il Fatto Quotidiano, 29 settembre 2018
Riapre la casa delle bambole sessuali a Torino. Ecco com’è fatta
All’automazione in fabbrica erano abituati, a Mirafiori Sud. La Fiat è proprio lì di fronte. A quella in camera da letto, evidentemente no. E così i residenti del palazzo di via Onorato Vigliani, uno come tanti altri di questo quartiere residenziale operaio, hanno gridato allo scandalo, non appena è stato chiaro che il tanto pubblicizzato “bordello delle bambole” era nel loro cortile. “Un viavai continuo – si sono lamentate le nonne, spaventate di mandare i nipoti giù a giocare – perché chissà che tipi sono quelli che vanno con le bambole”. E dopo neanche dieci giorni di attività, il 12 settembre scorso sono arrivati i vigili a mettere tutto sotto sequestro.
Di sicuro, i condomini ora possono stare tranquilli: l’attività non riaprirà più, è stata rilevata “l’incompatibilità edilizia”. Ma presto le bambole torneranno a fare l’amore. La polizia municipale ha contestato l’esercizio abusivo di affittacamere, e la mancanza di comunicazione del registro dei clienti per via telematica. E sembrava la mossa vincente: bell’elemento di dissuasione, per chi vuole trasgredire, dover tirar fuori la carta d’identità e vedere i propri dati spediti in Questura. Ma due giorni fa, la società che gestisce la casa di appuntamenti, la LumiDolls, ha annunciato che riprenderà l’attività in un albergo: in questo modo i clienti si mescoleranno ai normali ospiti della struttura, e non saranno immediatamente individuabili come amanti del sesso con le bambole. E il Comune avrebbe già dato il “via libera”.
Del resto, come dice uno dei soci dell’attività, un geometra torinese che incontriamo in uno snack-bar di corso Unione Sovietica, “abbiamo una struttura molto organizzata, pronta a trovare le soluzioni a tutte le difficoltà che ci verranno fatte, e che in parte ci aspettavamo; con una squadra composta di ottimi avvocati, commercialisti, ingegneri, ufficio stampa e altri dipendenti”. Respinge con decisione le voci sulle carenze igieniche, che non sarebbero state riscontrate dalla Asl, e si dice molto ottimista sulla pronta ripresa delle attività. Vorrebbe dimostrare che quello dell’affittare la camera per la LumiDolls non è un business, “ma un accessorio, una mera messa a disposizione di uno spazio dove utilizzare il servizio offerto, che rientra nella categoria dello sharing: solo che non diamo in uso biciclette, motorini o automobili, che possono essere usati in strada, ma bambole sessuali”. La succursale italiana è una società a responsabilità limitata, la Kama Ld srl, specializzata in “commercio al dettaglio di articoli sulla sessualità e la sensualità”. E ha l’esclusiva per l’Italia del marchio LumiDolls (di proprietà della spagnola Privefe s.l.). Proprio in Spagna, a Barcellona, ha infatti aperto la casa madre, nel febbraio del 2017, da un’idea imprenditoriale di Sergi Prieto, offrendo poi in franchising il concept. Ad aprile scorso è stata inaugurata la sede russa, nella City di Mosca, e poco più di un mese fa quella italiana, a Torino.
Perché proprio in Piemonte e non a Roma o a Milano? “Intanto perché io sono di qui – dice il socio, che subito aggiunge con orgoglio sabaudo – e poi perché tutte le cose, in Italia, sono sempre partite da Torino”. È venuto a conoscenza della realtà catalana poco dopo l’apertura, per circa un anno ha valutato il mercato, studiato il progetto e messo a punto il business-plan. Si è persuaso che il settore abbia un futuro “molto interessante” e ha concluso l’accordo con la casa madre spagnola. Ora, a quanto sostiene, “ci sono già circa 400 persone che hanno preso contatti per aprire in franchising, da Aosta a Palermo. Io rispondo alla Spagna; gli altri italiani risponderanno a noi”.
“È importante non marchiare i clienti. Il fenomeno
va inquadrato nella complessità della sessualità atipica”
Ma davvero ci ritroveremo con una diffusione così capillare di questa casa d’appuntamenti con sex dolls? I giorni di apertura sono stati troppo pochi per avere dati statistici attendibili ma, secondo LumiDolls, le bambole (mezzora d’affitto costa 80 euro; un’ora, 100) prima del blitz dei vigili erano già tutte prenotate fino alla metà di novembre, e i clienti “appartenevano alla fascia socio culturale medio-alta” (c’è anche un bambolo, Alessandro, con due dotazioni di pene in opzione: da 13 o da 18 centimetri). E non è un mistero che i BorDolls, come spesso si chiamano all’estero questi bordelli di bambole, abbiano sempre più mercato anche in Paesi, come per esempio la Germania, dove la prostituzione è legale.
“Il fenomeno va inquadrato nello spazio molto complesso della sessualità atipica”, spiega Fabrizio Quattrini, docente di Clinica delle parafilie e della devianza all’Università de L’Aquila e presidente dell’Istituto italiano di Sessuologia scientifica di Roma. “L’importante è non marchiare queste persone. Ormai le parafilie, le perversioni erotiche, tra le quali può rientrare, per esempio, anche il Bdsm (che racchiude le diverse pratiche di Bondage, Dominazione, Sadismo, Masochismo), non sono più considerate patologie di per se stesse. È solo quando si sviluppa una dipendenza, non diversa da quella per una droga, o quando si vivono queste pulsioni senza accettarle, soffrendone, che si passa nell’area del disturbo parafilico”.
Poi, se si vuole andare a cercare di capire cosa spinge una persona a fare sesso con delle bambole, si apre un mondo. “Sono probabilmente soggetti che fanno questa scelta su una base egoistica, per avere la disponibilità assoluta di un oggetto inanimato, che risponde al loro volere. C’è quasi sicuramente un tratto narcisistico. La bambola non giudica, non critica, si può gestire in pieno. Viviamo in una società in cui la donna ha, giustamente, preso potere, e nella quale molti uomini vedono distrutti gli stereotipi sul sesso maschile, e quindi alcuni di loro preferiscono rivolgersi a un qualcosa di artificiale ma controllabile, piuttosto che a qualcuno assolutamente non più controllabile”.
Quattrini è in contatto con un produttore di bambole per motivi di studio e sottolinea un altro aspetto interessante: quello delle real dolls, costruite ad hoc su richiesta dei clienti, somiglianti a un modello specifico del committente, con certe forme, determinati capelli, occhi, lentiggini… In questo caso, le moderne bambole non sono che la versione più aggiornata del mito greco di Pigmalione, che si innamorò della statua della dea Afrodite per la sua perfezione.
Ma nel richiedere la propria bambola c’è chi potrebbe volerne una con le fattezze di un bambino o una bambina. “Di questo sono preoccupato – dice Quattrini –. In Giappone c’è stato un vero boom. Alcuni ritengono che queste bambole potrebbero sostituire i bambini veri, vittime dei pedofili. Ma io sono convinto, al contrario, che potrebbero invogliare alcuni soggetti a passare dalle sole fantasie all’attivazione di comportamenti socialmente pericolosi”. La LumiDolls, da parte sua, su questi temi è estremamente rigorosa, e non solo ha scelto bambole di statura non ridotta per evitare qualsiasi accomunamento alla corporatura infantile, ma il franchising italiano, a differenza della casa madre spagnola, ha deciso “per motivi deontologici” di non vendere – oltre ad affittare, infatti, commercializza i modelli di bambole con prezzi tra gli 800 e i 2.000 euro – nemmeno bambole di donne incinte, che godono di una buona richiesta sul mercato.
“Uno schiaffetto sul culo non si nega a nessuno, né alla ragazza né alla bambola. Ma loro sono così delicate…”
In Europa è attiva una campagna internazionale contro il sesso con le bambole e i robot, lanciata dalla professoressa di Etica dei robot, Kathleen Richardson, della De Montfort University di Leicester, che chiede il bando assoluto delle sex dolls, vedendo nel fenomeno “misoginia, oggettificazione e deumanizzazione della donna”. “Se i vibratori e i dildo sono usati dalle donne solo per masturbarsi, gli uomini dicono di ‘fare sesso’ con le bambole, il che dimostra come ormai, in modo preoccupante, per molti maschi la masturbazione e la violenza (la bambola subisce passivamente) siano considerati sesso”. Il socio della LumiDolls di fronte all’equazione tra bambole e violenza scuote la testa. “Può dire queste cose solo chi non le conosce. Sono così delicate, le nostre bambole. Se con la vostra ragazza potete fare l’amore indossando anelli o braccialetti, con loro dovete togliervi tutto, perché la pelle potrebbe lacerarsi. Non potete tirarle per le mani, perché si rovinano. Abbiamo regole ferree e sanzioni. Se con una donna reale bisogna essere gentili, con le bambole ancor di più. Poi, oh, uno schiaffetto sul culo non fa male né alla ragazza né alla bambola. Comunque, noi siamo un’avanguardia del futuro. Le nostre badanti saranno dei cyborg, ne sono certo. Già oggi, bambole come quelle della LumiDolls possono essere un grande aiuto per chi ha problemi di interazione o disabilità. Per chi ha un compagno o una compagna che, per motivi di salute, non può più fare sesso, ma che non si vuole tradire”.
Sul mercato ci sono anche bambole prodigio della tecnica che arrivano a costare 60 mila euro: modelli con un sistema che accelera i battiti del “cuore” durante l’amplesso o che aumenta la temperatura corporea al crescere dell’eccitazione, o dotati di sistemi per l’emissione di finte secrezioni vaginali. Ma il vero passaggio che ci aspetta è quello dalle sex dolls ai sex robot che, grazie all’intelligenza artificiale potranno interagire, un po’ come Siri sul telefonino. E allora, come si è chiesto David Levy, autore del libro Love and Sex with Robots, dovremmo credere al nostro sex robot quando dice di amarci, se in fondo è stato programmato per dircelo? E ancora, dovrà il robot prendere l’iniziativa lui di fare sesso? Potrà in certi casi estremi rifiutarsi di avere un rapporto? Gli umani proveranno gelosia se qualcun altro avrà rapporti con il loro sex robot? Il socio della LumiDolls risponde: “Credo che quello con le bambole sia un gioco e debba rimanere tale. Vanno valutate per quello che sono. C’è una cosa che un internauta ci ha scritto nei commenti e che mi ricorderò sempre: ‘Le vostre bambole sono una sega vestita a festa’. Questa frase mi è rimasta scolpita nel cuore”.