la Repubblica, 29 settembre 2018
Il commissario alla ricostruzione di Genova e il conflitto di interessi
Per la serie “Fare presto!”, c’è voluto un mese perché saltasse fuori il nome del possibile commissario alla ricostruzione del ponte Morandi.Chi sia destinato a vincere, fra la Lega (che voleva a quel posto il governatore della Liguria Giovanni Toti) e il Movimento 5 stelle (che non lo voleva), non sappiamo ancora. Ma più del tempo sprecato per fare una scelta così urgente, stupisce proprio il nome. E non perché l’uomo, il settantenne Claudio Andrea Gemme, non abbia le qualità necessarie. Si tratta infatti di un manager di lungo corso, che è stato anche in lizza per una candidatura alla poltrona di sindaco di Genova in rappresentanza del centrodestra, anche se poi su pressioni della Lega gli è stato preferito Marco Bucci. Presidente dell’Anie, è stato un pezzo grosso dell’Ansaldo Finmeccanica e siede tuttora nella giunta di Confindustria. Non bastasse, ha anche una conoscenza diretta della faccenda, visto che i suoi genitori abitavano fino a poco tempo fa in una delle case sotto quel ponte. Ma proprio il suo scintillante curriculum manageriale rischia in questo frangente di rappresentare un bel problema. Perché Gemme è pure direttore di una importante divisione della Fincantieri, nonché presidente della società Fincantieri Sistemi Integrati. E non può non saltare all’occhio come questo dettaglio confligga fragorosamente con l’idea di affidare proprio alla Fincantieri l’incarico di ricostruire il ponte: disegno fortemente sostenuto da tutti i soggetti in campo, a cominciare dal Movimento 5 stelle. In questo caso si potrebbe verificare l’assurda situazione di un dirigente d’azienda che nelle vesti di commissario straordinario assegna un appalto alla ditta di cui è manager e dipendente. Una follia impossibile da accettare per chiunque, ma soprattutto per chi, come il Movimento 5 stelle, ha dichiarato al conflitto d’interessi che da troppo tempo ammorba il Paese una guerra senza quartiere. Al punto da promettere, nel contratto di governo stipulato con Matteo Salvini, di inasprire profondamente le norme che lo colpiscono, scrivendone anzi di nuove e più categoriche. Leggete che cosa c’è scritto: «Intendiamo estendere l’applicazione della disciplina a incarichi non governativi, ossia a tutti quei soggetti che, pur non ricoprendo ruoli governativi, hanno potere e capacità di influenzare decisioni politiche o che riguardano la gestione della cosa pubblica». E chi dovrebbe riguardare questo giro di vite? Semplice: «I sindaci delle grandi città o i dirigenti delle società partecipate dallo Stato». Qual è, appunto, il nostro Gemme. Che potrebbe esercitare l’incarico di commissario per la ricostruzione del viadotto soltanto a due condizioni. La prima, dimettersi da tutti gli incarichi manageriali e dalla giunta di Confindustria. La seconda, che Fincantieri si tenga comunque alla larga dal ponte, fosse anche un mero fornitore di pezzi d’acciaio. L’alternativa a questo scenario è elementare: indicare un’altra persona.