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 2018  settembre 27 Giovedì calendario

Ho bevuto il rum più antico del mondo

Quindici uomini e una bottiglia di rum”. Il canto del pirata John Silver evoca immediatamente L’isola del tesoro, capolavoro di Robert Louis Stevenson, uno dei romanzi di avventure marinare più belli di tutti i tempi. Ma quel verso diventato proverbiale racchiude in sé anche il fascino del liquore in questione: l’acquavite ottenuta dalla distillazione della canna da zucchero, una bevanda fermentata che ebbe le sue origini nella Londra del sedicesimo secolo, per trasferirsi nel successivo ai Caraibi. A cominciare da Barbados, dove secondo la tradizione nacque il rum vero e proprio, descritto in un documento del 1651 come” il maggior intossicante del posto, un Kill- Devil ( Ammazza- Diavolo), infernale, bollente, terribile”. Dalla minuscola isola caraibica a un’isola assai più grande, affacciata alla Manica, il passo è lungo. Eppure anche qui, sulla terrazza di un hotel con vista sul Tamigi, siamo in quindici uomini intorno a una bottiglia di rum, incantati ad ascoltare la sorta di moderno bucaniere che ne declama le virtù: prima di bercelo, s’intende. L’erede per così dire dei pirati dei Caraibi si chiama Luca Gargano, il più grande collezionista di rum della terra e presidente di La Maison & Velier, il maggiore importatore europeo. La bottiglia che ha di fronte è un Harewood del 1780 di Barbados: il più vecchio rum in esistenza. Non per nulla sorseggiarlo fa parte di un evento presentato come” la degustazione del secolo”. Non c’è bisogno di essere un intenditore, come sono – a differenza del vostro inviato – gli altri quattordici commensali attorno al tavolo, per chiudere gli occhi e sentire aromi tropicali, profumo di mare e l’eco dell’immortale canzonaccia di John Silver.
Genovese come Renzo Piano, il cui Shard, grattacielo più alto di Londra, ci guarda dalla riva opposta del fiume mentre alziamo i calici in terrazza, Gargano meriterebbe come biografo un novello Stevenson: sbarcato ventenne alle Antille, in un certo senso non se n’è più andato.
Anche lui, come i pirati della leggenda, cercava tesori, liquidi però: e ne ha scoperti parecchi, da uno stock di rum Saint James del 1885 in Martinica all’immenso deposito di rum Caroni a Trinidad. Il suo libro Atlas du Rhum è un punto di riferimento per gli appassionati di tutto il pianeta: basti dire che la classificazione internazionale del rum, basata sul processo di distillazione e sulle diverse tipologie, si chiama Gargano Classification. E poi c’è la scoperta più recente, tra i motivi della degustazione londinese: il lancio sul mercato di Hampden, distilleria giamaicana tra le migliori del mondo, che dopo 265 anni commercializza per la prima volta i suoi rum affidandone la distribuzione mondiale a La Maison & Velier, l’azienda di Gargano. Un rum che viene da una regione speciale della Giamaica, rimasta inviolata e selvaggia, popolata da farfalle giganti, centinaia di specie di volatili e gli ultimi coccodrilli dell’isola.
Il vecchio (si fa per dire) pirata (pure) ne butta giù un sorso, schiocca la lingua soddisfatto e accende, per dirla alla Salgari, l’ennesima sigaretta. Quante storie avrebbe da raccontare: come quella volta che a Cuba finse la febbre a 40 per non cenare con Fidel Castro, fedele a una delle sue “cinque libertà": mai a cena con i politici. Per non offendere il líder maximo, che voleva bere rum insieme a lui, gli toccò di restare chiuso cinque giorni nella sua camera d’albergo. «Con una polinesiana, però», aggiunge Gargano facendo l’occhiolino. O così sembra di capire al vostro inviato. Ma dopo sei bicchieri di rum, non ci giurerebbe.