27 settembre 2018
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Biografia di Brigitte Bardot
Brigitte Bardot (Brigitte Anne-Marie B.), nata a Parigi il 28 settembre 1934 (84 anni). Attrice. Modella. Cantante. Ballerina. Attivista. «Io non recitavo: io ero» • «Figlia di un industriale che produce bombole d’ossigeno e acetilene, già da piccola ha i tratti che la consacreranno sex symbol: i denti da coniglio e il broncio. Dopo il conservatorio, studia danza. A quattordici anni e mezzo, le prime foto di moda e, a ruota, due copertine di Elle che le aprono le porte del cinema. La nota il regista Marc Allégret, che aveva scoperto, tra gli altri, Michèle Morgan e Jeanne Moreau. Nel suo studio, l’incontro cruciale con Roger Vadim, assistente di Allégret. Quando si dice amore a prima vista. Lei ha quindici anni, lui ventuno. Quando i genitori lo scoprono, è tragedia (anche perché lui è troppo di sinistra), e lei tenta il suicidio con il gas. Danza accompagnando le sfilate di Capucine in crociera ma si cuce i vestiti da sola. Altre copertine, le prime offerte di lavoro, come il provino da Colette, in cerca di una Gigi teatrale. Poi il debutto con Le Trou Normand di Boyer, la scoperta di essere incinta e, in epoca pre-pillola, l’aborto, in Svizzera. Finalmente, nel 1952, a diciott’anni e un minuto, il matrimonio con Vadim, che va su tutti i giornali. Lui le fa da mentore, mentre la critica distrugge (a ragione: vedi Manina, ragazza senza veli) i film di lei. Una piccola parte in Atto d’amore di Litvak, e nel 1953 le foto sulla spiaggia del Carlton a Cannes, accompagnando Vadim, allora reporter per Paris Match. Le lezioni di recitazione, il teatro e un’apparizione in Versailles di Sacha Guitry. Ha bisogno di lavorare, B.B., si butta: in Il figlio di Caroline chérie di Devaivre è spaventata dal confronto con Martine Carol e Magali Noël. Nel 1955 in Ragazze folli di Allégret è a fianco di Jean Marais. In questo periodo vive in albergo, sperimenta l’amore libero e anche il secondo, pericolosissimo, aborto. In una parentesi italiana stanno Elena di Troia di Wise e il melodramma Tradita di Bonnard; poi, in Francia, una particina in Grandi manovre di René Clair, e ancora con Allégret in Miss spogliarello (scritto da Vadim per lei). Di nuovo a Roma per Mio figlio Nerone di Steno (è Poppea, a fianco di Sordi, De Sica e la Swanson!). Intanto Vadim lavora, come regista, al ruolo che la renderà immortale: la Juliette di Et Dieu créa la femme (Piace a troppi). Brigitte, molto prima del ‘68, ha già lanciato uno stile: indossa jeans e shirt, va da Maxim’s a piedi nudi, ha capelli arruffati da zona cuscino. In poche parole, in pieni anni Cinquanta, dà scandalo. Con chiome schiarite si presenta sulla Croisette, gli scatti in bikini con Picasso fanno il giro del mondo. Sul set dell’amata Saint Tropez (dove comprerà casa, La Madrague, a inizio anni Sessanta) nasce l’amore con Jean-Louis Trintignant, che però deve partire per la guerra in Algeria. Altro colpo di scena: divorzia da Vadim, proprio mentre Piace a troppi spopola in Usa e la consacra star. […] Fioccano i contratti: Gli amanti del chiaro di luna di Vadim, La ragazza del peccato di Autant-Lara – con la nota scena di nudo, censurata, di fronte a Jean Gabin –, Femmina di Duvivier. È solo l’inizio. […] Tra le tante partenze di questa scorribanda, la liaison con Gilbert Bécaud, il matrimonio nel 1959 con Jacques Charrier (da cui avrà l’unico figlio, Nicolas, anche lui attore), il secondo tentativo di suicidio, l’amore con l’attore Sami Frey, le simpatie, mai nascoste, per la destra, l’incontro con Godard (in quel Disprezzo così massacrato dalla produzione) e Malle (Viva Maria!). E ancora, il terzo matrimonio, con Gunter Sachs (a Las Vegas, nel 1966)… B.B., già “vecchia”, attraversa i favolosi anni Sessanta, tra Rolls e shorts, si prende a botte con Claudia Cardinale nelle Pistolere di Christian-Jaque, posa per la Marianne, simbolo della Francia, denuncia la stampa che le attribuisce dei lifting (l’unico suo tabù). L’aneddotica discografica è da Trivial: ha spesso cantato, ed è stata cantata nel samba più famoso dei mondo (“Brigitte Bardot Bardot! Brigitte beijou beijou, / na fila do cinema / todo mundo se afogou”), ha ispirato a Serge Gainsbourg Je t’aime… moi non plus (che però poi cantò con Jane Birkin), e Sacha Distel ha composto per lei Brigitte (nel 1958, l’anno di La ragazza del peccato a Venezia)» (Raffaella Giancristofaro). «Durante il film Colinot l’alzasottane, che sarebbe stato l’ultimo anche se non lo sapevo ancora, sul set c’era una capretta. La proprietaria mi ha detto “Si sbrighi a finire la sua scena, perché domenica è la comunione di mio nipote e dobbiamo farla allo spiedo”. Ho subito comprato la bestiola e l’ho portata con me, attaccata a una corda, nell’hotel a cinque stelle. Me la sono portata in camera, che scandalo. Quel giorno ho preso la decisione di smetterla con il cinema e di aiutare gli animali. Era il giugno 1973, avevo 38 anni» (a Stefano Montefiori). «Nel 1973 mise fine alla carriera artistica e iniziò una seconda vita, cristallizzando la sua immagine pubblica in quell’età, un po’ come Greta Garbo. “Non me ne sono mai pentita”, mi assicura. “Se non mi fossi fermata, avrei fatto la fine di Marilyn o Romy Schneider”. Di certo non ebbe ripensamenti: disse “no” alla possibilità di recitare con Frank Sinatra, Steve McQueen, Marlon Brando (in quest’ultimo caso, lasciando sulla scrivania un assegno da un milione di dollari). Sui set dei film, aveva spesso raccolto animali randagi. Aveva persino ospitato nella sua camera d’albergo capre e pecore destinate al macello. Non fu una sorpresa la sua decisione di dedicarsi ai diritti degli animali: “Era quello che davvero volevo”. Da allora si è tuffata anima e corpo nella campagna contro il massacro dei cuccioli di foca in Canada, contro il macello dei cavalli, contro la vivisezione, le corride, la caccia, gli allevamenti-lager. Per finanziare la causa ha venduto abiti, ricordi e gioielli, compresi l’anello di diamanti, i braccialetti di rubini e il collier di perle che le aveva regalato il suo ricchissimo terzo marito, il tedesco Gunter Sachs (“Mai stata prigioniera del passato”). Niente computer per lei: gli appelli a nome della “Fondazione Brigitte Bardot per il benessere e la protezione degli animali” li verga con inchiostro blu su carta azzurra intestata “La Madrague, Saint-Tropez, 83990”. Lavora sotto una finestra, seduta a un rustico tavolo provenzale con tovaglia a scacchi. Impreziosisce ogni firma con una margheritina. […] I passati presidenti francesi Mitterrand, Chirac, Sarkozy l’hanno cortesemente ricevuta e cortesemente ignorata. Sperava in Hollande, il primo a manifestare un interesse nei suoi confronti: non ha ricevuto risposta alla lettera aperta in cui gli chiedeva di dare uno status giuridico agli animali, riconoscere la loro condizione di esseri senzienti, non semplici oggetti. Passionale e schietta, ha espresso opinioni controverse – sull’immigrazione, per esempio – che l’hanno anche portata in tribunale. Ha clamorosamente ringraziato Putin, che la descrive come la sua attrice preferita, per aver protetto i lupi e messo al bando alcuni tipi di pelliccia. “Non mi interessa se passo per conservatrice. La politica non fa per me, non appartengo ad alcun partito. Le mie posizioni, anche le più radicali, servono all’unica cosa che mi sta davvero a cuore. La difesa degli animali”. […] I suoi unici spostamenti sono i pochi chilometri che separano La Madrague dall’altra casa sulle colline, La Garrigue, dove ha restaurato una piccola cappella e dove alleva cavalli, asini, mucche e maiali. Jean-Michel, un parrucchiere del porto, viene ogni tanto a tagliarle i capelli. Da anni lei non scende in città: “Preferisco ricordare la Saint-Tropez di un tempo”. […] “L’altro giorno, guardando la Tv”, mi racconta, “sono incappata in un canale dove davano E Dio creò la donna. Non lo vedevo da anni. Mi ha fatto lo stesso effetto delle foto da autografare. Ho pensato: niente male, la ragazza. Ma ho avuto l’impressione che quella non fossi io. Ho di meglio da fare che stare lì a guardarmi sullo schermo”» (Henry-Jean Servat). «Per lei, come mostrano le immagini degli ultimi 30 anni, la vita della star è un ricordo lontano. Avvolta in abiti pratici e quasi sempre in nero, i capelli non tinti, sempre disordinati e tirati in su, non si cura più di tanto del proprio aspetto fisico, rifiutando di sottoporsi a interventi di chirurgia estetica. Cammina appoggiandosi a un bastone e spesso l’artrite la costringe a ricorrere a una sedia a rotelle, ma lavora ogni giorno per le tante cause animaliste da lei appoggiate. […] “Sono rimasta vittima della mia stessa immagine. Mi ha imprigionato… Ma essere famosa in tutto il mondo mi ha aiutata, e continua ad aiutarmi, in tutte le mie battaglie”» (Emily Stefania Coscione) • «È B.B. dopo E Dio creò la donna, il film scandalo del ’56 con il quale Roger Vadim l’aveva imposta clamorosamente nel mondo del cinema. […] Quello che colpisce è che, ogni volta che l’obiettivo la inquadra, la sua celebre espressione imbronciata si scioglie nel sorriso, altrettanto celebre, a metà tra innocenza e malizia. Sorride sempre. […] Colpisce quel sorriso perché poi si è saputo del malessere e della tensione che nascondeva: proprio in quegli anni aveva tentato più volte il suicidio. Come Marilyn Monroe era diventata un simbolo, ammirata nel mondo, aveva lanciato il bikini e il seno nudo, milioni di donne imitavano la sua pettinatura a nido d’ape, indossavano vestitini a quadretti e jeans attillati come i suoi, Andy Warhol e i grandi fotografi del tempo l’avevano ritratta, ovunque si ballava la samba a lei dedicata. Eppure voleva morire» (Maria Pia Fusco) • Dopo innumerevoli relazioni, tre matrimoni (con il regista Roger Vadim, l’attore Jacques Charrier e l’imprenditore tedesco Gunter Sachs) e un figlio (Nicolas Charrier) avuto dal secondo marito e a lui prontamente affidato («Penso di non essere fatta per essere madre. Non so perché, io amo gli animali e i bambini, ma non sono abbastanza adulta per allevare un figlio. Sono io ad aver bisogno che qualcuno si prenda cura di me»), nel 1992 sposò in quarte nozze l’esponente del Front National Bernard d’Ormale, con cui convive tuttora • «Colei che riuscì a trasformare, nel grigiore chiuso del cinema, della moda, della vita degli anni ’50, la donna sigillata nell’ipocrisia d’epoca in un personaggio allora nuovo e dirompente: non la donna giovane ma la giovane donna, non la signora ma la ragazza, colei che toglieva alla femminilità tutta la tradizionale pesantezza, l’ineluttabile cammino negli angusti sentieri della virtù e dell’ubbidienza, cambiandole il destino, affidandole il compito di far impazzire gli uomini dominandoli. Oggi le adolescenti che portano magliette attillate sui corpi sottili e hanno lo sguardo sfacciato di chi crede di meritare ogni trionfo vengono da lì, più che da madri o nonne femministe che provarono a liberare la femminilità da ogni impaccio con le ideologie e i cortei» (Natalia Aspesi). «Brigitte Bardot, attrice senza talento d’attrice, è stata un’invenzione dei maschi onanisti, un mito da Azione cattolica, da fratelli lassalliani, da allievi salesiani che innalzarono l’icona del piacere contro le frustrazioni sessuofobiche della loro epoca. Brigitte Bardot fu l’immaturità di una generazione che violentemente usciva da un’educazione repressa, in un’Europa popolata da preti, monache, suore e miracoli, Fatima e Lourdes, i manifesti dei film strappati dai muri perché giudicati osceni, i monumenti con la foglia di fico applicata ai genitali, le televisioni censurate. […] L’Europa dei giovani, della nouvelle vague che rubava baci, lanciò Brigitte Bardot contro le Madonne delle lacrime, e fu un eros astratto e intellettuale, come ben capirono Jean Cocteau, Simone de Beauvoir e Marguerite Duras, che, senza neppure parlarle, senza mai ascoltarla, la elevarono a simbolo della donna liberata. […] Cosa resta di quel mito? […] Nella società dei miti la Bardot è come naufragata, e la Francia, che aveva il suo volto, adesso con distrazione ne ricorda il compleanno e quasi si vergogna di lei che non è stata al gioco, che ha svelato il trucco della bardolatria. Nei pienissimi scaffali dedicati al cinema delle librerie di Parigi c’è davvero di tutto, ci sono per esempio tantissime monografie su Jeanne Moreau e sulla Deneuve, ma c’è poco sulla Bardot, che sicuramente in questo ha vinto: ha voluto autodistruggere un mito che era stato costruito contro di lei, il surrogato maschile di una donna reale» (Francesco Merlo) • «Ho usato la mia notorietà, e ho pagato un prezzo. A 42 anni ho dovuto fare un testamento per le minacce di morte che ricevevo. Mi hanno ridicolizzata, derisa, insultata. Ma ne è valsa la pena: ho salvato 350 mila vite all’anno. Non male, no?». «“Ho dato gioventù e bellezza agli uomini. Adesso voglio dare il meglio della mia esperienza e di me stessa agli animali”. […] Cosa rimpiange della sua carriera? “Non, je ne regrette rien”» (Anaïs Ginori).