Libero, 29 settembre 2018
Perché è stata negata la chiesa per il funerale del Zanza?
È venuto e se ne è andato. È morto sul lavoro. È caduto sul campo. Come una rockstar, aveva ancora la chitarra in mano. Si sprecano le epigrafi dopo la morte di Maurizio Zanfanti, il famosissimo “re dei vitelloni” (mai sentito nominare da molti, a dire il vero) che mercoledì notte è morto in camporella dopo un amplesso con una 23enne (lui 63) che ha chiamato subito i soccorsi, ma niente da fare: arresto cardiocircolatorio. Ora la notizia è che la sua parrocchia, quella di casa dove aveva fatto comunione e cresima, ha deciso di non fargli il funerale: ufficialmente per evitare l’orda mediatica (anzi, ufficialmente niente, perché il prete del Regina Pacis non ha detto una parola) e questo dopo che anche la chiesa di Bellariva aveva declinato. Così alle 15 di oggi le esequie cattoliche verranno celebrate alla chiesetta del cimitero comunale di Rimini, salvate dunque le apparenze, ma restano il rifiuto e l’interrogativo di sempre: perché? Perché la Chiesa rifiuta i funerali a caio ma li fa a sempronio? Risposta spontanea: perché “Zanza” era un noto peccatore e la Chiesa non lo vuole santificare, cioè trasformare in un idolo o un eroe con tanto di funerali chiassosi. Guardando al diritto canonico, invece, si fa più complicata. La Chiesa può negare un funerale se prima di morire il tizio non si è pentito, se era un ateo conclamato, se aveva scelto la cremazione o se era appunto un peccatore manifesto. Rispetto a milioni di altri, dunque, è solo quel ‘manifesto’ a fare la differenza: gli adulteri di norma non vengono intervistati dalla Bild o celebrati in Scandinavia per quante biondine hanno steso sulla spiaggia. Ma un semplice sacerdote può rifiutarsi? Sì, a quanto pare: questioni di coscienza personale. Eccezioni? A pacchi.
I DIVIETI
In teoria la Chiesa non dovrebbe benedire neppure i divorziati, chi ha commesso reati, chi fa scandalo in generale: poi fa i funerali ai Casamonica (a proposito di chiasso) nella stessa chiesa romana in cui li rifiutò Piergiorgio Welby, che scelse l’eutanasia e ne fece una battaglia pubblica. Insomma, lo spiegano anche i moderni teologi: la chiesa in sostanza fa come le pare. «Non vogliamo i giornalisti, e tantomeno un circo mediatico nella nostra parrocchia»: è la frase riportata da qualche giornalista e attribuita de relato al parroco di Regina Pacis, don Raffaele Masi. Di più, ufficialmente, non si sa. Però si sa. Eccome. Perché stiamo parlando di un personaggio, Maurizio Zanfanti detto Mauro, a cui in Svezia hanno eretto addirittura una statua, o così abbiamo letto. Nella sua Rimini c’è chi si sta industriando perché gli venga intitolata almeno una strada, una rotatoria, un giardino: perché resta il simbolo di un’epoca in cui ha fatto più lui, nella costiera romagnola, delle agenzie di viaggio o dei film di Fellini: eccolo il celebre maschio italiano, il latin lover, il playboy, anche se era un po’ tamarro e sembrava il vecchio cantante dei Van Halen. Quando compì sessant’anni, nel 2015, la Bild gli dedicò una pagina. Intervistato, raccontò che non aveva mai fatto palestra (non in palestra) e che per la Romagna aveva «dato molto»: confermò le 200 donne a stagione delle annate migliori e la delusione della peggiore, fine estate ’88: solo 120. E le leggende. Le sue tournee invernali in Scandinavia, l’inviata di un magazine francese che doveva intervistarlo e finì stesa anche lei, insomma, un tipico mito da Paese reale. Perché nel Paese reale “Blow up” non è un film di Antonioni, ma il nome della discoteca riminese che le scandinave frequentavano nei primi anni Settanta: e Zanfanti, per qualche ragione, parlava proprio lo svedese.
IL PAESE REALE
Dopodiché la discussione sarà sempre la stessa: ossia se la Chiesa, questo Paese reale, debba blandirlo o cercare continuamente di frenarlo, educarlo ai propri precetti: sino al rischio di non conoscerlo o riconoscerlo più. Il Paese reale è quello che pecca, tradisce la moglie, desidera la donna d’altri, divorzia o non si sposa, magari abortisce, froda il fisco o il prossimo, ama il pane e i giochi da circo, soprattutto ama i malcelati libertini che fanno ciò che non si dice ma che molti segretamente ammirano, o addirittura invidiano. Forse un singolo prete di provincia, con la sua rispettabile coscienza, è troppo poco per sottrarre a una comunità una persona che era amata da una moltitudine cattolica e non, o comunque cattolica all’italiana: com’era Maurizio Zanfanti, pure. Così la distanza aumenta. Perché questa moltitudine, forse, vede solo uno sgarbo cattivo fatto a un uomo colpevole di amare le donne. Vabbeh, tante donne.