L’Economia, 1 ottobre 2018
Ritratto di Brian Roberts, il magnate cheha battuto Murdoch nella conquista di Sky
È un «magnate tranquillo», quasi «noioso» – come l’hanno definito i media americani – quello che ha battuto lo squalo Rupert Murdoch nella conquista di Sky. Brian Roberts, 59 anni, sposato e padre di tre figli, ha sempre mantenuto un profilo molto basso nei quasi 40 anni di carriera, passati tutti dentro l’azienda di famiglia, Comcast. Ma per far diventare quest’ultima un gigante globale nel settore telecom, tv e Internet, a Roberts non sono certo mancate l’ambizione e una buona dose di temerarietà e aggressività.
Prova ne è la lunga serie di acquisizioni che porta la sua firma: quelle riuscite – At&T broadband nel 2002, NBCUniversal nel 2011, DreamWorks nel 2016 e ora Sky – e anche quelle fallite, come la tentata scalata della Walt Disney nel 2004, quella di Time Warner cable nel 2014 e quella di 21st Century Fox l’anno scorso.
La storiaRoberts aveva cominciato dal basso a conoscere questo business. Era l’unico di cinque figli a interessarsi dell’azienda che il padre Ralph aveva comprato nel 1963, quando era un piccolo operatore tv a Tupelo, in Mississippi e si chiamava American cable systems. Nel ‘69 Ralph Roberts aveva spostato la sede a Filadelfia e rinominato la società Comcast, acronimo di communication (comunicazione) e broadcast (trasmissione tv). Il figlio Brian ha cominciato a bazzicare i suoi uffici a 13 anni e poi, quando frequentava le medie superiori, durante le vacanze estive andava a vendere porta a porta gli abbonamenti ai canali tv di Comcast oppure si arrampicava sui pali per fissare i suoi cavi.
Il fondatore Ralph Roberts – morto a 95 anni nel 2015 – è stato mentore e ispiratore del figlio. Il quale, fresco di laurea in Finanza alla prestigiosa Wharton school della University of Pennsylvania, a 22 anni pensava di entrare in Comcast dedicandosi subito agli affari come le acquisizioni. Invece il padre – ha raccontato lo stesso Brian Roberts – gli ha detto: «No. Io non ho mai lavorato in questo settore, ci sono entrato tardi, a 40 anni e non lo capirò mai davvero. Perché tu non impari questo mestiere dal basso, lavorando in ogni ruolo?».
Così il padre l’ha spedito a Trenton, nel New Jersey. «Là ho cominciato dal bancone dove i clienti venivano a pagare le bollette degli abbonamenti – ricorda Roberts figlio —. E quando arrivavano i camion con le scatole dei cavi per i collegamenti tv, con tutti gli altri dipendenti mi tiravo su le maniche e andavo a scaricarli e a portare il materiale in magazzino».
Dall’apprendistato ai vertici aziendali, ci sono voluti nove anni: nel 1990 Brian Roberts è stato nominato presidente e ha iniziato davvero a occuparsi di fusioni e acquisizioni. Nel 2002 è diventato amministratore delegato (ceo) e il suo primo colpo grosso è stato l’acquisto con 44,5 miliardi di dollari di AT&T broadband, la divisione del gruppo telecom AT&T che all’epoca era la più grande società fornitrice di collegamenti tv via cavo negli Usa.
Due anni dopo il ceo ha lanciato un’offerta da 54 miliardi di dollari su Disney, respinta: se fosse andata in porto, Comcast sarebbe diventata la più grande conglomerata di media al mondo. Allora Roberts ha messo nel suo mirino altri obiettivi. Nel 2009 ha approfittato della volontà di General electric di vendere la controllata NBCUniversal, che comprende una serie di canali tv di notizie e intrattenimento, studios hollywoodiani e parchi di divertimento.
Entro il 2011 ha ottenuto l’ok dalle autorità Usa al takeover da 30 miliardi di dollari e nel 2013 Comcast è diventata proprietaria al 100% del gruppo che ha come logo la coda del pavone, da allora simbolo della stessa Comcast.
La serieMa l’appetito di Roberts non era sazio. L’anno dopo ha tentato, con un’offerta da 45,2 miliardi di dollari, di acquisire Time Warner cable, suo diretto concorrente nel business della tv via cavo. Ma la possibile fusione è naufragata fra le obiezioni dell’Antitrust. È riuscita invece nel 2016 l’acquisizione per 3,8 miliardi di dollari di DreamWorks animation – la casa produttrice di cartoni animati fondata da Steven Spielberg – da parte di NBCUniversal. Quando l’anno scorso si è saputo che Disney voleva comprare gran parte delle attività della rivale 21st Century Fox – e in particolare gli studios hollywoodiani 20th Century Fox, le reti tv come FX e la partecipazione in Sky —, Roberts ha rilanciato con un’offerta da 65 miliardi di dollari, battuta alla fine da Disney con 71 miliardi.
La sfidaAllora Roberts ha spostato la sua attenzione su Sky, che è riuscito a conquistare all’asta organizzata dal governo britannico lo scorso 22 settembre, strappandola con 38,8 miliardi di dollari dalle fauci dello Squalo (che, preso atto della sconfitta, ha deciso di cedere a Comcast anche il 39% rimanente, fino a poco fa posseduto da 21st Century Fox).È solo l’ultima mossa della strategia di Roberts, che controlla Comcast con un terzo delle azioni aventi diritto di voto all’assemblea aziendale e che, nonostante il suo low profile, ha ottime entrature politiche. Sostenitore del partito Democratico, ha ospitato nella propria villa di Martha’s Vineyard Barack Obama quando era presidente. Allo stesso tempo Roberts è d’accordo con la decisione del nuovo presidente Donald Trump di abolire le norme imposte da Obama sulla «neutralità di Internet», che consideravano i fornitori di connessioni Internet come le vecchie telecom regolate da una legge del 1934.
Il futuroOra che la competizione nell’industria delle tv e del cinema viene dai Big di Silicon Valley, da Netflix a YouTube, da Amazon ad Apple, Roberts sa che le dimensioni sono importanti così come il modo di rispondere alle nuove abitudini degli utenti, che amano sempre più guardare i contenuti video on demand e via streaming.
Per questo era cruciale comprare Sky, che offre già un servizio streaming in alcuni Paesi europei ed è un esempio di come un tradizionale operatore tv – via satellite o cavo – può riuscire a passare al modello di tv via streaming, meno caro per i clienti, senza perdere soldi, anzi, aumentando i ricavi. Usare Sky per diventare globale e al passo con Netflix è la prossima sfida del quiet mogul.