la Repubblica, 1 ottobre 2018
Israele scende in campo contro il Real Madrid per la palestinese Ahed
Il Real Madrid non fa commenti, né sulla pagina web né sui social. Ma la foto che circola su Twitter brucia e provoca la reazione immediata del governo israeliano. Si vede Emilio Butragueño, il mitico “buitre”, leggenda del club merengue e oggi responsabile delle relazioni istituzionali, consegnare una maglietta personalizzata a Ahed Tamimi, che sorride compiaciuta al termine della sua visita al “Santiago Bernabéu”, tempio del calcio mondiale. Ahed è la ragazza palestinese che due mesi fa ha terminato di scontare una condanna a otto mesi di carcere per aver schiaffeggiato e spintonato un soldato israeliano nel suo villaggio natale in Cisgiordania, Nabi Saleh, venti chilometri da Ramallah: una reazione al ferimento, con un proiettile di gomma, di un suo cugino quindicenne. Quella scena, ripresa con gli smartphone e subito diffusa in Rete con milioni di visualizzazioni su YouTube, aveva subito trasformato questa adolescente di 17 anni dalla lunga chioma bionda in un’eroina del movimento palestinese. E ora che – uscita di cella a fine luglio – viene accolta con tutti gli onori all’estero, il governo dello Stato ebraico reagisce indignato: «Una vergogna! Il Real Madrid riceve una terrorista che incita all’odio e alla violenza. Cosa c’entra con i valori del calcio?», ha twittato il portavoce del ministero degli Esteri di Gerusalemme, Emmanuel Nahshon. E l’ambasciatore a Madrid, Daniel Kutner, dopo aver spiegato che Tamimi «non è una lottatrice pacifica ma difende la violenza e il terrore», ha annunciato la sua particolare ritorsione, disertando il derby di sabato al Bernabéu tra Real e Atlético.
In realtà, a Madrid la giovane “pasionaria” palestinese è stata anche protagonista di altri eventi pubblici, come un incontro in Municipio, dove ha ricevuto un reagalo ed elogi da parte della sindaca Manuela Carmena, da sempre impegnata nella difesa dei diritti umani. Ma evidentemente a irritare di più Israele è lo “sgarbo" che ritiene di avere subito dal mondo del calcio, anche per le ripercussioni che il marchio Real Madrid genera a livello globale. A gennaio di due anni fa, lo stess club blanco aveva invitato il bimbo palestinese Ahmed, 4 anni, unico sopravvissuto all’incendio della sua casa in Cisgiordania da parte di estremisti ebrei: a Madrid il piccolo aveva potuto incontrare il suo idolo Cristiano Ronaldo. Ma il conflitto israelo-palestinese è stato sempre un campo minato difficile da gestire anche per il Barça: dalle proteste, sei anni fa, della comunità palestinese per l’invito al Camp Nou del soldato israeliano Gilad Shalit, che era stato per 5 anni ostaggio di Hamas; alla polemica, nel 2013, per il “peace tour” dei blaugrana in Cisgiordania, un viaggio in cui si era deciso di non fare tappa a Gaza. E due mesi e mezzo fa è stata la nazionale argentina a provocare un polverone annullando all’ultimo momento un’amichevole a con Israele a Gerusalemme in seguito alle contestazioni palestinesi.