Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  settembre 27 Giovedì calendario

«Una svolta epocale, ci porterà in Serie A». Nella Monza che sogna con Berlusconi

«Io sono del Monza. Non riusciremo mai a venire in serie A», dice sconsolato Renato Pozzetto a una giovane e sfolgorante Lory Del Santo. Il film, «Agenzia Riccardo Finzi, praticamente detective», regia di Bruno Corbucci, 1979, non è esattamente entrato nella storia del cinema. In quella del Monza Calcio, però, sì. Negli Anni Settanta, la società biancorossa alla A andò vicinissima per quattro volte mancandola sempre di un soffio. Adesso, dopo tempestose vicende comprensive anche di due fallimenti, la squadra è in Lega Pro, insomma in C. Ma non ci resterà a lungo. 
La nuova era
La notizia, com’è noto, è che adesso del Monza si occuperà Silvio Berlusconi per interposto Adriano Galliani, quindi le magnifiche sorti e progressive della città sono praticamente certe, almeno nel calcio. Domani, o al più tardi all’inizio della prossima settimana, sarà completata la vendita del 100% del Monza 1912 alla Fininvest. Prezzo, circa 3 milioni di euro, quisquilie rispetto ai bilanci del Milan dei bei tempi. L’attuale presidente, Nicola Colombo, che ha salvato la società dal fallimento portandola dalla D alla Lega Pro, resterà in carica. Galliani, monzese doc nel frattempo eletto senatore (indovinate di che partito), sarà amministratore delegato. E Berlusconi, diciassette mesi dopo la vendita del Milan, avrà un nuovo giocattolo pedatorio con cui baloccarsi. Arcore, del resto, è a soli quattro chilometri di distanza dallo stadio Brianteo che, con i suoi 18 mila posti di cui meno di 5 mila agibili, è la testimonianza del passato glorioso ma remoto del calcio monzese. Di certo, su Berlusconi avrà influito anche la tipica etica ed estetica locale, tutta brianzola, del «lavurà». In questo tripudio di partite Iva si sentirà a casa. Infatti tutti gli autoctoni che abbiamo interpellato fanno lo stesso mestiere: imprenditore. 
La città, ovviamente, è elettrizzata. Gli abbonati sono passati di colpo da 700 a 900. Tutti immaginano il Cavaliere che scende con l’elicottero sul prato del Brianteo scaricando brasiliani e/o olandesi costosissimi. I più scalmanati si vedono già in A, magari pure in qualche coppa europea. Altro che il Renate, ospitato ieri in un quasi derby perché si tratta sempre di Brianza. «Beh, sognare è lecito, non è che ci ha comprati Pinco Pallino - spiega Maurizio Silva, portavoce del Monza Club -. Diciamo che nella storia del Monza calcio è una svolta epocale». Il primo cittadino, Dario Allevi, ha la faccia di quello che ha appena vinto al Superenalotto. Fra l’altro, è pure di Forza Italia: «Sono il sindaco più felice d’Italia. La città deve ringraziare Colombo, che ha salvato la società. Ma l’arrivo di Berlusconi e Galliani è qualcosa di straordinario». E già promette di rifare lo stadio in vista degli immancabili destini calcistici.
La rivalità con Milano
In realtà, i rapporti della città con Milano, troppo grande e troppo vicina, non sono mai stati facili, un’altalena di amore e odio fin dai tempi di Sant’Ambrogio cui, benché appunto santo, i monzesi fecero perdere la pazienza (e infatti questa è un’enclave di rito romano in mezzo a quello ambrosiano). Quelli con il Milan anche. Alla fine degli Anni Novanta la società rossonera si pappò quella biancorossa per farne la sua squadra B, ma l’esperimento fu breve e infausto. Idem l’epoca dell’ex milanista Clarence Seedorf: insisteva per far giocare fratello e cugino, brocchi entrambi, e poi vendette tutto per un euro a un imprenditore (sedicente, questa volta) anglobrasiliano che girava in Ferrari ma non pagava i giocatori. Quanto alla Ferrari, alla fine si scoprì che l’aveva noleggiata.
Storie vecchie. Oggi l’ottimismo dei tifosi è a mille. Il leader degli ultras, che allo stadio ha fatto perfino la festa di nozze, si chiama Fausto Marchetti, di professione, guarda caso, imprenditore e in politica avanti a destra perché leader anche di «Lealtà e azione». Eppure il plutocrate moderato Silvio gli sta benissimo: «Non ho mai mischiato fede politica e calcistica. Berlusconi e Galliani si sono spesi in prima persona, un ottimo segnale. Qui c’è voglia di calcio e di rivincita, e credo sia la volta buona. Viviamo una bella favola di provincia, che infatti ha fatto il giro del mondo: ne hanno parlato perfino in Argentina». Da uno a cento, quante probabilità ci sono di andare in A in tempi brevi? «Diciamo novanta».
Gli acquisti 
I ragazzini interpellati sul l’autobus per lo stadio sono curiosamente più cauti: «Tutti dicono che saremo in A in due stagioni? Mah. La B è durissima». Però già gira la lista della spesa, arriverà Gilardino, no, Cassano, mentre il presidente Colombo dice che Kakà «andrebbe benissimo» e Galliani fa sapere di avere «totale fiducia» nel mister Marco Zaffaroni e nel direttore sportivo Filippo Antonelli che sono «ultra confermati. Basta mettere in giro nomi». Sarà. Intanto ieri il Renate è stato schiantato, 1-0, gol di Negro, e terza vittoria in tre giornate. Alla fine magari il Berlusca ha pure fatto un affare.