Robinson, 30 settembre 2018
Leggere Lolita (scoprendo chi era)
A sessant’anni dalla pubblicazione negli Stati Uniti di Lolita, la prova di forza letteraria di Vladimir Nabokov, due libri appena usciti affrontano il sequestro di una bambina undicenne del New Jersey da parte di un pedofilo, il caso sul quale Nabokov fondò in parte il proprio romanzo. Sia il saggio di Sarah Weinman The Real Lolita (ossia La vera Lolita), sia il romanzo di T. Greenwood Rust and Stardust ( Ruggine e polvere di stelle) riflettono il mutamento sociale per cui oggi vediamo pedofilia e abusi sessuali più come disturbi del potere che come esiti di una lussuria incontrollabile; cosa ancor più importante, alla luce del movimento # MeToo abbiamo imparato a dare valore alla testimonianza delle ragazzine vittime di abusi.
All’uscita in Europa, nel 1955, il romanzo di Nabokov – allora uno scandalo, oggi un classico – fu messo all’indice, e di conseguenza rifiutato da molti editori statunitensi; fino alla pubblicazione in quel paese, nel 1958, gli americani lo lessero di contrabbando, com’era successo con l’Ulisse o Fanny Hill. Narrato in prima persona dal pedofilo Humbert Humbert, Lolita racconta la sua relazione con la “ninfetta” dodicenne da lui rapita e tenuta sequestrata per quasi due anni. Il resoconto viene scritto in prigione, dove Humbert morirà in attesa di processo per l’omicidio di un rivale. Lolita invece, scopriamo, finirà con lo sposarsi e morire di parto: giochetti d’astuzia con cui Nabokov risolve il problema di immaginare un futuro per la bambina violata e il suo stupratore.
All’epoca il romanzo fu visto perlopiù come una tragedia, la storia di un uomo tormentato dalla libidine e dai sensi di colpa; un amore perverso. In altre parole era la tragedia di Humbert, ma forse anche l’opera di un genio comico. Nonostante la prima risposta critica rilevasse in effetti il disagio emotivo creato da quella situazione erotica, in generale il libro fu accolto bene: la rara impresa letteraria che diventa bestseller. Due recensioni coeve del New York Times colgono bene le reazioni prevalenti.
Elizabeth Janeway, come del resto lo stesso Nabokov, lo lesse come un’opera incentrata, nella sostanza, su Humbert Humbert: “Posso solo dire che il suo destino mi appare tragico in senso classico: una plastica e perfetta rappresentazione della verità morale che Shakespeare riassume nel sonetto che si apre con l’incipit Dispendio di spirito in vergognoso scempio / è la lussuria in atto, per poi elaborarla nel dettagliato costrutto di aggettivi: spergiura, assassina, feroce, carica d’infamia”.
Orville Prescott scrive nello stesso momento, ma la pensa altrimenti:” Ci sono due motivi ugualmente seri per cui il libro non vale l’attenzione del lettore adulto. Il primo è che è noioso, noioso, noioso in una maniera tronfia, ornata e furbescamente frivola. Il secondo è che è ripugnante”.
Le storie vere che riflettono la trama di Lolita — uomo adulto che rapisce una ragazzina per abusarne – sono innumerevoli, lo sappiamo bene: sia il libro di Weinman che quello di Greenwood ripercorrono il caso di Sally Horner, che nel 1948 venne sequestrata e tenuta prigioniera dal cinquantenne Frank LaSalle per quasi due anni. Alla fine Sally fu ritrovata indenne; naturalmente, se si esclude il duraturo trauma di quell’esperienza. La sua vita, come quella di Lolita, sarebbe stata breve; morì in un incidente d’auto ad appena 15 anni.Qualche critico osservò a margine che taluni dettagli del libro erano tratti da esempi reali di rapitori pedofili, cosa che Nabokov riconobbe; e anzi accenna esplicitamente al caso Horner, quando fa dire a Humbert: “Avevo forse fatto a Dolly quello che Frank LaSalle, un meccanico cinquantenne, aveva fatto a Sally Horner, undici anni, nel 1948?"). Da strenuo sostenitore qual era, tuttavia, del primato dell’arte sulla realtà, l’autore affermò sempre che l’essenza di Lolita era scaturita dalle sue doti artistiche.
Sarah Weinman, scrittrice di gialli, ha analizzato con grande serietà il nesso nabokoviano. Il suo libro presenta una gran mole di notizie di contorno alla vicenda Horner: tra le molte persone che è riuscita a rintracciare ci sono una nipote della stessa Sally e una vicina che contribuì fattivamente alla sua liberazione. L’esito di questa pregevole indagine letteraria è quello di riportare in vita una ragazzina la cui storia era andata perduta; inoltre, Weinman fornisce numerose pezze d’appoggio sull’utilizzo del caso da parte di Nabokov, a riprova del fatto che lo scrittore, già da tempo stregato dal basilare paradigma degli uomini di mezza età ossessionati dalle giovanissime, si trovava ben avanti nella stesura di Lolita quando si imbatté nella storia vera di Sally Horner e ne incorporò alcuni particolari nel suo romanzo, cosa che in seguito negò o tentò di minimizzare.
Weinman non si risparmia nel rendere conto dell’effettiva mancanza di empatia verso Sally Horner da parte della critica coeva alla scrittura di Nabokov, segnalando al riguardo i crucci di Véra, moglie dello scrittore, sulla scia del successo di Lolita: “Un fatto la disturbava sopra a tutto: sembrava che l’accoglienza del pubblico, come le valutazioni critiche, avessero dimenticato che al centro del romanzo c’era una ragazzina, la quale meritava più attenzione e più riguardo: ‘ Vorrei che qualcuno notasse la tenerezza nel descrivere l’inermità della bambina, la sua toccante dipendenza dal mostruoso HH, e il suo straziante coraggio in tutta la vicenda’”. Véra poteva anche credere che il marito comprendesse la situazione dal punto di vista di Dolly, ma il lettore non è incline a concordare. Humbert Humbert è dilaniato dalla tristezza e dal senso di colpa, nelle rievocazioni della sua passione per “Lo”, ma la sensazione è che sia anche estremamente compiaciuto dal proprio genio letterario: ben poco, nel romanzo, ci svela pensieri ed emozioni di Dolly. In Rust and Stardust T. Greenwood si dà invece il compito di drammatizzare l’esperienza di Sally, nel tentativo di restituirci quelle sue emozioni e reazioni mancanti, insieme a quelle di famigliari e amici. “Mi sono presa moltissime libertà sia con i personaggi che con la trama”, confessa l’autrice. Per esempio, nella realtà non ci fu nessuno come la simpatica suora Mary Katharine che, non riuscendo a persuadere le consorelle dell’ansia che prova circa la sua trasognata alunna orfana di madre, fa voto di dedicarsi in futuro alla tutela dei bambini vittime di abusi. E il vero Frank LaSalle regalò mai un cucciolo a Sally? A quale ceto appartenevano effettivamente gli Horner? Il loro era un mondo di parcheggi per roulotte e motel da pochi soldi (come in Lolita), ma mentre Greenwood li fa parlare come i poveracci di Steinbeck, sia Weinman sia Nabokov usano un eloquio di qualità superiore. Com’erano, nella realtà, queste persone scomparse? A differenza di Greenwood, Weinman si attiene strettamente a quanto è noto, ed etichetta come tale ciò che è solo ipotetico.
Alcuni lettori (e io tra questi) diffidano delle versioni romanzate, benché se ne ritrovino comunque avvinti. Tuttavia rispetto ai tempi di Nabokov, ora che siamo arrivati a comprendere meglio il processo artistico, l’inconscio e la natura dell’” ispirazione”, ci rendiamo conto che nessuna opera d’arte è scollegata dal mondo dei fatti. Seppure Nabokov abbia sognato e filtrato gli eventi del suo romanzo nel trasformarlo in arte, la nostra visione della convergenza tra narrativa e vita è cambiata, e noi sappiamo che l’esperienza di Sally Horner è stata orrendamente vera. Le versioni romanzate di vicende reali sollevano quindi l’interrogativo più rilevante del nostro tempo: il ruolo della verità. E, naturalmente, il valore che le attribuiamo.