Corriere della Sera, 29 settembre 2018
L’orca, un predatore da proteggere
Entro 30-50 anni le orche che nuotano nei mari prospicenti le coste dei Paesi industrializzati potrebbero sparire. Già quelle che vivono al largo di Gibilterra, Giappone, Brasile, Pacifico Nord-orientale e Scozia sono in grave pericolo: «Tendono verso il completo collasso», specifica uno studio apparso ieri su Science. Per la seconda volta in due anni uno studio scientifico dimostra che la metà della popolazione mondiale di orche è a rischio estinzione a causa dei Pcb, composti chimici conosciuti come policlorobifenili. La produzione di Pcb è stata vietata nel mondo tra gli anni Settanta e Ottanta (in Italia dal 1983), ma ne resta quasi 1 milione di tonnellate da distruggere. Le sostanze stoccate continuano a percolare e a contaminare il suolo e i mari, afferma l’analisi. Mentre gli Stati Uniti, i principali produttori di Pcb, hanno intrapreso iniziative concrete per eliminare i Pcb rimasti, l’Europa li ha posti fuorilegge, ma non ha fatto nulla per liberarsene definitivamente.
«I Pcb sono sostanze liposolubili altamente tossiche che si accumulano nei pesci, e le orche, che sono al vertice della catena alimentare marina, ne assimilano in quantità», spiega Eva Alessi, ecotossicologa del Wwf. In Scozia è stato trovato un esemplare spiaggiato che conteneva Pcb fino a 100 volte sopra il limite ammesso. «Le madri con il loro latte ricco di grassi trasmettono dosi altissime di Pcb ai cuccioli di orca, che già lo ricevono in fase fetale attraverso la placenta. Oltre a essere sostanze cancerogene, i Pcb agiscono sul sistema immunologico rendendo gli esemplari più suscettibili a virus e infezioni», aggiunge la biologa. «Inoltre provocano gravi danni al sistema riproduttivo e al sistema neurologico dei feti. Tutto ciò si traduce in minore peso alla nascita dei cuccioli di orca e maggiore mortalità».
«Per le orche si tratta di una vera apocalisse», non usa mezzi termini Paul Jepson, della Società zoologica di Londra e membro della squadra internazionale che ha effettuato l’indagine su 351 esemplari. «L’effetto dei Pcb sulla riproduzione delle orche è devastante, perché si tratta di animali che hanno un basso tasso riproduttivo. Un’orca impiega 20 anni per raggiungere la piena maturità sessuale. Le orche, inoltre, hanno una gestazione molto lunga: 18 mesi».
«Le orche sono animali intelligenti con una struttura sociale sofisticata. Potrebbero essere accostate ai lupi», dice Laura Pintore, etologa dell’Università di Torino. «Il loro sistema di caccia è simile, così come la cura dei soggetti più anziani e il trasferimento delle conoscenze e delle tecniche di caccia ai più giovani». L’altra minaccia che le orche devono fronteggiare è la cattura per essere destinate agli zoo marini. «In Italia non esistono orche nei delfinari e a livello europeo prosegue il piano per evitare la loro riproduzione in cattività». Tra il 2013 e il 2017 la Russia ha venduto alla Cina almeno 15 orche, secondo dati della Convenzione sul commercio delle specie in pericolo (Cites). Nei prossimi due anni in Cina apriranno 36 zoo marini e a novembre ci saranno i primi «spettacoli» con le orche.