27 settembre 2018
Due interviste a Loredana Berté
Marco Molendini per Il Messaggero
La rivincita di Loredana si chiama LiBertè. Titolo che gioca sul suo nome e sulla sua storia difficile di donna rock abituata a vivere pericolosamente fra gioie, eccessi, dolori, amori e smarrimenti. Rivincita perché il nuovo disco, tosto, aggressivo, lucido che esce domani, le ha fatto riassaporare il gusto forte del successo che le mancava da tanto tempo. E Loredana festeggia, sulla scia del singolo che d’estate ha spopolato nelle radio, Non ti dico no realizzato con i Boomdabash, un reggae che la riporta indietro di una quarantina d’anni a una delle sue grandi hit, E la luna bussò. Già, Loredana festeggia con orgoglio. È galvanizzata e l’entusiasmo riesce a curare antiche e profonde ferite, i tanti lutti personali, la sorella Mia Martini, un padre padrone, il matrimonio autodistruttivo con Borg. «Ho fatto pace con me stessa» è il suo proclama attuale.
Un manifesto di vita, che la riporta in equilibrio con se stessa, a 68 anni appena compiuti.
Loredana, cosa ha fatto cambiare corso alla corrente negativa di tutti questi lunghi anni?
«Un insieme di cose. Probabilmente mi ha aiutata aver trovato una manager strepitosa, Francesca Losappio, che crede in me. E sono riuscita a far pace con la vita. Non sto dicendo che non litigo più, anzi continuo a farlo con tutti, anche da sola, tranne quando sono sul palco: lì mi sento me stessa».
Il disco è un forte grido rock, in tempi di dominio rap.
«È tutto rock, c’è perfino qualcosa dei Ramones nel pezzo che si chiama Gira ancora, scritto con Maurizio Piccoli».
E c’è il reggae di Non ti dico no.
«L’ho voluto io. I Boomdabash sono dei geni, sfornano un successo dietro l’altro, ma hanno anche saputo ascoltarmi e accettare con umiltà un mio primo no. Perché la canzone, come me l’avevano portata, non era nelle mie corde. Siete salentini, no? E allora facciamo un bel reggae gli ho detto».
Ivano Fossati è tornato a scrivere per lei dopo 34 anni. Come è accaduto?
«Gli ho scritto. Anzi gli ha scritto un’email la mia manager. Io non ho il telefonino, non ho niente, sono fuori dal mondo. A casa c’ho il telefono fisso lo guardo e me la prendo: Ma perché non suoni mai? Mi costi 30 euro al mese».
Tornando a Ivano...
«L’email era una sorta di lettera aperta. E lui ha risposto mandandomi la canzone, Messaggio dalla luna».
Si potrebbe dire che la luna ha ribussato alla porta di Loredana Bertè. Nell’album c’è un altro pezzo che la cita: Maledetto luna park.
«Il fatto è che le lune me so’ girate parecchio in questi anni».
Anche Gaetano Curreri debutta come suo autore con Una donna come me.
«Gaetano è una bomba. Quel pezzo l’ha scritto con Gerardo Pulli che viene fuori da Amici e Vasco lo ha messo sotto contratto perché lo considera un grande autore».
Non ha pensato di far scrivere un’email a suo nome, oltre che a Fossati, anche a Vasco Rossi? Una sua canzone non ci starebbe male nel suo repertorio.
«È un’idea. Sarebbe bello se scrivesse una nuova Sally».
La copertina del disco è bella tosta, con quella camicia di forza che la stringe.
«La camicia di forza, anni fa, mi è stata messa davvero per tre giorni».
Era il 2002, dopo una lite nel suo palazzo.
«Già. Ma quella camicia di forza in copertina vuole suggerire tutta la voglia di libertà che ho. Libertà e follia. Io sono questa e quella foto è il mio manifesto».
Come le parole di LiBertè: «Io non sto mai fra gli inni e le bandiere/fra le pecore in processione//chi ha la faccia come il sedere/ed in tasca la soluzione.
«Sono una donna rock che vive come una punk e rifiuta di accettare compromessi».
Nell’album si parla di violenze personali come il bullismo. La campagna di #metoo l’ha seguita?
«Sono con le donne e contro ogni tipo di violenza. Il mondo è impazzito in male. Vedo molta cattiveria e voglia di fare male. Serve la memoria sia nel sociale che nella politica. Ma vedo troppa indifferenza».
Loredana cosa è rimasto, a 68 anni, di quella ragazza dall’aria sfrontata che, nei primi Anni ’70, girava per piazza Navona e faceva girare la testa a tutti?
«Ma io la testa la faccio girare ancora. L’altro giorno ho rischiato di provocare un tamponamento. Si sono girati tutti a guardarmi, non so se perché famosa o strafiga. La verità è che sto benissimo: faccio una dieta e tutte le mattine due ore di cyclette. Mi sento bella. Pronta per il tour che è già tutto sold out, come i concerti di quest’estate. Incredibile».
Nella sua vita ci sono affetti e amici perduti, gente che le ha girato le spalle. Ora che il successo è tornato è disposta a recuperare vecchi rapporti?
«Assolutamente no, con quelli con cui ho avuto conflitti il portone è irrimediabilmente chiuso».
Loredana Bertè ripartirà in tour da Milano il 27 novembre. E andrà avanti a lungo. Mentre già pensa alla possibilità di una sua nuova presenza a Sanremo, dopo la sua ultima partecipazione del 2012. Ulteriore tentativo di riscatto perché, come canta in uno dei pezzi più malinconici, Anima carbone: «Se Dio ha barato a mio sfavore dovrà saldare il conto con la mia anima carbone».
La rivincita di Loredana si chiama LiBertè. Titolo che gioca sul suo nome e sulla sua storia difficile di donna rock abituata a vivere pericolosamente fra gioie, eccessi, dolori, amori e smarrimenti. Rivincita perché il nuovo disco, tosto, aggressivo, lucido che esce domani, le ha fatto riassaporare il gusto forte del successo che le mancava da tanto tempo. E Loredana festeggia, sulla scia del singolo che d’estate ha spopolato nelle radio, Non ti dico no realizzato con i Boomdabash, un reggae che la riporta indietro di una quarantina d’anni a una delle sue grandi hit, E la luna bussò. Già, Loredana festeggia con orgoglio. È galvanizzata e l’entusiasmo riesce a curare antiche e profonde ferite, i tanti lutti personali, la sorella Mia Martini, un padre padrone, il matrimonio autodistruttivo con Borg. «Ho fatto pace con me stessa» è il suo proclama attuale.
Un manifesto di vita, che la riporta in equilibrio con se stessa, a 68 anni appena compiuti.
Loredana, cosa ha fatto cambiare corso alla corrente negativa di tutti questi lunghi anni?
«Un insieme di cose. Probabilmente mi ha aiutata aver trovato una manager strepitosa, Francesca Losappio, che crede in me. E sono riuscita a far pace con la vita. Non sto dicendo che non litigo più, anzi continuo a farlo con tutti, anche da sola, tranne quando sono sul palco: lì mi sento me stessa».
Il disco è un forte grido rock, in tempi di dominio rap.
«È tutto rock, c’è perfino qualcosa dei Ramones nel pezzo che si chiama Gira ancora, scritto con Maurizio Piccoli».
E c’è il reggae di Non ti dico no.
«L’ho voluto io. I Boomdabash sono dei geni, sfornano un successo dietro l’altro, ma hanno anche saputo ascoltarmi e accettare con umiltà un mio primo no. Perché la canzone, come me l’avevano portata, non era nelle mie corde. Siete salentini, no? E allora facciamo un bel reggae gli ho detto».
Ivano Fossati è tornato a scrivere per lei dopo 34 anni. Come è accaduto?
«Gli ho scritto. Anzi gli ha scritto un’email la mia manager. Io non ho il telefonino, non ho niente, sono fuori dal mondo. A casa c’ho il telefono fisso lo guardo e me la prendo: Ma perché non suoni mai? Mi costi 30 euro al mese».
Tornando a Ivano...
«L’email era una sorta di lettera aperta. E lui ha risposto mandandomi la canzone, Messaggio dalla luna».
Si potrebbe dire che la luna ha ribussato alla porta di Loredana Bertè. Nell’album c’è un altro pezzo che la cita: Maledetto luna park.
«Il fatto è che le lune me so’ girate parecchio in questi anni».
Anche Gaetano Curreri debutta come suo autore con Una donna come me.
«Gaetano è una bomba. Quel pezzo l’ha scritto con Gerardo Pulli che viene fuori da Amici e Vasco lo ha messo sotto contratto perché lo considera un grande autore».
Non ha pensato di far scrivere un’email a suo nome, oltre che a Fossati, anche a Vasco Rossi? Una sua canzone non ci starebbe male nel suo repertorio.
«È un’idea. Sarebbe bello se scrivesse una nuova Sally».
La copertina del disco è bella tosta, con quella camicia di forza che la stringe.
«La camicia di forza, anni fa, mi è stata messa davvero per tre giorni».
Era il 2002, dopo una lite nel suo palazzo.
«Già. Ma quella camicia di forza in copertina vuole suggerire tutta la voglia di libertà che ho. Libertà e follia. Io sono questa e quella foto è il mio manifesto».
Come le parole di LiBertè: «Io non sto mai fra gli inni e le bandiere/fra le pecore in processione//chi ha la faccia come il sedere/ed in tasca la soluzione.
«Sono una donna rock che vive come una punk e rifiuta di accettare compromessi».
Nell’album si parla di violenze personali come il bullismo. La campagna di #metoo l’ha seguita?
«Sono con le donne e contro ogni tipo di violenza. Il mondo è impazzito in male. Vedo molta cattiveria e voglia di fare male. Serve la memoria sia nel sociale che nella politica. Ma vedo troppa indifferenza».
Loredana cosa è rimasto, a 68 anni, di quella ragazza dall’aria sfrontata che, nei primi Anni ’70, girava per piazza Navona e faceva girare la testa a tutti?
«Ma io la testa la faccio girare ancora. L’altro giorno ho rischiato di provocare un tamponamento. Si sono girati tutti a guardarmi, non so se perché famosa o strafiga. La verità è che sto benissimo: faccio una dieta e tutte le mattine due ore di cyclette. Mi sento bella. Pronta per il tour che è già tutto sold out, come i concerti di quest’estate. Incredibile».
Nella sua vita ci sono affetti e amici perduti, gente che le ha girato le spalle. Ora che il successo è tornato è disposta a recuperare vecchi rapporti?
«Assolutamente no, con quelli con cui ho avuto conflitti il portone è irrimediabilmente chiuso».
Loredana Bertè ripartirà in tour da Milano il 27 novembre. E andrà avanti a lungo. Mentre già pensa alla possibilità di una sua nuova presenza a Sanremo, dopo la sua ultima partecipazione del 2012. Ulteriore tentativo di riscatto perché, come canta in uno dei pezzi più malinconici, Anima carbone: «Se Dio ha barato a mio sfavore dovrà saldare il conto con la mia anima carbone».
***
Ernesto Assante per la Repubblica
«Cosa vuoi da me/ tu che calcoli tutto/ l’unica cosa che so/ se ci credi sul serio/ alla vita gli fai scacco matto». Canta così Loredana Berté in una delle canzoni del suo nuovo album, Liberté, il primo album di inediti da tredici anni a questa parte. E ha ragione lei, Loredana: alla vita gli ha fatto scacco matto. È ancora qui, in barba agli infiniti accidenti, ai drammi, ai problemi, ai dolori, alle crisi che hanno segnato la sua esistenza. È ancora qui con l’album della sua millesima rinascita, un disco forte e convincente, in perfetto stile Bertè, tra rock, funk, pop, realizzato con l’aiuto di amici vecchi e nuovi, da Ivano Fossati a Gerardo Pulli, da Gaetano Curreri a Fabio Ilacqua.
L’estate del 2018 l’ha vista trionfare con il reggae di Non ti dico no assieme ai Boomdabash e lei è pronta a conquistare anche l’inverno con questo nuovo album e con i concerti del tour che partirà tra qualche settimana.
Come mai tornare a un album di inediti dopo 13 anni?
«Perché sentivo di avere qualcosa da dire, ho sentito la necessità di scrivere, di farlo come volevo io e di trovare dei coautori geniali che potessero comprendermi. Avevo la necessità di trasformare in canzoni il mio vissuto di questi anni».
È un disco carico di energia, a partire dalla copertina…
«Certo, ci sono forza e energia, ma anche un pizzico di autoironia nel raccontare la mia storia. La camicia di forza che indosso nella copertina me l’avevano messa davvero, qualche anno fa, perché avevo preso a colpi di mazza da baseball la portineria del palazzo dove abitavo… ma ho resistito e sono qui. Ho resistito perché non mi sono fatta intristire, addolorare, da tutte le cose che mi sono successe, sono andata avanti. Le cose brutte le ho archiviate, ma sono rimaste sempre dentro di me e ogni tanto tornano sotto forma di canzoni. E poi sono convinta che, come scrisse Aristotele, "non esiste grande genio senza una dose di follia", che ci sia sempre bisogno di seguire i propri istinti, anche sfidando le regole».
"Libertè" è un bel gioco di parole per un album in cui lei mette la sua visione del mondo.
«Sì, ed è la visione di una donna che è ancora arrabbiata, perché pace con me stessa ancora non l’ho fatta. Ma ci sono dentro i miei sentimenti, quello che penso, quello che vivo, in maniera diretta, senza mediazioni. Il mondo di oggi non mi sembra tanto bello, soprattutto per i bambini. Per questo ho voluto chiudere l’album parlando di bullismo, che è una piaga tremenda in questa società cosiddetta civile».
Dopo tanti anni e tante avventure, quando si guarda allo specchio al mattino, è fiera di quello che è?
«Quando mi alzo la mattina faccio la cyclette, e da anni sono a dieta, perché per presentarti al pubblico devi fare dei sacrifici. Ma un pizzico di sana presunzione ce l’ho. La cosa che spero di più è che mia sorella sia fiera di me. Una parte di me è morta quando è morta mia sorella, quindi al "grande assenteista" non ci credo e vado avanti alla giornata».
Dalle canzoni di "Libertè" si capisce che è ancora una donna rock.
«Beh, il rock è un modo di essere, non solo un’accozzaglia di suoni. Io vivo così, vivo sulla strada, come ho sempre fatto. Ma è un album rock anche perché c’è dentro tutta la mia curiosità, per sonorità diverse, per atmosfere diverse».
Se l’aspettava di conquistare le classifiche con un tormentone estivo come "Non ti dico no"?
«No, davvero. Anche perché non è un tormentone stupido, ma una bella canzone.
Che mi rispecchia perfettamente: i tormentoni di solito ti obbligano a dimenticare quello che sei tu e preoccuparti del mercato per esserci dentro e sperare di incontrare il favore del pubblico. Io invece sono rimasta me stessa e di favore ne ho incontrato parecchio.
Anche perché i Boomdabash sono bravissimi e Takagi e Ketra due ottimi produttori».
Con questo album torna a collaborare ancora una volta con Ivano Fossati.
«È stato un grande onore poter cantare nuovamente, dopo trent’anni, una canzone scritta da lui, non me lo sarei mai aspettato e il pezzo, Messaggio dalla luna, è bellissimo. In fondo tutto l’album mi ha riportato alle atmosfere del lavoro che feci con lui per il disco Traslocando».
Le piace la scena italiana di oggi? Cosa le manca di più?
«È un mondo molto superficiale, si contano su una mano gli artisti che vale la pena, davvero, ascoltare. Cosa manca? La curiosità, la voglia di conoscere, la voglia di avventura, quella voglia che ti spingeva a partire in autostop senza sapere come sarebbe andato a finire il viaggio. Come quella volta, nel 1974, quando io e Mimì partimmo in autostop per andare a vedere Crosby, Stills, Nash e Young a Wembley…».
Lei è diventata una fonte di ispirazione per molte artiste giovani…
«Non avrei mai pensato di diventare "maestra" di qualcuno, anche perché devo ancora imparare io tante cose, non si finisce mai di imparare».
Lei ha avuto maestri importanti.
«Basterebbe Andy Warhol. Se penso a tutta la pasta che gli ho cucinato in otto mesi…».