Corriere della Sera, 1 ottobre 2018
«Riso cinese in scodelle cinesi». La nuova campagna di Xi
PECHINO Il giallo dei campi maturi e il blu del cielo d’autunno spazzato dal vento. I coreografi del Partito comunista cinese hanno avuto gioco facile nel presentare in una luminosità epica l’ultimo «viaggio d’ispezione» di Xi Jinping nella provincia nordorientale dell’Heilongjiang. Ma è stata più che routine propagandistica. Il leader supremo è uscito da un’estate difficile, durante la quale ha ricevuto qualche critica interna per la linea politico-economica. Segni di nervosismo di fronte all’offensiva dei dazi lanciata dalla Casa Bianca.
L’amicizia proclamata meno di un anno fa da Trump, ospite nella Città Proibita, è già finita (per la verità l’Imperatore di Pechino non l’aveva mai proclamata, lasciando che fosse il presidente Usa a vantarsene su Twitter). E ora, nel pieno della guerra commerciale con gli Stati Uniti, Xi Jinping gira tra campagne e fabbriche, per rinsaldare il consenso si mischia tra contadini e tute blu e predica: «Il protezionismo e l’unilateralismo stanno sollevandosi, rendono sempre più difficile per la Cina ottenere tecnologie e know-how. Ci forzano a contare solo su noi stessi». Il messaggio più interessante è nel commento di Xi: «Alla fine questo non è un male, perché ci spinge ad avere ancora più fiducia in noi per completare lo sviluppo».
Xi è convinto (non a torto) che dietro lo scontro dei dazi ci sia la strategia americana di replicare la guerra fredda in versione commerciale, per negare all’avversario i mezzi indispensabili a raggiungere in breve tempo il predominio tecnologico pianificato dal piano «made in China 2025». Un uomo esperto di commerci e hi-tech come Jack Ma prevede che «questa guerra non finirà presto, potrebbe durare vent’anni».
I tg cinesi rilanciano incessantemente le parole del leader. Xi che chiede a un operaio davanti ai trattori schierati: «Compagno, tutto questo è prodotto in Cina?». «Sì, compagno segretario generale, tutto fatto da noi». E poi lo slogan: «Riso cinese in scodelle cinesi».
Le immagini di Xi ricordano i ritratti a olio che hanno accompagnato il culto della personalità di Mao, maestro nell’arringare le masse. L’elogio della nuova autarchia fa venire in mente anche Mussolini durante la Battaglia del grano negli Anni Trenta, davanti a una macchina trebbiatrice: «Camerata macchinista, accendi il motore». La grande differenza è che Mao e il Duce pensavano soprattutto all’autarchia agricola, alla manifattura industriale, ora Xi vuole il primato cinese nell’alta tecnologia, anche se ama ancora farsi vedere tra contadini e operai. Parla di campi di grano e trattori, ma pensa a microchip, software e intelligenza artificiale «made in China».