il Giornale, 27 settembre 2018
Garibaldi era quasi afono, Napoleone parlava gentile, ecc. Le voci dei padroni
La voce di Gesù per quarant’anni, e forse ancora adesso, (niente comunque rispetto all’eternità...), è quella che gli ha dato Zeffirelli nelle cinque puntate tv di fine anni Settanta che gli americani hanno battezzato la miglior miniserie tv di tutti i tempi. O comunque «dopo Cristo». Voce che invece era di Pino Colizzi, un principe del doppiaggio, che l’ha prestata anche a Satana, cioè a Jack Nicholson, nelle Streghe di Eastwick. Invece Gesù aveva una voce armoniosa come quella di Colizzi, ma robusta, virile quasi severa. Più Terminator che Jesus Christ superstar. O almeno così giurava il professor Reinhard Vollmer convinto che dalla misurazione dei tratti somatici si potesse estrarre la voce, come il vino dagli acini d’uva, calcolando le dimensioni geneticamente fissate dell’area bocca, faringe e naso, con altri complicati parametri matematici. Quella del figlio di Dio era il risultato, più che dell’iconografia, delle sue indagini sulla Sindone, quindi più mistero della fede che certezza storica. Era più sicuro su Leonardo da Vinci, una voce bassa, dolce, quasi sussurrata, molto seduttiva, e su Giuseppe Garibaldi, un timbro bello alto, anche se spesso vittima dell’afonia. La voce ha questa magia: è invisibile ma niente, nemmeno le impronte digitali, ti identifica di più, è la fibra più intima e più immateriale dell’uomo.
Per questo c’è chi ha provato ad ascoltare chi non hai mai sentito, a indovinare voci che hanno fatto la storia ma che la storia ha seppellito nel silenzio. Una decina di anni fa i ricercatori della Florida Atlantic University di Boca Raton, ricostruirono la laringe dell’uomo che abitava la terra 30mila anni fa e crearono con il sintetizzatore la voce nientedimeno che dell’uomo di Neanderthal: aveva un suono duro, sgradevole, senza «a», «i» e «u». Come Renzi quando parla inglese.
In Francia gli esperti del Cnrs, Centro nazionale della ricerca scientifica, ne ricostruirono diverse attraverso un complesso studio fonetico e le esposero in versione sonora al Beaubourg di Parigi. Studiarono i documenti dei biografi del tempo, i dialetti d’origine, la struttura fisica. Risultato: Luigi IX, il San Luigi morto alle Crociate, aveva una voce pacata ma autoritaria come si conviene a un re. E fin qui niente di strano. Giovanna d’Arco invece è una sorpresa: non aveva né tono, né timbro da eroina o capopolo, ma una voce sibilante quasi fastidiosa, tipo la signorina Silvani di Fantozzi. Voltaire, il filosofo dei Lumi aveva una «voce da salotto: bassa, ritmata, un po’ uniforme»; Victor Hugo parlava con tono stentoreo, usando alla bisogna espressioni colorite. E Mirabeau, il grande oratore della Rivoluzione, aveva il tono trascinante del tribuno, all’altezza di ciò che era. Solo Napoleone aveva più di una voce: marziale quando parlava ai soldati, i silenzi studiati, l’intonazione quasi violenta e vellutata nell’intimità, dove l’accento còrso si sentiva moltissimo, quasi un sospiro.
E Dio? Per il profeta Geremia è «come un rumor d’acque nel cielo», per Giobbe «un tuono che sbriciola le rocce». Bella, forte, massiccia. Una voce come Dio comanda...