Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  settembre 28 Venerdì calendario

Intervista ad Alagna, il ribelle dell’opera

«I suoi bollenti spiriti sono un po’ anche i miei – confessa Roberto Alagna citando l’aria di Alfredo in Traviata —. Alfredo mi ha portato fortuna. In quel ruolo ho esordito 30 anni fa, nel ‘88. Da allora l’ho cantato centinaia di volte in tutti i teatri del mondo. Alla fine è diventato un po’ un mio parente» prosegue il tenore, celebre per la voce magnifica e il carattere focoso. Un sangue siciliano che nel 2006 l’ha messo al centro di uno degli scandali dell’opera, l’abbandono della scena a metà dell’Aida del 7 dicembre alla Scala diretta da Chailly. Evento «sacro» per la lirica ma non per lui. Offeso da alcuni dissensi sgarbati, Alagna girò i tacchi incurante delle polemiche, lasciando basiti tutti.
Giurò che non sarebbe più tornato, e così è stato.
«La ferita è troppo grande. Vorrei riprovarci ma non ce la faccio. Il sovrintendente Pereira ha tentato, mi ha proposto Werther, Tosca... Ci ho pensato a lungo. Nel frattempo alla Scala sono anche tornato per ascoltare mia moglie Aleksandra nel Comte Ory. Sono venuti a salutarmi tutti, dai coristi ai macchinisti... Persino i loggionisti. Ma alla fine... ho detto no». 
E non è più venuto nemmeno in altri teatri d’Italia...
«L’Italia oggi è un problema per i cantanti. È la patria del bel canto, ci sono i più bei teatri del mondo, ma si programma sempre all’ultimo minuto e spesso, tranne due o tre eccezioni, nessuno paga più. Per ottenere il compenso bisogna fare causa. E così, chi può va altrove». 
Quest’estate però si è parlato di una nuova fuga. Ha dato forfait al Lohengrin di Bayreuth. Per la direttrice Katharina Wagner «non era riuscito a prepararsi in modo soddisfacente».
«Purtroppo il problema era un altro. Mi avevano scoperto una malattia, la sindrome di Forestier, una forma artrosica degenerativa non grave ma incurabile. Per lenire i dolori e poter dormire ho dovuto prendere degli ipnotici che mi hanno creato problemi di memoria. Non riuscivo a imparare la parte, ho dovuto buttare la spugna. Poi sono stato meglio, ho ripreso a studiare, ho dormito e mangiato con questo spartito e ora mi sento pronto. Farò Lohengrin, è un ruolo troppo bello». 
Intanto adesso è al Met di New York con Samson et Dalila di Saint-Saëns, poi è atteso a Berlino e Montecarlo. E in Francia è un idolo: Legion d’onore e statua di cera al museo Grevin.
«Sì, il lavoro non mi manca... Ma tra le ragioni del mio successo in Francia c’è anche la tv, uno show dal titolo “Il regno delle due Sicilie” dove proponevo le più belle canzoni della nostra tradizione. E poi i tour in grandi sale usate per il pop, dove io cantavo arie liriche. Ho democratizzato l’opera, mi conoscono tutti. E Alagna, il siciliano, è diventato Alagnà, il francese».
Quale dei due è quello vero?
«Entrambi. Sono nato vicino a Parigi, primo “straniero” in una famiglia di emigranti in cerca di lavoro. Una grande tribù molto unita. Gente povera ma con la passione del canto. Cantavano tutti, mamma, papà, fratelli. Nessuno era mai stato all’opera ma tutti ne conoscevano le arie. Per loro era una medicina, li aiutava a sopportare la fatica. Quando da ragazzo vidi il film con Mario Lanza su Caruso, mi pareva uno di noi». 
Chi non ha sofferto non può cantare, diceva Caruso.
«Proprio così. Io ho avuto il grande dono della voce, ho avuto successo e dolori. La morte di Florence, la mia prima moglie, il dover lasciare Ornella, nostra figlia per andare nei teatri del mondo. E le ansie e le insicurezze... Per cantare bisogna aver sofferto e amato. Io non mi sono mai tirato indietro». 
Dopo Florence, il lungo amore con Angela Gheorghiu finito nel divorzio, e ora Aleksandra Kurzak. Tre mogli, due soprano.
«Capita se fai questo mestiere... Con Aleksandra ci siamo incontrati nel 2012 per un Elisir d’amore. Il filtro ha fatto subito effetto, l’anno dopo è nata Malena». 
Malena come il film di Tornatore. 
«E come uno stupendo tango argentino... Il titolo di un mio disco dedicato a lei, nata sotto il segno della musica. A 4 anni canta già, ce l’ha nel sangue. E mentre a 51 anni mi ritrovavo con una bimba tra le braccia, l’altra figlia mi ha dato un nipotino. Padre e nonno nello stesso tempo, una doppia rinascita». 
Che festeggia con un cd in coppia con Aleksandra, «Puccini in love», in uscita per Sony. 
«Una lunga lettera d’amore a mia moglie con alcuni dei più bei duetti pucciniani».