciofi e funghi. Ma non si tratta di una nuova dieta alimentare: gli ortaggi verranno impiegati per costruire case, strade, scuole e qualsiasi struttura edilizia che necessiti di resistenza e durata. L?ultima frontiera della cosiddetta ?Agritettura? (un neologismo che racconta dei numerosi progetti, studi e start-up sull?uso del ?verde? applicato ai materiali da costruzioni che si stanno svolgendo in tutto il mondo) arriva dalla facoltà di Ingegneria della Lancaster University. Lì un gruppo di ricercatori con a capo il prof Mohamed Saafi, docente di ?Intergrità strutturale e materiali? ha scoperto che carote e barbabietole possono essere usate per realizare cemento non solo più resistente, ma che raggiunge prestazioni di durevolezza eccellenti. In pratica quando le fibre vegetali estratte dalla radici di quegli ortaggi vengono aggiunte ad una miscela di calcestruzzo tradizionale (cemento, aggregante e acqua) queste piastrine a base di cellulosa aumentano la principale sostanza responsabile dell?idratazione del Porland – il cemento più usato nel mondo – nonché della sua resistenza. I TESTI DI LABORATORIO Nei test di laboratorio – pubblicati pochi giorni prima della tragedia del Ponte Morandi di Genova – l?aggiunta di queste fibre ha dimostrato che si può ottenere un metro cubo di calcestruzzo con 40 chilogrammi di cemento Portland in meno e che la miscela tende ad aumentare nel bio composto la quantità di silicato di calcio idrato, la sostanza chimica che principalmente determina la resistenza meccanica del cemento stesso. Detto in altre parole: aumentando le prestazioni del materiale sono necessarie anche quantità minori per costruire. Il progetto della Lancaster (si chiama ?B-Smart?), finanziato in ambito comunitario, potrebbe inoltre risolvere anche i problemi di inquinamento. I ricercatori inglesi sostengono che utilizzando carote e barbabietole si ottiene una significativa riduzione del consumo di energia e le emissioni di CO2 associate alla produzione di cemento. Poiché si stima che per i prossimi 30 anni ci sarà un raddoppio della produzione di cemento, la scoperta è tutt?altro che trascurabile: con 40 chili in meno di Portland ci saranno anche 40 chili in meno di CO2. Ovviamente pure gli antichi mescolavano terre e sostanze vegetali (reperti di abitazioni delle civiltà mesopotamiche, risalenti al 2500 a.C. circa, erano composti di impasti di argilla e paglia; le civiltà Inca e Maya erano solite aggiungere fibre vegetali ai loro vasi per impedire che si crepassero durante la fase di asciugatura al sole) e tutt?oggi viene praticata la costruzione in ?Cob? (antico termine inglese che significa «grumo» o «pagnotta») con una miscela di sabbia, paglia e argilla impastata con i piedi o con mezzi meccanici. Ma mai si era arrivati a ipotizzare l?uso di ortaggi per costruire strutture importanti come grattacieli, ponti e infrastrutture che necessitano di materiali super performanti e restistenti. Cosa che possono garantire peraltro altre piante: il bamboo può svolgere la stessa funzione dell?acciaio (come insegna l?architettura asiatica), il carciofo quella della vetroresina, così come i funghi possono diventare materia prima per i pannelli ignifughi e la canapa impastata con la calce può assorbire Co2 dai 18 ai 60 chili per metro cubo. E ancora: l?olio di soia può servire per produrre rivestimenti in bioresina e le vinacce per crare pelle vegetale. START UP E IMPRENDITORI Di tutto questo ne sono consapevoli gli addetti ai lavori italiani: l?Ordine degli Architetti di Firenze, ha organizzato per il secondo anno di seguito un seminario di studio sull?utilizzo degli scarti provenienti dall?agro-alimentare in architettura, attraverso filiere di trasformazione nella visione più ampia di economia circolare chiamando a raccolta aziende, start-up e imprenditori attivi nello sviluppo di applicazioni dell?agroalimentare in architettura. È stato un successo. Si tratta infatti di grani opportunità per rendere ?produttivi? i terreni marginali o non idonei all?agroalimentare trasformandoli in fabbriche per i materiali bio-ecologici da impiegare nelle costruzioni. Secondo architetti e agronomi, non solo si contribuirebbe ulteriormente al presidio del territorio rurale da parte dell?uomo, antidoto al dissesto, ma si avrebbero anche ricadute notevoli sull?economia e l?occupazione locale. Il progetto ?Agritettura?, promossa dalla Fondazione Architetti di Firenze e dall’Istituto Nazionale di Bioarchitettura, ha dunque aperto un nuovo ambito di sviluppo per la piena valorizzazione di scarti agricoli e di specifiche colture per la realizzazione di materiali da costruzione dalle grandi prestazioni di efficienza energetica e termoacustiche o per la produzione di componenti di arredo.