Rolling Stone, 1 ottobre 2018
Intervista a Ornella Vanoni: «In Italia il rock non esiste»
«Io non sopporto gli zainetti», Ornella Vanoni esordisce così. Ovviamente non mi sento a mio agio, visto che ho uno zainetto sulle spalle. La chiacchierata con la diva elegante della musica italiana scorre nel suo salotto, tra un caffè e un bicchier d’acqua. Attorno a lei ruotano presenze femminili che ne scandiscono la quotidianità: dall’assistenze tuttofare che organizza spostamenti, prove e concerti fino alla colf sudamericana che lei chiama Fernandez, passando per la simpaticissima Ondina, barboncina di due anni che, per buona parte dell’intervista, mi chiede di lanciarle la pallina, per poi riportarmela puntualmente tra le mani.
La Vanoni è una di quelle interpreti le cui canzoni, volenti o nolenti, vivono nella nostra testa, scorrono nelle nostre vene. Ed è un peccato che la tv, sbagliando, ogni tanto tenda a descriverla come una sopra le righe. Ornella è un’artista impeccabile, oltre che una donna risoluta, attenta, tagliente e molto lucida. La incontro perché la Tǔk Music Reloaded di Paolo Fresu ha ristampato Argilla, fuori catalogo da diversi anni. Un lavoro bellissimo con brani che si muovono tra jazz e musica brasiliana. Da recuperare assolutamente.
Perché Argilla è importante?
«Perché è un disco fatto in studio, tutto insieme, con dei musicisti fantastici, come Paolo Fresu, Antonello Salis, Nguyên Lê. Un album fatto per non vendere».
Addirittura.
«È molto azzardato. Anche la copertina, dove sono nuda, dipinta di nero. Secondo me è un album meraviglioso. Difatti Paolo ci teneva tanto e sono molto felice che, finalmente, sia stato ripubblicato».
Avevate proprio voglia che fosse ridistribuito.
«La voglia era di Paolo e anche mia. La discografia italiana è molto strana, stranissima. Paolo e io lo volevamo, questi (chi aveva i diritti, ndr) non ce lo davano mai. Finalmente hanno venduto tutto il catalogo a Limongelli, che è un signore più morbido. E ci ha permesso di ristamparlo».
In questo disco si esprime il suo grande amore per il jazz.
«Sì, ma non posso dimenticare il pop. Il pubblico vuole sempre sentire certi classici».
Be’, in questo senso c’è una sua interpretazione della celebre Bugiardo e incosciente di Mina.
«È una versione totalmente diversa. Sono tutte e due valide, ma diverse come siamo diverse io e Mina nell’interpretazione».
Lei ama molto anche la musica brasiliana.
«Be’, ho fatto La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria, un disco splendido».
Cosa la affascina delle sonorità carioca?
«Intanto i brasiliani. La loro musica è colta, bella, intelligente. E poi c’era Vinicius de Moraes. Ho ritenuto fosse uno dei più bei vinili dell’epoca. Un capolavoro, no?».
Assolutamente.
«È più bello dei dischi brasiliani, perché non ce l’hanno un disco brasiliano con Vinicius che racconta le storie. E questo è un pensiero di Bardotti (Sergio Bardotti è stato un cantautore e paroliere italiano, ndr)».
Cos’ha, a suo avviso, la musica brasiliana rispetto al resto.
«Il talento. Un mix di nero, di America e di Sud America. Questa mescolanza crea sonorità meravigliose. Hanno avuto Jobim, Veloso. Tutti amici».
In Argilla, invece, ha collaborato con Roberto Carlos.
«Sì, ma non è che io aneli a Roberto Carlos. È un bravo scrittore di canzoni. Però è molto egoista, è difficile avere i pezzi. Non li cede».
Altro suo amore, la musica napoletana: dalle reinterpretazioni dei grandi classici fino ad Alberi, brano che portò a Sanremo con Enzo Gragnaniello nel 1999.
«Scusi, ma chi è che non ama la musica napoletana?».
Be’ a me piace molto, però magari non tutti la apprezzano. C’è chi ama più altri suoni, tipo il rock.
«Ecco, posso dire una cosa? Il rock in Italia non esiste. Solo Vasco è rock, perché ha avuto anche una vita rock. Il vero rock lo fa lui. Poi viene Gianna Nannini. E poi, per me, in Italia, il rock finisce lì».
Non c’è nessun’altro?
«Lucio Dalla poteva fare qualsiasi cosa: rock, blues, tutto quanto. Aveva questa vocalità e capacità musicale di cambiare. Però poi si ferma lì. Non c’è più il rock».
A ogni modo, molti artisti italiani si definiscono rock.
«Il rock non può avere testi morbidosi, ma intensi come Light my fire».
Mi tira fuori il grande Jim Morrison.
«In quell’epoca lì sono morti tutti. Era una moda morire. Forse per reggere le migliaia di persone, il successo che preme continuamente, costringe a prendere delle droghe per sostenere tutto questo. Il vero mistero sono i Rolling Stones, sono ancora vivi tutti. Incredibile».
È innegabile che molti artisti per reggere certi ritmi si droghino. A volte la cosa degenera.
«La povera Amy Winehouse non ce l’ha fatta. Lei voleva fare una vita normale, non poteva e questo le pesava. Poi la sera usciva in pigiama per comprarsi la droga. Era sempre inseguita dai paparazzi. Dalla droga è passata all’alcol, le hanno detto «ancora due bicchieri e muori», ne ha bevuti di più ed è morta».
Non pensa che, forse, la Winehouse fosse consapevole del rischio che stava correndo, ma le piaceva la sua vita così com’era?
«Lei non usava droga fino a che suo marito non gliel’ha data. È stato suo marito a rovinarle la vita. Amy non era una cantante rock, era un’interprete jazz che ha inventato un nuovo modo di cantare, senza pianoforte. Lei ha la chitarra, perché il piano è incombente, prende molto spazio. Il suo jazz era un po’ rock, un caso unico. Era una grande e fa parte delle bambine tristi insieme a Billie Holiday e Marylin Monroe. Le mie bambine adorate».
Ma qual è la cosa più dura nella vita di un artista?
«Quello che uccide credo siano i tour: reggere gli spostamenti, 30mila persone che cantano sopra di te. Vasco fa un grande concerto, ma non fa le tournée. E il nostro Vasco non ha scherzato neanche lui. Però adesso sta bene, per fortuna. Io l’ho adorato quando ha fatto quel video in cui era gonfio, pelato, c’era un muro scuro e diceva «Sono ancora qua». Non era figo, capisci? Anche se è figo. E poi ha degli stupendi occhi viola Vasco. Sai chi aveva gli occhi un po’ simili a lui?».
Chi?
«Hugo Pratt, il mio amichetto Hugo Pratt».
Prima ha parlato di Marylin. Non sapevo le piacesse.
«La Monroe era una grandissima attrice. La gente all’inizio non ha capito, pensava fosse un fenomeno di mercato, invece era un fenomeno di talento. Quando ha fatto Il principe e la ballerina prendeva tutti gli spazi lei.»
Passiamo a Sanremo. Quest’anno è come se l’avessero riscoperta.
«Per il semplice fatto che io ho un’età avanzata, molto avanzata. Nessuno ha più voce e io ce l’ho ancor più di prima. Cos’è? Io lo so cos’è».
Eh, cos’è?
«La libertà interiore di non preoccuparsi di cantare bene, lasciarsi andare. Non si è persa la voce, anzi, è cambiata nelle tonalità, è un po’ più piena. Più si va in là con gli anni, più senti una voce più limpida, più piccola, più fine, un po’ come l’età che si ha. E piano piano si cambia, si cambia dentro, tutte le esperienze che si sono fatte diventano materiale per cantare e dare emozioni a te stesso e agli altri».
E non dimentichiamoci dell’interpretazione.
«La grande interpretazione viene dall’esperienza della vita. Uno di quindici anni che canta, può mettercela tutta, avere talento, ma non ha un’esperienza che riempia la sua voce. A parte che adesso non interpreta più nessuno. Trovi grandi interpreti?».
Diamo tempo alle nuove leve. Non pensa che tra loro ci sia qualcuna di interessante?
«Se non ascoltano il passato cosa cantano? Se non leggono, cosa scrivono? Le hai sentite le canzoni? Hai visto i successi dell’estate? Ci manca che tornino Los Marcellos Ferial, quelli di Cuando calienta el sol. Hai sentito la canzone della Bertè?».
Non ti dico no è stata una delle hit di quest’estate. Chi non l’ha sentita?
«Io sono contenta per lei, che si è ripresa, ha successo, riempie i teatri. Mi fa molto piacere. La sua canzoncina, però, assomiglia molto a E la Luna bussò, un reggae. E poi c’è quell’altra canzone».
Si riferisce ad Amore e capoeira di Takagi & Ketra con Giusy Ferreri?
«Amore, capoeira, la favela, non sa neanche cosa cazzo dice. Comunque ha avuto successo, buon per loro».
Cosa non le piace di questi tormentoni estivi?
«Si può anche fare una canzone gioiosa, come Quattro amici al bar. Quella è intelligente però, è la storia dei ragazzi dell’epoca di Paoli. La canzone di Gino ha avuto successo, molto successo. Era un brano allegro, ripetitivo, che prende – ha venduto un milione di dischi – ma con un testo che piace. Si parlava. Adesso non si parla più. Tutti pensano che col telefonino si risolvano le cose. E invece no, assolutamente no».
E che conseguenze ha?
«Questa solitudine, che aumenta sempre di più, è dovuta a questi mezzi. Una volta ci si andava a trovare per forza. La sera ci si riuniva sempre, perché non avevamo i mezzi altrimenti. Ecco perché era vivace la vita. Con Inge Feltrinelli ci si incontrava quasi sempre. Adesso non ci si incontra più…ci vediamo, sì, forse, mando una mail, poi dieci mail, bah…ridateci il telefono a muro, che ci siamo sempre trovati».
Tra i nuovi cantautori chi le piace?
«Devo ascoltare di più Tiziano Ferro. E poi non è male Fabrizio Moro».
Sa che lei è amatissima dal web. La scena in cui a Domenica In asfalta la Bianchetti è diventata virale.
«Ecco, tutti hanno detto che ero ubriaca».
Ho letto qualcosa. Perché pensano le abbiano detto questo?
«Perché hanno il cervello della Bianchetti. Io a lei ho detto che, aspettare tanto dietro le quinte, leva poi la voglia di cantare. La Bianchetti mi dice che siamo pagati per star qui. Sì, è vero, ma non aveva capito: quello che volevo dire era riferito all’attesa. E lei mi ridice che siamo pagati. Allora, visto che io non pretendo che siano tutti quanti intelligenti, come la Bianchetti, non hanno capito. Se questa non capisce questo fatto, torni in Vaticano. Non è intelligente. Mi dispiace per lei, non è un insulto, non mi pare che capisca».
Ha asfaltato anche Eleonora Daniele durante una puntata di Sabato Italiano.
«Non so neanche chi sia».
Ok. Passiamo a Virginia Raffaele.
«La adoro. Sono stata la più imitata da lei. Alla fine non se ne poteva più. Virginia non mi ha mai dato fastidio, ma non mi è piaciuta a Sanremo: ha fatto un’imitazione troppo milanese e poi, quando è andata via, Carlo Conti ha detto “Grazie Ornella!”. Ho passato un anno a dire che non ero io, a chi mi fermava in giro per la strada. Così ho chiamato Conti e gli ho detto che poteva dire “Ciao Virginia!”».
Ha anche affermato che i ragazzi devono liberarsi dai talent show.
«Ogni anno escono due ragazzi dai talent. Questo è un Paese piccolo. Tutti questi cantanti non ci stanno. E infatti cosa succede? Che gli spazi più grandi li prendono quelli appena usciti che hanno il seguito delle ragazzine. Poi magari dopo un po’ si svuotano. Chi è durato dei talent?».
Giusy Ferreri, Marco Mengoni, Alessandra Amoroso, Emma.
«Io preferisco Emma. Ha una bella voce».
E poi non crede che, sempre più spesso, i dischi di questi ragazzi dei talent non siano un granché?
«Oggi fare un disco è quasi impossibile. Non vale neanche la pena. Basta fare dei singoli».
Vero, ma ora che mi ci fa pensare lei fece il giudice a Star Academy (talent show di Rai2, andato in onda nel 2011, sorto dalla ceneri di Operazione Trionfo, ndr).
«Ah, quello che si chiuse la sera stessa?».
Be’ non proprio, ma quasi.
«Era organizzato con i piedi. C’era Mietta no?».
Sì, anche lei, tra gli altri.
«Faceva cantare un cantante, ma aveva sbagliato la tonalità. Se tu sbagli la tonalità un cantante è rovinato. Lei a discutere con me…no. E poi è andato male, Facchinetti ha sbagliato tutto. Poi avrà imparato, certo che ha imparato, però allora…».
Va bene, ma perché decise di fare il giudice?
«Me lo hanno offerto ed è pure divertente fare il giudice. Ma X Factor, come va?».
Bene, bene.
«Va meglio di Maria?».
Be’ Amici è in chiaro, X Factor è su Sky. Quindi inevitabilmente ha più seguito Maria. Anche se, personalmente, penso che nell’ultimo periodo lo show della De Filippi abbia avuto una flessione a livello di qualità.
«Mio nipote guarda X Factor. Perché c’è la mia amica Mara (Maionchi, ndr). Per tanti anni abbiamo lavorato insieme. È una donna intelligente e un’ottima discografica. Ha detto, l’altra sera, una cosa fantastica: è meglio un “no” di un “sì” sbagliato. Poi mi piace moltissimo Manuel Agnelli, molto pacato e che si occupa principalmente di gruppi. Fedez è carino».
E Asia Argento…
«Poverina, anche lei sta bene lì. Ma è vero che tra un po’ va via?».
Già, per lo scandalo delle presunte molestie all’attore Jimmy Bennett.
«Che stronzata è? Già che l’hai registrato vai avanti».
Scelte produttive. Comunque la Argento è un’icona gay. E anche lei, signora Vanoni, sa di esserlo.
«Meno di Nicoletta (Patty Pravo, ndr). Nicoletta è top. Ci sono concerti di Nicoletta dove sono solo gay».
Ognuno ha la sua fetta.
«Perché Mina, scusa? Quando si è ritirata ha fatto dei dischi con delle copertine pazzesche, come quella in cui aveva i muscoli, molto attraente. È un grande mito dei gay».
A questo proposito cosa pensa delle dichiarazioni del Ministro Fontana, che non riconosce le famiglie arcobaleno?
«Non si possono cambiare i tempi, è un fatto storico. Ci sono tantissimi gay, un numero esponenziale, continua a crescere. È una cosa che può anche non piacere, ma i tempi sono questi e vanno rispettati. Ora che si possono sposare le persone dello stesso sesso lo fanno per motivi pratici: magari vivono insieme da tanto tempo, in caso di malattia possono aiutarsi in ospedale, hanno comprato una casa e, se uno dei due muore, l’altro eredita l’abitazione. Cose pratiche. Quello che, invece, non mi piace, è l’utero in affitto».
Come mai?
«Non si può usare la donna come un contenitore. È meglio adottare: ci sono tanti bambini soli e disperati. Adottate loro».
È contro a qualsiasi forma di utero in affitto?
«Posso capire un amico con un’amica, perché poi si vedono, c’è un rapporto».
Passiamo a uno dei temi caldi di quest’anno: i migranti.
«Nessuno scrive perché scappano. La mia amica giornalista Stella Pende è andata in Niger e ha trovato gente con la lingua tagliata, donne – perdona il termine molto forte – con l’ano distrutto. Le hanno detto che sono beati quelli che muoiono in mare. Bisogna scrivere che queste persone non è che vengono qui per divertimento».
Ma quindi come la vede questa Italia?
«Non la vedo, non la capisco. Credo che ci sia una grande confusione. Una mattina Di Maio si sveglia e dice che sono proibiti i vaccini. Ma chi gliel’ha detto? Ma ha parlato con dei dottori? Ma che cazzo dice? Il giorno dopo, visto il casino che giustamente hanno fatto le scuole, perché se viene il morbillo lo attacchi a tutti, capisce che ha detto una cretinata. Perché il Governo deve proibire i vaccini? Dimmi perché? Te l’ha detto la mamma? Non te li ha fatti a te? E ti è andata di culo che non ti è venuta la poliomielite? Che poi lui, Di Maio, con le occhiaiette fa pure tenerezza».
E Salvini?
«Salvini è quello tosto, il macho. Non capisco perché ha fatto una campagna solo sugli immigrati. Evidentemente era più facile. Adesso lui si incazzerà, ma fare una campagna solo sull’immigrazione non è un problema italiano, ma era più facile per l’Europa. Per il resto non dico niente perché io di politica non mi interesso. Mi piace quello che ha detto Cacciari: io se vedo morire un uomo in mare sto male, se vedo un vucumprà cacciato via sto male. E sta male veramente. Dice che chi non sta male è una merda. Questo è il pensiero delle persone sensibili».
Ma lei avrebbe delle soluzioni in merito?
«Quello dell’Africa è un problema grossissimo. E l’Africa, se usata bene, è un continente ricchissimo. Io ho amici carissimi che fanno i missionari laici in una scuola in Cambogia. Ognuno fa quello che può. Io non do una lira a quelli della televisione. Do i soldi direttamente. Ho tre ragazze africane, figlie di una cameriera del Kenya che, quando ho avuto l’incidente alla gamba, mi è stata vicina. Pago direttamente la scuola e la mamma. Studiare per loro è fondamentale. Chi è molto ricco può fare tanto, tanto, tanto di più. E poi quello che dai ti ridanno. È incredibile come ritorni quello che si fa per gli altri. Tutti dicono che la riconoscenza non c’è. Io dico che dipende. E poi, io non è che pretendo la riconoscenza dall’Africa. Non ha senso».
Voltiamo pagina. Lei ha combattuto contro la depressione. Come ne è uscita?
«Per la depressione c’è solo lo psichiatra. Poi ci sono quelli che non vogliono andare dallo psichiatra, perché hanno paura che si cambi la loro personalità. Ma che cazzo c’entra? Lo psichiatra guarisce, altrimenti non guarisci. E io la gente che non si cura la detesto: fanno male a loro stessi e tutte le persone che stanno intorno soffrono. Quindi o ci si cura o và a dà via i ciap. Io ne sono venuta fuori, per fortuna, ma ho sofferto di una grandissima depressione».
Ora invece so che le danno una grande gioia i suoi nipoti.
«La mia nipotina è andata in Nuova Zelanda, doveva tornare ad agosto, l’hai vista tu? Non intende tornare. Ci manca, ma siamo tutti convinti che faccia bene. Mi piace lei, è coraggiosa, partita da sola, con la sua valigina. Fa la pizzaiola e cose così. Mi manda delle foto con dei sorrisi. Mio nipote, invece, studia allo IULM, è fidanzato, vive con la sua ragazza, sono molto innamorati e dolcissimi. E poi c’è mio figlio che è il papà di tutti e due».
Torniamo a parlare della sua carriera. Lei ha lavorato con tutti. Chi le manca?
«Certo, discograficamente non posso chiedere niente, ma il mignolo lo darei per lavorare con Sting. Avete sentito Practical arrengement che canta da solo con una chitarra? Che bravo».
Comunque, signora Vanoni, lei sarà pure una cantante di musica leggera, ma il suo dire tutto senza peli sulla lingua la rende molto rock.
«Ah, fosse per quello! Sa chi ha fatto una vita rock? Gino Paoli, di tutti i colori ne ha fatte!».