il Giornale, 29 settembre 2018
Troppo libera per vivere: ammazzata miss Baghdad
Il mondo è brutto perché è vario. Mentre nell’Occidente ammorbato dal «politicamente corretto» di derivazione sessantottina si imbastiscono processi contro adulti purché celebri per atti di libertinaggio compiuti in età adolescenziale magari quarant’anni prima, nel Medio Oriente asfissiato da una religione sessuofobica se mai ce n’è stata una si ammazzano a fucilate giovani belle ed esuberanti perché di costumi liberi. Da un eccesso all’altro insomma, con il punto in comune dell’uso di un plotone di esecuzione.
Veramente tragica e simbolica è stata la fine di Tara Fares, ventiduenne modella irachena famosa per la sua scenografica bellezza e per il suo stile di vita flamboyant, unito a un coraggioso attivismo per i diritti femminili: un mix che l’aveva fatta diventare una star di Instagram con quasi tre milioni di follower. Tutto questo avveniva però in Iraq, un Paese dove maschilismo e tradizionalismo islamico si mescolano altrettano pericolosamente e dove l’uccisione di giovani attiviste è cosa frequente: appena due giorni prima era toccato a Soad al-Ali, organizzatrice di manifestazioni anti governative nella città meridionale di Bassora, e ieri è stato il turno di Tara. Che fedele al suo personaggio stava guidando per i viali della capitale irachena Bagdad, i suoi famosi capelli al vento, la sua Porsche decappottabile bianca con sedili rossi. Un commando di uomini armati le ha sparato tre colpi mortali e ha così posto fine alle sue «provocazioni».
La famiglia di Tara Fares era originaria del Kurdistan iracheno, e lei non veniva troppo spesso a Bagdad, dove pure era nata. Nel quartiere di Camp Sarah, dove è avvenuto l’agguato, chi la aspettava armi in pugno odiava evidentemente il suo stile di vita, le foto audaci che pubblicava sui social e che evidenziavano i suoi tatuaggi, le mutevoli tinture della sua chioma (ora castana, ora rossa, secondo l’umore e la stagione), i suoi abiti che in nulla si conformavano con i cliché punitivi della «modestia» che l’islam impone alle donne. Voleva altrettanto evidentemente lanciare un messaggio: adeguatevi o pagherete con la vita.
E ora che Tara è morta ammazzata e che per lei è purtroppo già il tempo delle considerazioni post mortem, viene spontaneo un raffronto. Tra ciò che ha detto Ahmad al-Basheer, comico iracheno che dopo aver subito minacce di morte dallo Stato islamico è dovuto scappare in Giordania («Chiunque trovi scuse per chi uccide una ragazza solo perché ha deciso di vivere come la maggior parte delle altre ragazze del pianeta è complice del suo omicidio») e quanto sostengono certe «femministe» che difendono il «diritto» delle donne musulmane a girare velate in Europa in nome dell’identità. Che dovrebbero trovare un po’ di coraggio e difendere semmai i diritti delle musulmane fuori dall’Europa.