La Stampa, 1 ottobre 2018
Mata Hari e 007 al tempo della Bibbia e degli Assiri
Mosè, giunto ai confini della terra di Canaan, manda dodici ricognitori a raccogliere informazioni sul territorio da conquistare. I dodici fanno un lavoro di spionaggio, ma non sono designati come agenti segreti, non sono cioè chiamati meragghelim, come i due informatori che più tardi vi manderà Giosuè con il compito di «esplorare il paese e Gerico». Questo si legge nell’elegante volumetto di Alessia Fassone e Nathan Morello Spionaggio biblico e nell’impero assiro (ed. Nuova Argos, pp. 238, € 10): per quello biblico, di cui si occupa Alessia Fassone, la fonte è la Bibbia stessa, per quello assiro, indagato da Nathan Morello, la fonte sono le lettere, redatte su tavolette d’argilla, che venivano mandate al sovrano dai vari angoli del suo impero.
In questo secondo caso, anche se non esisteva una vera Agenzia dei servizi segreti, ci troviamo di fronte alla testimonianza di un’attività di spionaggio istituzionalizzata di decisiva importanza per l’impero assiro. Un’attività capillare, che vedeva all’opera governanti delle varie province, ufficiali, cortigiani, sacerdoti, tutti impegnati a svolgere un lavoro di «vigilanza» (in accadico maşşartu) sia per controllare il nemico che si trovava ai confini più critici e sensibili, sia per preparare il terreno per l’avvio di nuove campagne di conquista, sia per prevenire eventuali congiure di palazzo.
Forse, tuttavia, anche se meno istituzionalizzata, più ci affascina l’attività spionistica dei figli di Abramo. A partire da quella svolta dai due meragghelim di Giosuè, che a Gerico si sistemarono presso la casa di Rahab, una locandiera che forse era anche una prostituta. Una casa ideale per raccogliere informazioni e da cui fuggire, perché vicina alle mura: e così accadrà, quando Rahab farà scappare i due agenti calandoli con una corda fuori dalla finestra. Sarà di nuovo una donna, la filistea Dalila, a fare la Mata Hari ai danni di Sansone. E Giuditta ai danni di Oloferne.È di nuovo una donna, Debora, che con i suoi informatori e l’aiuto di un doppiogiochista, Heber, svolge un lavoro decisivo per la battaglia contro il generale Sisara, fatto impantanare ai piedi del monte Tabor. E sarà ancora una donna, Joel, moglie del doppiogiochista, ad accogliere nella sua tenda Sisara e a ucciderlo. Spesso sono le donne, meglio ancora se non ebree, a svolgere azioni decisive. E non importa se di dubbia moralità: le vie del Signore sono imperscrutabili, per cui il lavoro delle spie, funzionale alla vittoria di Israele, si sottrae al giudizio etico.