26 settembre 2018
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Biografia di Francesco Totti
Francesco Totti, nato a Roma il 27 settembre 1976 (42 anni). Dirigente sportivo. Ex calciatore. Di ruolo attaccante o centrocampista. Bandiera della Roma, unica squadra in cui abbia militato da professionista (nelle giovanili dal 1989 al 1993, in prima squadra dal 1993 al 2017), ricoprendovi il ruolo di capitano dal 1998 al 2017 e contribuendo in modo determinante alla conquista di uno scudetto (2000/2001), due Coppe Italia (2006/2007 e 2007/2008) e due Supercoppe italiane (2001 e 2007). Giocatore della Nazionale italiana dal 1991/1992 al 2005/2006: nelle formazioni giovanili è diventato vicecampione d’Europa (con l’Under-16 nel 1993, con l’Under-18 nel 1995), campione d’Europa (con l’Under-21 nel 1996) e campione dei Giochi del Mediterraneo (con l’Under-23 nel 1997); nella Nazionale maggiore (dal 1998/1999) vicecampione d’Europa (2000) e campione del Mondo (2006). Miglior marcatore della storia della Roma con 307 reti complessive e secondo miglior marcatore della storia della Serie A con 250 reti segnate in 619 incontri di campionato (dopo Silvio Piola, primo con 274 reti). «Totti non si discute: si ama. Del resto, è lui la Roma a cavallo del Terzo Millennio» (Piero Mei) • «Un 6 gennaio alla fine degli anni Settanta, a casa Totti entrò un pallone. Non era il primo: tra papà Enzo e il primogenito Riccardo, di calcio quella famiglia aveva sempre vissuto. Ma quello era diverso: un Mikasa a esagoni bianchi e pentagoni neri: un regalo per il piccolo Francesco, che per quell’oggetto di cuoio viveva già da piccolissimo. Appena faceva primavera dalla finestra di via Vetulonia 18, in zona San Giovanni, a Roma, spiava i suoi coetanei in strada. Al primo rimbalzo di un pallone era lì con loro, scavalcando la ringhiera della scuola per entrare nel cortile, campo di sfide epiche, altro che l’Olimpico. Erano già una famiglia saldissima, cattolica ("Ho fatto anche il chierichetto", raccontava Totti anni fa): il padre Enzo lavorava per una banca, mamma Fiorella faceva la casalinga, si prendeva cura dei genitori malati, che vivevano in casa con loro, e ovviamente dei figli Riccardo e Francesco» (Matteo Pinci). «Studiavo, poi sentivo gli amici e il rumore del pallone, così scendevo di corsa in cortile. A volte non mi facevano giocare, e io risalivo in casa piangendo. E papà: “Ma che te piangi? Pensa a studià, ché è meglio. Mica vorrai fà er calciatore?”». «Riccardo Totti ricorda bene quando il fratello era un frugoletto biondo che gironzolava portando sotto il braccio quella sfera di cuoio: “All’inizio faceva nuoto, alla Pucci, a piazza Epiro, un minuto da casa. Ma non era cosa, non gli andava. Voleva giocare a calcio”. L’universo di quel ragazzino era il quartiere: c’era il flipper al bar Lustri – Bruno gli metteva uno sgabello sotto i piedi, perché il colosso di Roma a dieci-undici anni era un bimbetto che non arrivava al metro e trenta. “Lo chiamavano ‘lo gnomo’”. […] “In classe era silenzioso, incideva il banco col taglierino scrivendo ‘Forza Roma’. Poi a ricreazione giocava a pallone nell’atrio con la carta della pizza rossa”: l’immagine è rimasta negli occhi della signora Luciana, operatrice scolastica alla scuola media Pascoli, sulla cui facciata oggi c’è un suo ritratto gigante» (Pinci). «La sua carriera inizia all’età di sette anni nel 1983, quando inizia a giocare per la Fortitudo Luditur. Successivamente si trasferisce alla Smit Trastevere, squadra dilettantistica con la quale disputa il primo campionato dilettanti nel 1985. Dal 1986 al 1989 gioca per la Lodigiani. […] La Lodigiani trova un accordo economico con la Lazio per portare in biancoceleste il giovanissimo Totti, ma un blitz improvviso dell’allora responsabile del settore giovanile della Roma Gildo Giannini convince Totti e la sua famiglia a trasferirsi dalla parte opposta del Tevere, scegliendo la casacca giallorossa» (Ruben Cazzola). «Nello stesso periodo gioca con tutte le selezioni giovanili della Nazionale italiana e nel 1990 viene premiato come miglior giocatore per l’Under-14 italiana. Dopo tre anni di settore giovanile alla Roma, nella stagione 1992/1993 Totti entra nel giro della prima squadra grazie a Vujadin Boškov, che lo fa esordire in Serie A a 16 anni il 28 marzo 1993, nei minuti finali della partita Brescia-Roma (0-2). Mihajlovic rivolgendosi al tecnico Boškov disse: “Mister, fa’ entrare il ragazzino”. Entra in campo all’87’ al posto di Ruggiero Rizzitelli. Nell’estate del 1993 a Trigoria arriva Carletto Mazzone, uomo che lancerà definitivamente Francesco Totti sul grande palcoscenico del calcio che conta e che per lui resterà sempre un punto di riferimento importante, un secondo padre a cui chiedere consiglio nei momenti difficili. […] Il debutto assoluto da titolare avviene il 16 dicembre 1993 in Coppa Italia, partita in cui la Roma vince, con Carletto Mazzone in panchina. L’esordio da titolare in campionato avviene invece il 27 febbraio 1994. Il primo gol arriva il 4 settembre 1994, all’Olimpico contro il Foggia. Mazzone lo schiera titolare, e lui, al 30’, sblocca il risultato. Ricorda “er Pupone”: “Era la prima gara del torneo. Mio zio mi promise una mountain bike, la desideravo e forse l’avrei potuta comprare senza aspettare la rete. Ma ho rincorso quel gol pensando alla bicicletta”. Da quel momento il rapporto fra Totti e la prima squadra andrà sempre in crescendo, anche se nel frattempo continua l’esperienza anche nelle giovanili azzurre. Anche in Nazionale le soddisfazioni non mancano: fin dall’Under-15 di Corradini passando per le rappresentative allenate da Sergio Vatta, Francesco trova il modo di mettersi in luce, toccando in seguito l’apice della sua carriera in azzurro con la conquista del titolo europeo Under-21 con Cesare Maldini, battendo in finale la Spagna ai calci di rigore (31 maggio 1996). Il 18 febbraio 1996, Francesco Totti riceve la prima convocazione nella Nazionale maggiore. È una chiamata in azzurro non coincidente con una partita, ma con uno stage di tre giorni (dal 19 al 21 febbraio) alla Borghesiana, voluto dal commissario tecnico dell’epoca, Arrigo Sacchi» (Ercole Marchi). Carlo Mazzone: «Ricordo quel giorno in cui mi chiamò il presidente Sensi. “Carlo, mi consigliano di prendere Litmanen: che faccio?”. Gli risposi: “Perché buttare i soldi? abbiamo il ragazzino”. “Chi?”. “Totti”. Mi diede retta. L’anno dopo, quando alla Roma c’era Carlos Bianchi, seppi che stavano per cedere Totti alla Sampdoria. Io ero a Cagliari. Chiamai Sensi e gli dissi: “Lo porto a Cagliari, fa esperienza e poi torna a Trigoria”. II giorno dopo la Roma doveva giocare un’amichevole con l’Ajax. Totti fece il fenomeno, e Sensi decise di tenerlo». «Dalla stagione 1995/1996 Totti diventa titolare inamovibile della Roma e continua a perfezionarsi professionalmente, anche grazie all’allora allenatore Zeman, che lo allena dalla stagione 1997/1998. Un’altra data storica per Totti e la Roma è quella del 31 ottobre 1998. In questa data Totti ottiene ufficialmente la fascia di capitano della squadra, sostituendo Aldair in questo ruolo. Da allora sarà quasi sempre capitano dei giallorossi, al punto di diventare sinonimo stesso della squadra capitolina con il suo nome. La stagione 2000/2001 è quella della definitiva consacrazione nell’olimpo del calcio nazionale per Totti. Si conferma leader con la Roma e, assieme a Montella e Batistuta, forma un tridente d’attacco micidiale, che consegna lo scudetto ai giallorossi. Tra le grandi prestazioni del capitano, che conclude la stagione con 13 gol realizzati, una in particolare è impressa nella memoria di tutti i tifosi: il gol contro l’Udinese segnato il 12 dicembre 2000» (Cazzola). «“Mò je faccio er cucchiaio”. Sembrava una battuta detta all’amico Gigi Di Biagio per stemperare la tensione di quei lunghissimi minuti che tenevano l’Italia con il fiato sospeso durante la semifinale europea contro l’Olanda. Uno scherzo. Una goliardata tra compagni di squadra. Insomma, una cosa detta così, come se ne possono dire tante, magari per farsi grande. D’altronde, non puoi mica pensare di andare sul dischetto durante la semifinale di un Europeo e calciare un rigore facendo lo scavetto? E invece sì. Altro che ironia. Era tutto vero. Rincorsa, colpo sotto, Edwin van der Sar da una parte e la palla che, lentamente, fa una parabola e si va ad adagiare dolce in fondo alla rete. Gol. Era il pomeriggio del 29 giugno 2000: Francesco Totti, da quel giorno, si è consacrato (anche) come quello del cucchiaio. Un marchio di fabbrica. Riconoscibile. E pazienza se per la storia del calcio l’inventore del gesto è il cecoslovacco Antonin Panenka, che lo fece nella finale dell’Europeo del 1974 contro la Germania Ovest. […] Per le generazioni attuali, lo scavetto ha il copyright e il nome di Francesco Totti. […] L’Italia, anche grazie a quella sana follia del romanista, vola in finale. Dove perderà contro la Francia di Zidane e Trezeguet dopo aver assaporato la vittoria per buona parte della gara. Ma questa, purtroppo, è un’altra storia» (Gianluca Maggiacomo). «Veniamo all’estate 2006: […] il Mondiale vinto dall’Italia di Lippi in Germania. Il capitano romanista arrivò alla rassegna iridata con i postumi del brutto infortunio alla caviglia rimediato nella gara Roma-Empoli: l’entrata maldestra (non cattiva, badate bene) di Vanigli poteva estromettere Totti dal Mondiale. La forza di volontà del capitano, ed il completo appoggio del ct toscano, riuscirono ad abbattere le barriere dello stop forzato e consegnarono alla Nazionale una freccia in più da scagliare nella competizione calcistica più affascinante. […] Nonostante la forma fisica non eccellente, Totti trasformò il delicatissimo rigore che consentì all’Italia di superare la resistenza dell’Australia: Grosso venne atterrato in area di rigore e sul dischetto si presentò il capitano romanista. “Se questo è il Mondiale di Totti, questo è il momento”. Un Caressa visibilmente emozionato faceva da colonna sonora agli infiniti attimi di preparazione; occhi da tigre, sorriso beffardo ed il pensiero al cucchiaio. Stavolta no. Cannonata sotto l’incrocio dei pali mentre tutta Italia era col fiato sospeso, in religioso silenzio, e Buffon, protettore della porta azzurra, non osava osservare la realizzazione del rigore. “Francescooo Totti, Totti, Totti, Totti, Totti, Totti 1-0!” Il commentatore di Sky esplose assieme a tutti i tifosi, la panchina si catapultò sul dieci col dito in bocca e la gara ebbe fine in quel momento» (Andrea Mari). «Nella lunghissima carriera c’è un Totti ragazzo trequartista, un Totti adulto attaccante e un Totti “vecchietto” di nuovo trequartista. Una questione fisica e psicologica. […] Dai 16 ai 25 anni Francesco Totti fa più assist che gol. Arriva in doppia cifra tre volte: 13 gol nel 1998 (a 21 anni), 12 nel 1999 e 13 nel 2001 (anno dello scudetto). Con Zeman parte da sinistra nel 4-3-3, con Capello ha una posizione più centrale, dietro Batistuta e con Delvecchio largo. Con la maturità calcistica – dai 26 ai 34 anni – Totti non scende mai sotto i 10 gol a stagione: 14, 20, 12, 15, 26 (Scarpa d’oro), 14, 13, 14 e 15. È come se il Totti adulto abbia scoperto il piacere della concretezza. Resta un giocatore capace di straordinarie giocate per i compagni, ma si tuffa gioioso nel ruolo di attaccante, anche se naturalmente parliamo di un falso nueve e non di un centravanti boa. Il Totti attuale [quello degli ultimi anni in campo – ndr] è di nuovo il calciatore che manda in porta i compagni. […] E con Totti bisogna essere veloci di pensiero, perché i suoi assist nascono sempre dalla rapidità del gesto. “È come se sapesse tutto in anticipo”, ha sintetizzato Nicola, l’allenatore del Crotone» (Luca Valdiserri). Negli ultimi due anni, nonostante il netto ridimensionamento, seppe regalare ancora grandi emozioni ai suoi tifosi. «Roma-Torino, 20 aprile 2016. Una serata indimenticabile. La parabola di Totti sembra terminata, in campo il numero 10 non si vede praticamente più: con Spalletti c’è stata una rottura clamorosa che qualche settimana prima ha portato addirittura alla cacciata del capitano dal ritiro di Trigoria a causa di un’intervista-sfogo. La Roma sta perdendo 1-2, e a cinque minuti dal termine il tecnico decide di tentare la carta della disperazione. Totti dopo pochi secondi realizza con una zampata il gol del pari, poco dopo fa 3-2 su rigore. All’Olimpico è delirio totale, in tanti piangono per l’emozione» (Luigi Pellicone). Il 28 maggio 2017, la cerimonia degli addii, all’Olimpico. «Un abbraccio commosso a fine partita, in cui tutto ha funzionato come ci si aspettava, compresi i fischi al presidente James Pallotta, l’uomo che ha messo fine alla parabola sul campo del campione giallorosso. E quindi i ringraziamenti al pubblico, le lacrime sincere (sue, dei compagni e dello stadio tutto), il passaggio della fascia a Daniele De Rossi, il giro a salutare, i figli tenuti per mano e Ilary Blasi sempre al fianco, perfetta riedizione pallonara di una coppia complementare alla Vianello&Mondaini, i buffetti ai ragazzini, la lettera ai tifosi. La celebrazione di un calcio che non c’è più, quello che sa essere sinceramente riconoscente verso chi è stato la bandiera di una squadra. […] C’è voluto uno che veniva da fuori, come il nuovo ds Monchi (uno spagnolo), per tracciare una linea e dire basta: ora si cambia. Totti ha capito e ha fatto in modo che il congedo fosse, sì, doloroso, ma gioioso al tempo stesso» (Leo Lombardi). Ha quindi iniziato la sua nuova carriera dirigenziale, sempre all’interno della Roma. «Il mio lavoro resterà sempre nel calcio. Ne sono convinto. Ho la fortuna di poter stare con la squadra, con l’allenatore e con i dirigenti. Divido le partite con loro. Vado sul pullman. Vado in ritiro. Lavoro a 360 gradi. Sono stato calciatore e conosco tutte le dinamiche. So come trattare un giocatore. Dentro lo spogliatoio può starci davvero solo chi ne conosce le parole, gli sguardi, i momenti giusti. Ho questa fortuna rispetto ad altri dirigenti: ho vissuto le dinamiche dello spogliatoio. Ci vado ogni giorno, come prima. Solo che adesso non mi spoglio». Nel settembre 2018 ha annunciato la prossima uscita della sua autobiografia Un capitano (Rizzoli), composta insieme al giornalista Paolo Condò • «Roma, solo Roma, sempre Roma? “La prima volta potevo andare al Real Madrid, perché non avrei vestito mai un’altra maglia italiana. Il cuore e la testa mi hanno fatto scegliere, e non mi sono mai pentito”. C’è una seconda volta? “Gli ultimi mesi con Spalletti sono stati complicati. […] Ho ricevuto proposte per andare negli Emirati o negli Stati Uniti. Mi avrebbero ricoperto di soldi, ma avrei rovinato 25 anni d’amore. Poteva essere un’esperienza, non ero ben visto dall’allenatore in quel contesto. Però anche questa volta ho scelto la Roma”» (Daniele Dallera e Luca Valdiserri) • «Totti è il calciatore più anziano capace di andare a segno in Champions League. Un primato che si è preso con il pallonetto ad Hart a 38 anni e 3 giorni in Manchester City-Roma del 30 settembre 20014 (superato il mito dello United Ryan Giggs). E che poi ha migliorato il 25 novembre successivo, realizzando una punizione a Mosca contro il Cska, e fissando l’attuale record» (Pinci) • «Un uomo di contraddizioni e profonda romanità, non solo verbale, Francesco Totti. Le reti alla Lazio più di quelle di Piola, i giallorossi più del Real Madrid, “dove avrei vinto 3 Champions e 2 Palloni d’Oro”. Il cucchiaio del 5-1 nel derby, ma pure la Coppa Italia persa contro i biancocelesti nel 2013. I 32 gol nel 2006/2007 valsi la Scarpa d’oro, ma nella stessa stagione ecco il 7-1 dal Manchester United nei quarti di finale di Champions League. Tocco di prima, spesso spalle alla porta, imbeccate con angoli impossibili visibili solo con gli occhi di un campione, lanci spalle alla porta come volle per primo Fabio Capello. La pennellata di Marassi, la standing ovation del Bernabéu, la doppietta con selfie nel derby. Ma anche i calcioni a Mario Balotelli, Poulsen, la simulazione ai Mondiali in Corea nel 2002. Colpi di testa che non sminuiscono la figura calcistica dell’Ultimo Dieci. Fuori dal campo mai una gaffe, parecchia autoironia, le barzellette, la beneficenza – tanta e spesso silenziosa – e una famiglia protetta» (Andrea Tundo) • Sposato dal 2005 con la conduttrice Ilary Blasi, tre figli: Cristian (2005), già promettente calciatore delle formazioni giovanili della Roma, Chanel (2007) e Isabel (2016) • «Il rimpianto calcistico? “Non aver giocato con Ronaldo, quello dell’Inter. Il mio sogno, ma anche il suo. Ha segnato tanto, ma con me segnava ancora di più”. […] Spalletti, per i suoi 40 anni, le regalò il modellino della DeLorean di Ritorno al futuro. Se potesse, preferirebbe andare avanti nel tempo o tornare indietro? “Tornerei indietro. Dal 2000 al 2010 stavo al top: anni fantastici. Me ne basterebbe uno solo”» (Dallera e Valdiserri).