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 2018  settembre 27 Giovedì calendario

Padma Lakshmi spiega a Trump i silenzi dopo le violenze

È una star, una famosa modella e scrittrice americana, è la ex moglie di Salman Rushdie. Padma Lakshmi, oggi 32enne, è l’ultima tra le tante donne che hanno deciso di rompere il silenzio su episodi di violenze sessuali subite nel passato. Lo ha fatto scrivendo una column nella pagina degli editoriali del New York Times, in cui racconta di quando fu violentata quando aveva 16 anni e di quando fu molestata sessualmente quando era una bambina di soli sette anni. E soprattutto perché ha mantenuto, come la stragrande maggioranza delle donne, il silenzio per un trauma che si è sempre portata dentro quasi fosse una colpa. A spingerla, lo ha rivelato la stessa Padma, sono state le parole di Donald Trump, che difendendo a spada tratta Brett Kavanaugh ha espresso forti dubbi sulle rivelazioni della sua accusatrice Christine Blasey Ford («Se ha subito violenza, perché non l’ha denunciato quando avvenne?»).
«Il presidente Trump ha scritto su Twitter che se la dottoressa Ford dicesse il vero avrebbe dovuto denunciare il giudice alla polizia molti anni fa. Ma io capisco perché le donne si tengono dentro queste cose per sé per così tanti anni, senza coinvolgere la polizia. Io ho fatto la stessa cosa». Padma, oggi autrice di successo e conduttrice del reality Top Chef, ha quindi raccontato come ancora adolescente – e ancora vergine – fu violentata, in una notte di Capodanno dall’uomo (un 23enne) con cui usciva insieme. Si era addormentata nell’appartamento del ragazzo dopo i festeggiamenti per il nuovo anno e «quando mi sono svegliata lui era sopra di me». «Gli chiesi ‘ che cosa fai?’. Lui rispose ‘ ti farà male, ma soltanto per poco’. Urlai, gli chiesi di smettere. Poi mi riaccompagnò a casa in auto». Nella Op- Ed sul New York Times, la modella- scrittrice ha scritto di essere rimasta sotto shock e di non aver detto nulla né alla madre, né agli amici e ovviamente non alla polizia. E che cominciò a pensare che la colpa fosse sua: «Non c’era un linguaggio negli anni Ottanta per gli stupri al primo appuntamento, immaginai che gli adulti mi avrebbero chiesto, ‘ che diavolo stavi facendo nel suo appartamento?’». Ad influenzarla, anche un disgustoso precedente: «Quando avevo solo sette anni, un parente del mio patrigno mi toccò, tra le gambe e poggiò la mia mano sul suo pene. Io lo dissi a mia madre e al suo compagno, loro mi spedirono in India, dai miei nonni. La lezione che imparai fu che se parli, sarai cacciata».