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 2018  settembre 26 Mercoledì calendario

A 90 anni risolve il mistero più grande della matematica

L a matematica non dà la felicità ma la ricchezza, forse, sì. Certo, se sei bravo bravo. Bravo come non lo è stato nessuno negli ultimi centosessant’anni. 
Tanto è passato infatti da quando Georg Frederich Bernhard Riemann, un matematico prussiano (allora si diceva così) buttò giù un’ipotesi riguardante la distribuzione degli zeri in una funzione. Ipotesi che nel rutilante mondo degli acchiappanumeri si tende a ritenere vera ma che non è mai stata dimostrata con certezza. Ciò che ne ha fatto il più noto problema irrisolto della matematica, uno dei soli due tra i leggendari ventitré problemi elencati da David Hilbert nel 1900 ancora aperti (nel frattempo otto sono stati risolti del tutto, sette hanno soluzioni parzialmente accettate, uno è stato risolto parzialmente, mentre quattro sono considerati troppo vaghi e uno è irrisolvibile). Ma soprattutto sulla congettura di Riemann qualcuno anni fa ha messo una taglia: un milione di dollari offerti dall’Istituto matematico americano Clay (se i matematici avessero senso dell’umorismo, però, non avrebbero mai escogitato un premio dall’ammontare così banale) per quello e altri sei enigmi numerici su cui in tanti si rompono la testa da decenni o da secoli: sono i cosiddetti sette problemi del millennio, e se pensavate che questi fossero – chessò – il terrorismo o le disparità economiche o il global warming, beh, evidentemente stavate sbagliando.
Non siamo così ingenui da pretendere di spiegarvi nel dettaglio in che cosa consista il problema dell’ipotesi di Riemann. Prima di tutto perché dovremmo comprenderlo intanto noi. Diciamo che a spanne – i signori matematici ci perdoneranno per le imprecisioni – si ragiona della posizione degli zeri della funzione zeta di Riemann e che questa cosa avrebbe una certa connessione con la possibilità di contare in modo accurato i numeri primi, forse anche per far sentire questi ultimi meno soli. Sulla dimostrazione di questo problema generazioni di matematici hanno perso il sonno, ben prima che diventasse una specie di biglietto della lotteria. Ora però è arrivato un arzillo vecchietto, il novantenne «sir» inglese Michael Atiyah, una specie di Cristiano Ronaldo dei numeri. 
Ha già in saccoccia tutti i «palloni d’oro» della disciplina, come le medaglie Fields, Royal e De Morgan. E se non ha mai vinto il premio Nobel per la matematica è solo per il piccolo dettaglio che il premio Nobel per la matematica non esiste.
Ora sir Atiyah si è messo in testa di aver risolto il problema di Riemann e lo ha raccontato dal palco dell’Heidelberg Laureate Forum, con un’esposizione tutto sommato stringata di un’ora in cui umilmente ha ammesso che la sua dimostrazione è anche un po’ casuale. Gli sarebbe caduta in testa, come la mela del connazionale Isaac Newton, durante lo studio della costante di struttura fine. Naturalmente il pubblico in parte è trasecolato e in parte si è detto scettico. Non si sfida la leggenda senza correre il rischio che essa ti divori.
Ora bisognerà capire se Atiyah è un genio o un illuso. La sua dimostrazione sarà sottoposta alla cosiddetta revisione dei pari (no, non c’è anche quella dei dispari) che ne valuterà la veridicità. Dopo l’eventuale sì degli studiosi e altri due anni di decantazione, il Clay sborserà il milione. Il diversamente giovane Atiyah farà bene a stipulare un patto con il padre eterno per sperare di godersi il malloppo almeno un po’.