La Stampa, 26 settembre 2018
Luci e ombre della blockchain. Contratti ipersicuri, ma valute a rischio
Per qualcuno è la panacea per tutti i mali informatici. Per altri nessuna tecnologia è immune dalle minacce e dagli attacchi degli hacker, neanche lei. Dieci anni dopo il debutto come la intendiamo oggi, la blockchain è sulla bocca, se non di tutti, di molti. Sicuramente è nell’agenda di Cybertech Europe, arena internazionale dedicata agli attori del mondo cyber, oggi e domani a Roma.
«Utilizzando una metafora storica», anticipa a «Tuttoscienze» Massimo Bartoletti, ricercatore del Dipartimento di matematica e informatica all’Università di Cagliari, «la blockchain viene trasformata in una Linea Maginot immaginaria, in cui sono concentrate tutte le difese». Bartoletti è fondatore del laboratorio «Blockchain@Unica», il più grande gruppo di ricerca a livello accademico in Italia su questa tecnologia, ed è anche responsabile per l’Università del Laboratorio di Cybersecurity. Tra i diversi aspetti delle blockchain, sta esaminando i cosiddetti «smart contracts». «Il problema - sottolinea - è che la blockchain può solo garantire la corretta esecuzione dei contratti intelligenti, ma chi garantisce che la loro implementazione sia sicura? Stiamo discutendo di come la ricerca accademica affronta questo problema».
Tutele automatiche
Sì, perché in futuro, per siglare un abbonamento a una pay-tv per esempio, ciascuno di noi potrà usufruire di questa tipologia di accordo evoluto. Se ne intende di «smart contracts» Luigi Telesca, co-fondatore e ad di Trakti, piattaforma che aiuta le imprese a gestire le trattative online, pluripremiata nel 2016 all’«Italian Fintech Award» e allo «Startup bootcamp Fintech». «Il cittadino avrà la possibilità di essere tutelato in modo automatico in quanto il contratto prevede meccanismi di disdetta o rinegoziazione immediati, riducendo le attese e annose pratiche amministrative».
Al Cybertech Europe parlerà di blockchain e «smart contracts» in ambito industriale, evidenziandone opportunità e sfide, come il miglioramento della qualità dell’esperienza per gli utenti. «La blockchain e gli “smart contracts” ci offrono un’opportunità incredibile per collegare il mondo reale con quello dei servizi digitali e dell’Internet delle Cose. Abilitano un nuovo modo di interagire con i beni». Dopo un periodo di transizione, in cui i classici contratti saranno affiancati, e poi sostituiti, da quelli «smart», «l’interazione con oggetti, beni e servizi - continua Telesca - sarà governata dagli stessi. Da un lato si assicureranno di farci accedere on-demand ai beni e di controllare in modo autonomo se, per esempio, la fornitura dei servizi sia in linea con il contratto. Dall’altro, se ciò non avvenisse, richiederebbero il rimborso istantaneo».
Un notevole risparmio di seccature. Che è poi, anche nella macroeconomia, l’elemento che attrae potenziali clienti. Almeno a sentire Gabriele Grego, alla guida del fondo finanziario Usa Quintessential Capital, che non ha ancora usufruito di «smart contracts», «perché nessuno me li ha proposti, ma sarei interessato a valutarne la capacità di snellire la burocrazia in tempi in cui le banche la stanno trasformando in un incubo. Se la tecnologia blockchain è molto interessante, forse non è ancora impellente. Sicuramente ha un grande potenziale, specialmente nel “dis-intermediare” i mercati e nell’attribuire un’identità virtuale intrinseca ai beni».
La blockchain - dice - «è importantissima anche per il copyright, i brevetti e la distribuzione e la validazione dei diritti d’autore. Kodak la utilizza per tutelare la proprietà delle immagini. E senza dubbio questo è il futuro. Sono le criptovalute, al momento, a non essere affidabili». Inutile girarci intorno: quando si parla di blockchain, oggi, la prima cosa che viene in mente sono loro, le nuove valute virtuali. Dai primi Bitcoin ed Ethereum fino alle recenti KodakCoin e VeganCoin ogni settore sembra voler dotarsi della propria criptovaluta. «Come tutte le tecnologie rivoluzionarie la blockchain stimola la curiosità, ma attira anche furfanti che si approfittano della credulità delle persone», spiega il manager italiano, che, anticipando le autorità di controllo, ha smascherato clamorose truffe dietro i bilanci truccati di due aziende greche. «Le criptovalute esistenti oggi sono frodi, non hanno l’appoggio dei governi e hanno enormi limiti che non ne consentono la diffusione. In ogni caso il loro valore sta crollando. A dicembre 2017 un Bitcoin era pari a 20 mila dollari. Oggi ne vale 6 mila. Se l’anno scorso era una bolla, ora è scoppiata».
Approccio olistico
In Israele, intanto, c’è chi crede in un approccio olistico per risolvere i problemi dei pagamenti, prendendo i limiti sollevati da Grego per le corna. Nir Haloani è un innovatore che si è occupato di compressione dei dati, Intelligenza Artificiale e «machine learning», meritandosi il titolo di Master Inventor per aver registrato numerosi brevetti. Tra le criptovalute esistenti ha scelto di dedicare il suo impegno a «Coti» («Currency of the Internet»), start-up premiata a inizio settembre alla «Innovation Week» di Tel Aviv. Alla base c’è TrustChain, un algoritmo brevettato e registrato.
«“Coti” sta creando un sistema trasparente e sicuro che rimanda il più possibile alla governance e ha l’ambizione di incentivare comportamenti onesti». Il tema, c’è da giurarci, scalderà la platea della Nuvola di Fuksas.