il Giornale, 26 settembre 2018
Sally, la vera «ninfetta» che ispirò Nabokov
Camden, New Jersey, 1948. Florence Sally Horner, 11 anni, ruba un quaderno da 5 centesimi per impressionare gli amici con il suo coraggio. Viene fermata all’ingresso da un uomo sulla cinquantina che si qualifica come Frank La Salle, agente dell’FBI, e la dichiara in arresto. In realtà, è un meccanico che ha appena finito di scontare una condanna di due anni e mezzo per corruzione di minori, cinque ragazze tra i 12 e i 14 anni, subito seguita da un’altra condanna per truffa. Sally non conosce ancora la storia di quell’uomo. Per lei rappresenta l’autorità. All’idea che l’agente chiami sua madre, la bambina scoppia a piangere. La Salle la lascia andare. Per il momento. Qualche giorno dopo, la incontra mentre torna a casa, dopo la scuola. La ferma. Dice che il governo insiste: Sally deve essere processata ad Atlantic City. Lei è disperata, accetta di raccontare una fandonia alla madre. Spaccia Frank per il padre di amiche che l’hanno invitata al mare. Incredibile a dirsi, ci cascano tutti. La ragazza, per tre settimane, chiama la madre inventando scuse sempre meno plausibili. Poi il telefono in casa Horner smette di squillare. Il 31 luglio, Ella Horner, madre di Sally, chiama la polizia.
Le indagini conducono le forze dell’ordine ad Atlantic City, ma La Salle ha mangiato la foglia ed è già scappato. Frank e Sally iniziano a vagabondare per gli Stati Uniti. Si presentano sempre come padre e figlia. Lui la stupra in continuazione. A Dallas si fermano dall’aprile 1949 al marzo 1950. I vicini sono convinti siano padre e figlia. Lei frequenta la scuola cattolica locale. La pagella mostra una buona studentessa. Lui la vizia con shopping, dolci e anche con una certa dose di libertà. Sally può frequentare alcuni coetanei e andare a nuotare. Frank apre un’officina. Sally forse intuisce che se dicesse la verità, a questo punto, non troverebbe nessuno disposto a crederle. Eppure un’amica, Ruth Janish, capisce che c’è qualcosa di strano nella coppia. Ruth si trasferisce col marito a San Jose in California e scrive a La Salle: raggiungeteci, c’è lavoro per tutti e potremo vivere accanto. La Salle abbocca. Sally raggiunge Ruth. Si confessa e telefona alla madre. È il 22 marzo del 1850. La storia finisce qui. La Salle si becca 35 anni di carcere. Sally passa ancora momenti infelici. A Camden, dove è tornata con la madre, tutti pensano che lei sia una poco di buono. Due anni dopo muore in un incidente automobilistico.
La storia di Sally è stata ricostruita da Sarah Weinman nel libro The Real Lolita. The Kidnapping of Sally Horner and the Novel That Scandalized the World. Secondo Weinman, la vicenda di Sally ha ispirato il personaggio di Dolores / Dolly / Lolita nell’omonimo romanzo di Vladimir Nabokov. Le somiglianze sono evidenti, in particolare la fuga per l’America di hotel in hotel, i capricci di Dolly sempre accontentati da Humbert Humbert, il professore protagonista del libro, la durata del rapimento e altri dettagli: sia Sally sia Dolores erano infatti brune, figlie di madri vedove e avevano la stessa età quando furono sequestrate e quando morirono.
Nabokov ha sempre negato di aver attinto alla cronaca, e di aver cominciato ad abbozzare Lolita molto prima della pubblicazione: «Il primo piccolo palpito di Lolita mi percorse alla fine del 1939 o all’inizio del 1940, a Parigi, in un periodo in cui ero costretto a letto da un violento attacco di nevralgia intercostale». Eppure, in un passo di Lolita, Humbert Humbert si chiede: «Non è che ho fatto con Dolly lo stesso che Frank La Salle, un meccanico di 50 anni, aveva fatto nel 1948 con Sally Horner di 11?». Tra le carte di Nabokov furono trovati appunti sul caso di Sally a testimonianza di un interesse non passeggero. Sono le schede di preparazione di Lolita. Il romanzo uscì a Parigi nel 1955 e suscitò scalpore. La storia quasi incestuosa tra Humbert Humbert e la sua figliastra scatenò i censori ma anche la fantasia di altri artisti. Stanley Kubrick comprò i diritti per l’adattamento cinematografico (1962) arrivando un attimo prima di Serge Gainsbourg. Serge non se la prese, e anni dopo incise Histoire de Melody Nelson, il suo disco più bello, chiaramente ispirato al romanzo di Nabokov.
Weinman vuole comunque segnare un punto a favore del #metoo, screditando Nabokov che avrebbe ammantato di belle parole una vicenda (vera) di pedofilia e violenza. Nabokov è stato categorico: «Per me un’opera di narrativa esiste solo se mi procura quella che chiamerò francamente voluttà estetica, cioè il senso di essere in contatto, in qualche modo, in qualche luogo, con altri stati dell’essere dove l’arte (curiosità, tenerezza, bontà, estasi) è la norma. Non ce ne sono molti, di libri così. Gli altri sono pattume d’attualità o ciò che alcuni chiamano la Letteratura delle Idee, la quale consta molto spesso di scempiaggini di circostanza».
Lolita dunque non porta con sé alcuna morale. Come ha scritto Davide Brullo sul sito Pangea.news (la più bella rivista letteraria del web): «La scrittura non rende lecito l’illecito, non si interroga sul lecito, mostra il mostruoso». Non ci sono libri cattivi ma cattivi lettori.