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 2018  settembre 30 Domenica calendario

Nadia Toffa parla del suo tumore

Nadia Toffa, questa sera comincia la nuova stagione delle «Iene» su Italia 1. Pensa di dire qualcosa in diretta a chi la guarda? 
«Ci sarà l’emozione come sempre della diretta e anche del ritorno in quello studio in cui sono cresciuta: non so ancora cosa dirò di particolare. Penso che sarà frutto dell’ispirazione del momento. E anche di una voglia di normalità, come se non avessi mai smesso di fare quello che faccio».
Il 9 ottobre esce «Fiorire d’inverno» (Mondadori), il libro in cui racconta la sua storia. Nel volume manda un messaggio diverso da quello che ha espresso sui social. Confessa che era frustrata, stressata, cupa. Scrive: «Quando con la determinazione ottieni sempre tutto, non sei preparata all’accettazione di un limite». Non pensa di essere stata precipitosa a definire il cancro un dono?
«Quando scrivi un libro come il mio ci metti dentro tutta te stessa, parlandone è venuta fuori la mia natura più estroversa e ho deciso – inconsciamente, ma è un segnale – di far prevalere un messaggio positivo. Purtroppo non tutti hanno colto – e ci sta che la mia comunicazione non sia stata immediatamente comprensibile – che per me non è il cancro a essere un dono, ma è una sfiga che ho saputo trasformare in un dono, cioè la forza che ha saputo tirarmi fuori. Ho cercato di trasformare quest’accidente che ovviamente mai e poi mai avrei voluto, in un’opportunità per riuscire a conviverci».
«Se ci sono riuscita io, ci può riuscire chiunque»: anche questa affermazione sui social – volere è potere – può illudere che basti la sola forza di volontà a sconfiggere la malattia. Non trova?
«Se fosse così non avrei fatto operazioni chirurgiche, chemioterapia e radioterapia che sono le armi principali per combattere la maggior parte dei tumori, questo l’ho ripetuto mille volte. Il messaggio non era “se non ti impegni abbastanza non guarisci”. E se c’è stata una diversa interpretazione di ciò che ho detto è perché non mi sono espressa in modo sufficientemente chiaro, le parole a volte sono limitanti: io non credo di avere chissà quali risorse però sono riuscita a rovesciare l’ottica della malattia per vederci un’opportunità, come dicevo prima. Non sconfiggerlo, che è un’altra cosa purtroppo, ma provare a combatterlo anche in un’altra maniera, diciamo di lavorarlo ai fianchi...».
In tv ha raccontato della sua guarigione, ma non della recidiva, di cui invece parla nel libro. Perché questa scelta?
«Non ho parlato di completa guarigione quando sono tornata a febbraio, ma della malattia che mi aveva colpito e delle cure che avevo fatto. Negli ultimi mesi ho avuto tanti alti e bassi a causa della malattia, il mio bollettino medico è in continuo aggiornamento ma sono alle Iene per fare altro, non per parlare del mio stato di salute».
Per un personaggio pubblico è impossibile vivere la malattia in privato?
«È difficile, sì. Perché senti tantissimo affetto e a non raccontare come vanno le cose sai di far torto a chi ti dimostra questo attaccamento sincero. Io sono scomparsa in tanti momenti in cui non avevo voglia di dire niente o di farmi vedere. Volevo stare con i miei affetti, seguire le cure senza distrazioni. Poi ci sono altri momenti in cui mi sento di manifestare quello che sento e bastano due post sui social perché tutto sembri pubblico ma poi non è così realmente. È uno dei tabù della malattia: si pensa che la dignità e il rispetto si ottengano solo con il silenzio, ma non è così. I luoghi e i tempi sono diversi per tutti e vanno rispettati. Ma la normalizzazione passa attraverso anche il saperne parlare, senza sentirsi diversi. Ci sono posti in cui non si nomina la parola cancro ma la si chiama “la brutta malattia”. O, peggio, a volte ci si sente in colpa perché se ne parla. Poi, ognuno ha il suo modo di affrontare il tumore: non c’è una ricetta per tutti e ogni atteggiamento va bene, è personale e secondo me non ci si può permettere di sindacare».
Nel libro scrive: «Mi sveglio la mattina, mi guardo allo specchio e la malattia è sempre con me». Sembra che sui social voglia dare un messaggio positivo e di forza, mentre nel libro racconta anche le sue fragilità. È così?
«Beh, il linguaggio dei social e anche la loro natura pretende una comunicazione più stringata. Io in generale non scrivo molto sui social ma quando mi capita mi fa piacere dare un messaggio positivo, esprimere l’energia che sento. Credo che aiuti, insomma. Nel libro invece c’è lo spazio, il tempo per una riflessione diversa, più approfondita, con anche più sfaccettature e sentimenti».
Di che cosa ha paura oggi?
«La cosa che mi è successa è talmente grande che ha ridimensionato tutte le altre paure che avevo prima».
Nel libro parla di un ordine più saggio che governa il mondo e di cui ignoriamo il senso. Cosa intende?
«Anche questo è stato frutto di un percorso. Non nascondo che quando mi hanno portato la diagnosi il primo pensiero sia stato “Perché proprio a me?”, poi ho iniziato a rifletterci e ho realizzato che se è capitato a me è perché quello è il mio percorso, il mio “peso” da portare. Intendo dire che ho ribaltato il ragionamento: ho trasformato il “Perché proprio a me?” in “Se non a me, a chi?” o “Perché non a me?” e ho capito che è il disegno per me».
Scrive anche che se le dicessero che ha pochi mesi di vita, smetterebbe di curarsi e andrebbe al mare, in un posto caldo. Perché Ibiza è così speciale per lei?
«Non è speciale per me, non è uno di quei posti in cui ho trascorso un sacco di tempo o legato a me per ricordi felici, è il posto dove modernità e natura convivono senza farsi torto, il luogo per antonomasia dove un sacco di persone di tutto il mondo scelgono di trasferirsi a un certo punto della vita per tagliare con stress e frenesia, perché lo spirito di libertà si respira ad ogni angolo dell’isola».
Qual è la cosa che l’ha ferita di più?
«Leggere il commento di una donna che nella foto profilo di Facebook è teneramente abbracciata a due bambini che mi augura di morire perché non le piace quello che ho scritto. Poi ci sono cose che almeno mi strappano un sorriso: c’è chi ha detto che mi sarei fatta un lifting perché sono gonfia… Beh, questa gente non conosce gli effetti collaterali delle terapie che sto facendo che in effetti qualche ruga me la tolgono, sempre per vedere tutto in positivo!...».