Corriere della Sera, 27 settembre 2018
Se un ago costa da 2 a 48 euro. Il diabete e il divario tra regioni
Tutti gli stipendi dei dipendenti dei musei italiani: ecco cosa potremmo pagare risparmiando sui costi delle «lancette pungidito» o delle «strisce per il controllo della glicemia». Senza tagliare un cent all’assistenza. Lo dice l’ultimo rapporto dell’Anac sui costi standard. Che denuncia tra le regioni distanze abissali. Esempio? Un «ago penna» può costare da 2,03 euro a 48,4 euro. Ventiquattro volte di più.
Pare impossibile che si possan mettere nel salvadanaio tanti soldi, in questi tempi di magra, su quattro prodotti per il controllo del diabete: «strisce per il controllo della glicemia, aghi penna, lancette pungidito e siringhe da insulina». Anche a comprarle privatamente, per dire, le strisce reattive per misurare il glucosio nel sangue costano mezzo euro l’una. Mezzo caffè. Ma mettendole a gara si strappano perfino prezzi molto più bassi.
Il gioco, come spiega il dossier dell’Autorità presieduta da Raffaele Cantone (che denuncia anche la lentezza e talora la vaghezza delle regioni nel fornire i dati) è tutto sulla quantità: «Il diabete è una malattia cronica a elevata incidenza e rappresenta una delle principali cause di morte nel nostro Paese. Sono oltre 3,2 milioni in Italia le persone che dichiarano di essere affette da tale patologia, circa il 5,3% della popolazione nazionale». L’incidenza «cresce al 16,5% fra le persone di 65 anni e oltre»: un anziano su sei. E «la spesa annua complessiva a carico del SSN per la gestione dei soggetti diabetici risulta pertanto assai consistente. Per i soli dispositivi per l’autocontrollo e l’autogestione del diabete vengono spesi più di 500 milioni di euro ogni anno». Per l’esattezza 508.751.304. Quanto costa l’intero Senato, dalle matite ai vitalizi. O, se volete, il doppio dell’intero ammontare delle dotazioni per le intercettazioni. O dei costi complessivi della Presidenza della Repubblica, dallo stipendio di Sergio Mattarella ai bottoni sulla divisa dei corazzieri.
Una spesa enorme. Che le Regioni, nella stragrande maggioranza dei casi fino al toccare il 92,4%, hanno scelto di gestire scansando le gare d’appalto per fare convenzioni con le associazioni di categoria delle farmacie. Riconoscendo a queste ultime «una tariffa di rimborso per il servizio di approvvigionamento ed erogazione dei dispositivi ai pazienti aventi diritto». Giusto? Sbagliato? Certo è che solo una piccola parte, meno di un quindicesimo, finisce al miglior offerente e una piccola fetta (1%) viene concessa addirittura a trattativa privata.
L’Authority anticorruzione, ovvio, contesta. Certo, «la distribuzione tramite farmacie convenzionate permette normalmente di fornire ai diabetici un’elevata copertura sia in termini territoriali, sia in termini di maggiore varietà di scelta di prodotti dispensati» ma questi «accordi convenzionali con le farmacie, pur essendo legittimi, presentano criticità in termini di sottrazione al confronto competitivo garantito dalle procedure ad evidenza pubblica». Non a caso, se non c’è gara, «si hanno mediamente prezzi unitari significativamente più elevati».
Quanto «significativamente»? Risponde la tabella del rapporto dedicata alle strisce per il controllo della glicemia, che da sole assorbono il 76% della spesa complessiva per un totale di 389,7 milioni di euro. Ogni striscia costa mediamente 46 centesimi di euro. Più o meno quanto pagano Sardegna o Veneto. Le disparità tra una regione e l’altra, però, sono enormi. Com’è possibile che la stessa identica striscia per misurare i glucosio nel sangue dei diabetici venga pagata 21,5 centesimi in una regione ricca come la Val d’Aosta e 56,7 in Calabria? Se quella striscia costa solo 19,1 centesimi in Emilia-Romagna dove l’85% percento di questo tipo di prodotti viene acquistato attraverso pubbliche gare, come può costarne 55,8 in Basilicata, 59 nel Lazio, 62 in provincia di Trento e addirittura 65 cioè oltre il triplo in quella di Bolzano? Un altro grafico segnala la distanza che separa «il prezzo unitario medio per modalità di approvvigionamento»: una striscia comprata con una pubblica gara costa 23 cent, con una convenzione con le farmacie 49,8. Il doppio. Eppure, sugli altri tre prodotti per l’autocontrollo e l’autogestione del diabete passati al setaccio, le distanze sono ancora più marcate. Le siringhe da insulina vanno da un minimo di 0,033 in Liguria a 0,160 in Alto Adige: cinque volte di più. Le «lancette pungidito» da 0,016 in Emilia-Romagna a 0,133 in Piemonte: otto volte di più. Gli «aghi-penna» da 0,015 euro in Liguria a 0,165 nel Lazio: undici volte di più. Su una gran massa di acquisti sono differenze sostanziali.
Va da sé che con questi numeri ballano, molto, anche le spese tra una regione e l’altra. Per «l’erogazione dei dispositivi medici per l’autocontrollo e l’autogestione del diabete», accusa l’Anac, la spesa pro capite annuale (dati 2016) è di 51,10 euro in Emilia-Romagna, 128,02 in Basilicata, 166,45 in Lombardia, 272,91 in Sardegna, 303,7 in provincia autonoma di Trento e, «sulla base dei dati disponibili» (gli enti pubblici non sono sempre entusiasti di rispondere alle domande dell’Anticorruzione) addirittura 317,69 in Alto Adige. Sei volte di più.
Non basta ancora, sottolinea l’Anac. Le differenze risultano ancora più forti confrontando la spesa pro capite annuale dei pazienti sui «singoli dispositivi: per le strisce si va dai 38,79 euro dell’Emilia Romagna ai 257,12 euro della Provincia di Bolzano, per gli aghi penna dai 2,03 euro della Liguria ai 48,4 euro della Sardegna, per le lancette pungidito dai 2 euro dell’Emilia Romagna ai 28,86 euro della Provincia di Trento».
«Non voglio manco immaginare che ci siano di mezzo delle bustarelle ma il sistema così non può funzionare», spiega Raffaele Cantone, «Certe differenze davvero macroscopiche, proprio come ci avevano segnalato in un esposto le associazioni di diabetici, e provano quanto sia indispensabile arrivare ai costi standard. Il rapporto lo abbiamo mandato a tutti. Decidano».
Se solo tutte le regioni che spendono di più o molto di più si allineassero a «una delle Regioni caratterizzate da prezzi mediamente più bassi, ad esempio l’Abruzzo, che peraltro riesce ad assicurare ai propri assistiti un’ampia gamma di prodotti tra i quali scegliere», conclude il dossier, «i risparmi ottenibili a livello nazionale sarebbero di oltre il 42%, pari a circa 216 milioni di euro annui». Poco meno, come dicevamo, dei 242 milioni di euro previsti per pagare nel 2019 tutto il personale usato per la «Valorizzazione del patrimonio culturale e il coordinamento del sistema museale» italiano. E questo solo sulle strisce reattive e i pungi dito. Immaginatevi se i costi standard fossero applicati sempre...