Avvenire, 27 settembre 2018
India, sì al documento biometrico, ma con limiti
Un uso limitato. È quanto la Corte Suprema indiana ha concesso ieri a Aadhar («fondazione» o «base» in lingua hindi), il più gigantesco sistema di classificazione biometrica del mondo che identifica il 99 per cento degli indiani in età adulta, 1,1 miliardi di individui, in base alla foto, alle impronte digitali e alle immagini dell’iride. Utilizzando anche un codice personale di 12 cifre. Durante la scorsa estate, cinque giudici hanno esaminato 30 ricorsi che mettevano in discussione sia la costituzionalità, sia la sicurezza dell’utilizzo di Aadhar (nella realtà un documento cartaceo, non una tessera) che, sebbene non obbligatorio, è ampiamente richiesto e utilizzato con vantaggi, ma anche con risultati penalizzanti se utilizzato impropriamente.
Nel suo giudizio di ieri la Corte ha cancellato la norma che rendeva obbligatoria la presentazione del documento unico di identità personale nei rapporti con aziende private ma ha anche segnalato – pur con qualche dissenso interno – che Aadhar non violerebbe il diritto dei singoli alla privacy, ma garantirebbe invece ai più poveri tra gli indiani – come da finalità indicata fin dalla sua introduzione nel 2009 – «il diritto all’identità, che supera quello alla privacy».
Per evitare problemi evidenziati dai ricorsi, come la debolezza e vulnerabilità del sistema, la scarsa protezione dei dati personali e l’utilizzo lucroso di dati raccolti da società private prima della piena definizione del ruolo sociale del sistema, la Corte Suprema ha indicato che Aadhar sarà obbligatorio soltanto per accedere ai servizi e benefici previsti dal programma sociale approvato nel 2016 e pure denominato Aadhar. La carta sarà ancora utilizzabile per pagare le tasse ma non più richiesta per altri servizi, come per accedere a conti bancari, acquistare Sim telefoniche o iscriversi a università private.
Per Aadhar si sono utilizzati termini come «guinzaglio elettronico» o «Grande fratello» per richiamare i rischi legati a un suo utilizzo arbitrario e persino liberticida. Qualche verità ci dovrà pur essere se, solo per fare un esempio, lo scorso gennaio l’ente responsabile per la gestione di Aadhar, l’Autorità unica dell’India per l’identificazione, ha chiesto l’avvio di indagini dopo che l’inchiesta di un quotidiano locale aveva individuato una banca dati riguardante un miliardo di cittadini resa disponibile per l’equivalente di poco più di sei euro. La confusione riguardo la sua necessità o obbligo è parte delle critiche verso Aadhar (in passato a molti studenti poveri sono stati negati i pasti a scuola perché i genitori non avevano presentato la carta che ne accertava lo stato di bisogno...) con ampi margini di abuso verso i gruppi meno favoriti che sarebbero dovuti essere i primi beneficiari dell’iniziativa. «Abusi » che lo stesso ministro per la Tutela dei consumatori, il cibo e la pubblica distribuzione, Ram Vilas Paswan, ha indicato in una recente intervista, sottolineando che l’utilizzo del codice unico di Aadhar ha consentito di scoprire e annullare 26 milioni di carte duplicate utilizzate per lucrare sui beni alimentari concessi a prezzo calmierato a scapito di altre persone più bisognose.