Corriere della Sera, 30 settembre 2018
Fare (altre) concessioni a Londra non corrisponde agli interessi Ue
La Gran Bretagna lascerà l’Unione Europea nel marzo del 2019, ma non vuole rinunciare ai benefici del mercato unico. Esiste il precedente della Norvegia: un Paese che non appartiene all’Unione, ma rispetta tutte le regole del mercato unico (fra cui quella delle quattro libertà di circolazione: merci, persone, servizi, capitali) e concorre con una quota al bilancio comunitario. Il caso britannico, però, è diverso. Londra sembra pronta a rispettare la libera circolazione di merci, e capitali, ma non quella delle persone e dei servizi, un settore, il secondo, per cui preferisce adottare una linea protezionista. Il negoziatore della Commissione di Bruxelles, Michel Barnier, ha reagito ricordando che nel costo delle merci si nasconde quasi sempre, ormai, una quota crescente di valore dovuta ai servizi (è il caso, per esempio, dei telefoni cellulari, ma anche delle automobili dotate di navigatori satellitari). Se i servizi in Gran Bretagna non fossero soggetti alle regole dell’Unione, le merci inglesi potrebbero godere di un vantaggio competitivo. Non è una novità. La Gran Bretagna sta facendo, anche in questa fase, una politica non molto diversa da quella che ha fatto dal momento (il 1° gennaio 1973), in cui è diventata membro di quella che si chiamava allora la Comunità economica europea. Quando un progresso dell’Europa verso la sua integrazione non le piaceva, chiedeva di «opt out» (starne fuori). Ha chiesto e ottenuto questo favore in quattro casi. È stata esonerata dagli obblighi del Trattato di Schengen, con cui è stato abolito il controllo dei passaporti alle frontiere, e non ha sottoscritto gli accordi sulla moneta unica, sulla politica di sicurezza, sulla creazione di un’Area comune di libertà, sicurezza e giustizia. Queste eccezioni hanno avuto l’effetto di sollecitare richieste analoghe da altri Paesi. Nella scala dei favoriti la Gran Bretagna occupa il primo posto con quattro eccezioni seguita da Danimarca (tre), Irlanda (due), Polonia (una). Questi favori furono concessi quando gli altri Paesi ritenevano che l’adesione di Londra al progetto europeo desse lustro all’Unione e segnalasse una svolta destinata a divenire sempre più definitiva e organica. Commettemmo un errore. Dopo avere lungamente e inutilmente tentato di creare un’alternativa economica alla Comunità di Bruxelles, la Gran Bretagna aveva deciso di farne parte, ma non ha mai condiviso le speranze e le attese che avevano ispirato i fondatori della Comunità. Aveva aderito all’Unione per motivi di convenienza e perché soltanto dall’interno avrebbe potuto rallentare il processo di integrazione. Farle altre concessioni, dopo la sua decisione di uscire dalla Ue, solleciterebbe altre richieste e darebbe al mondo l’impressione di una Unione che si sta progressivamente disgregando. Sono queste le ragioni per cui la linea adottata da Michel Barnier corrisponde agli interessi della Ue.