Corriere della Sera, 30 settembre 2018
Gli «ismi» e il linguaggio dell’idolatria
Il maleficio degli ismi. «Quando qualcuno ci accusa di sovranismo e populismo amo sempre ricordare che sovranità e popolo sono richiamati dall’articolo 1 della Costituzione italiana». Così parlò il professor Giuseppe Conte, a New York, nel corso dell’Assemblea generale dell’Onu. Le parole sono tutto. Già nel 1898, anno di pubblicazione del libro «Gli ismi contemporanei», Luigi Capuana avrebbe potuto spiegare al nostro primo ministro che un conto è il popolo e altra cosa è il populismo.
Un ismo è un sistema di pensiero che spesso pretende di dare una spiegazione totale e definitiva e la sua efficacia redentrice racchiude in sé i germi del disprezzo della realtà. Il filosofo francese Gustave Thibon, cui Simone Weil consegnò il manoscritto del fondamentale La pesantezza e la grazia, ha scritto: «In due parole: diffido degli “ismi” tanto quanto sono attaccato alle realtà sulle quali vengono a innestarsi, come il verme che s’intrufola in un frutto. Gli “ismi” – e Dio sa se pullulano oggi in tutti i campi – sono parassiti ideologici che svuotano le cose della loro sostanza proiettandole fuori dai loro confini». L’ismo è un suffisso che spesso tradisce la realtà per l’idolatria. La sovranità e il popolo non vanno confusi con il sovranismo e il populismo. Così dice la lingua italiana. Così lo ribadisce la Costituzione italiana.