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Antonio Giovinazzi: «Il mio approdo in F1 è un messaggio per i ragazzi normali»
Oggi sarà in pista per le libere, Antonio Giovinazzi, 24 anni da Martina Franca. Invece da marzo 2019 guiderà come pilota ufficiale della Sauber Alfa Romeo, insieme a Kimi Raikkonen. Ma se la prima decisione era già stata presa da tempo dalla Sauber, la seconda – la speranza di tanti appassionati - è arrivata all’improvviso, e riporta finalmente un pilota italiano nel paddock, figura che mancava dal 2011.
Antonio, racconti il momento fatidico.
«Ero a Montecarlo, a casa, e mi ha chiamato Maurizio Arrivabene confermandomi la notizia. Non riuscivo a parlare, ascoltavo e basta».
La aspettava da tutta la vita.
«Sin da quando ero ragazzino, negli anni Duemila, e guardavo in televisione Michael Schumacher vincere con la Ferrari. Il mio mito. Se ripenso a tutte quelle notti e a tutti quei viaggi con mio papà dal kart fino alla Gp2, avanti e indietro dalla Puglia al nord e ritorno, capisco quanto sia stato lungo il mio viaggio».
Poi ha finalmente festeggiato.
«Non prima di aver chiamato i miei genitori in Puglia. Mi sono assicurato che il mio papà fosse seduto, e gli ho dato la notizia. E ho fatto bene, perché ha bisbigliato qualcosa e poi ho sentito solo delle urla. Mia mamma mi ha detto che papà era disteso a terra, felice. Io invece ho dormito il sonno dei giusti».
L’indicazione della Ferrari, e la decisione della Sauber.
«Sì, è andata così. Il primo momento fondamentale della carriera è stato nel 2016, con la chiamata della Rossa. Sono stati due anni importanti: il simulatore, Sebastian e Kimi. Ho imparato tanto».
E ora Kimi se lo ritroverà accanto. Cosa le ha detto?
«Veramente non tanto, lui è di poche parole. Ma avremo tempo nella prossima stagione».
Passata la festa, ha capito e digerito la portata dell’evento? Il ritorno di un pilota italiano in F1?
«Sì. Il tono dei molti messaggi ricevuti era di questo tipo. Sono contento, ma non penso alla pressione. So che dovrò dimostrare il mio valore, e non aspetto altro. Sostituisco Leclerc, devo replicare le sue prestazioni».
Le faranno tagliare i capelli?
«Oddio, spero di no. Io se li faccio tagliare non vinco più, come Sansone…».
Dopo Liuzzi, ecco che arriva lei. Un altro driver pugliese: c’è un qualche significato speciale?
«Ah ah ah, non lo so se la geografia sia rilevante. Io però posso dire questo: il mio ingresso in Formula 1 può essere un messaggio per tutti i ragazzi normali. La mia famiglia non è "billionaire", ma si è tanto sacrificata per me. Io sono venuto dal nulla, dunque ci possono riuscire tutti. Spero che tanti giovanissimi guardino alla mia storia: non per presunzione personale, ma come ispirazione positiva per realizzare i propri sogni».
Nel 2019 Giovinazzi contro Hamilton, Vettel, Verstappen...
«Sì, ed è questo il pensiero più bello. Io, nella cerchia dei venti piloti migliori del mondo. Perché la Formula 1 non è come la Serie A di calcio, dove ci sono tantissime squadre e ancora più giocatori. Il paddock è un mondo chiuso, è difficile entrare, quasi inaccessibile. E io ne farò parte con la Sauber, un team che già conoscevo, con tanti italiani e un ambiente che definirei di famiglia. Una cosa che mi piace molto, e promette bene per il futuro».