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 2018  settembre 25 Martedì calendario

Biografia di Serena Williams

Serena Williams, nata a Saginaw (Michigan, Stati Uniti) il 26 settembre 1981 (37 anni). Tennista. Detentrice di 23 titoli del Grande Slam in singolare – 7 Australian Open (2003, 2005, 2007, 2009, 2010, 2015, 2017), 3 Roland Garros (2002, 2013, 2015), 7 Wimbledon (2002, 2003, 2009, 2010, 2012, 2015, 2016), 6 Us Open (1999, 2002, 2008, 2012, 2013, 2014) –, con i quali si colloca al secondo posto dopo Margaret Court (24 titoli), e di quattro ori olimpici, di cui uno conquistato in singolare (2012) e tre in doppio con la sorella Venus (2000, 2008, 2012). Terza tennista per permanenza alla testa della classifica Wta, con 319 settimane complessive (dopo Steffi Graf e Martina Navratilova, rispettivamente con 377 e 332 settimane). Atleta femmina più pagata di sempre, con oltre 84 milioni di dollari di premi vinti in carriera (al secondo posto la sorella Venus, con 38 milioni). «Odio perdere più di quanto amo vincere» • Seconda figlia (dopo Venus, classe 1980) dell’agente di vigilanza Richard Williams e dell’infermiera Oracene Price, crebbe insieme alle sorellastre Yetunde, Lyndrea e Isha Price, nate alla madre da un precedente matrimonio. «Un certo giorno mio padre, mentre guardava un incontro di tennis alla televisione, non riuscì a credere che le giocatrici guadagnassero tutti quei soldi, colpendo semplicemente una palla da tennis. […] Guardava un incontro di Virginia Ruzici, vincitrice degli Open di Parigi nel 1978. Il telecronista comunicò che la tennista aveva appena intascato ben quarantamila dollari in una settimana di torneo, più di quello che mio padre guadagnava in un anno. […] E così la storia vuole che il mattino dopo mio padre uscì di casa e comprò un giornale che confermasse i guadagni di Virginia Ruzici. […] Quando capì che era vero, tornò a casa e disse a mia madre: “Dobbiamo fare altri due figli perché diventino due campioni di tennis”». «Suo padre Richard – racconta – […] sostituì sul comodino della moglie Oracene […] le pillole anti-concepimento con innocue pastigliette. Nacquero così le due mirabili sorelle, prima nel 1980 Venus, l’anno seguente Serena» (Gianni Clerici). «Per riuscire nel suo scopo, Richard, che mai aveva impugnato una racchetta, si studia volumi sul tennis e si improvvisa regista stabilendo che il Michigan non è la location adatta per forgiare due tenniste. Lui vuole temprarle, vuole che crescano in un luogo dove, una volta uscite, possano affrontare a testa alta qualsiasi situazione, e non abbiano paura di nulla. Secondo questo lucido visionario, è il ghetto quello che ci vuole. Anche per questo la “freccetta” cala su Compton, una città che si estende ai margini di Los Angeles in cui due gang chiamate “Bloods” e “Crips” fanno il bello e cattivo tempo. È lì, in un campo pubblico, che Venus e Serena Williams entrano per la prima volta in un campo da tennis» (Samantha Casella). «A dieci anni Venus vince sedici tornei consecutivi senza perdere un set ed è la numero uno tra le under 12. Appena un anno dopo, Serena migliora il record della sorella: partecipa a ventidue tornei giovanili e li vince tutti. Jack Kramer e Jimmy Evert, il padre della grande Chris, le vedono giocare e rimangono allibiti: quelle due bambine giocano come delle sedicenni. L’eco delle loro imprese raggiunge riviste del calibro di Sports Illustrated e del New York Times, che parlano di loro come di veri e propri fenomeni. Alla porta della famiglia Williams ha inizio una processione di manager, sponsor e aziende pubblicitarie, disposte a coprire d’oro le due bambine prodigio, ma Richard e Oracene […] la pensano nello stesso identico modo: devono preservare l’educazione e la serenità delle ragazze il più a lungo possibile. Devono studiare, crescere, capire ancora troppe cose della vita. Ricoprire di pressione delle ragazzine sarebbe solo deleterio. Per questo rifiutano qualsiasi cifra. “Venus e Serena sono le prossime pretendenti al trono del tennis mondiale. Quando dimostreranno il loro valore, allora anche i soldi arriveranno”, chiosano in coro Richard ed Oracene prima di trasferirsi a Delray Beach, in Florida, alla Macci Academy, dove si accontentano di usufruire di un appartamento e di un contributo di circa 4.000 dollari mensili. Rick Macci condivide in pieno il pensiero di mamma e papà Williams: quelle bambine sono due fuoriclasse; per questo vorrebbe che disputassero più tornei possibili, in modo da permetter loro di fare esperienza ed essere preparate alle difficoltà del circuito. Richard però si oppone: un po’ ritiene che fino ai quindici si debba continuare a studiare, un po’ pensa che a livello junior le sue bambine abbiano già dimostrato abbastanza, ma soprattutto non sopporta l’atteggiamento dei genitori delle avversarie, che considerano Venus e Serena “due negre provenienti dal ghetto”. Il rapporto tra i genitori Williams e Macci s’incrina sempre più finché nel 1995 avviene l’inevitabile rottura. A questo punto Richard prende in mano la situazione: si occuperà lui stesso della crescita tennistica delle figlie, e l’unica che potrà “metter becco”, ma non più di tanto, sarà Oracene. […] “Sia Venus che Serena hanno una potenza incredibile e una cognizione di gioco sbalorditiva. Non ho dubbi che diventeranno le due più forti giocatrici del mondo. Mi chiedo solo chi ci arriverà prima delle due”, afferma Richard alle telecamere della Cbs, per poi specificare che “ci sono buone possibilità che Serena diventi ancora più forte della sorella”. […] Venus Williams fa il suo ingresso tra i professionisti nel 1994, ad appena quattordici anni, e l’anno dopo Serena segue le sue orme» (Casella). «Il debutto ufficiale di Serena si rivela un fallimento. È il 29 ottobre 1995, e la quindicenne Serena gioca il primo turno di qualificazione del Bell Challenge, il Wta di Québec City, contro la diciottenne Annie Miller. Si gioca a Vanier, in uno dei campi di allenamento del torneo, in un circolo di periferia. […] Serena perde 6-1, 6-1» (Alessandro Mastroluca). «Nell’ottobre di due anni dopo, a 16 anni appena compiuti, batte l’ex leader Wta Monica Seles e Mary Pierce a Chicago. Nella storia del tennis femminile nessuna giocatrice con un ranking più basso (304) è mai stata capace di sconfiggere due delle prime dieci al mondo. Con la vittoria su Irina Spirlea a Miami nel marzo 1998 stabilisce subito un record: dopo soli 16 incontri può già vantare tra i suoi “scalpi” 5 top ten. L’anno dopo, la consacrazione: a febbraio il primo “urrà” nel circuito Wta (Open Gaz de France), a settembre già il primo Slam (lo Us Open). 41 anni dopo Althea Gibson (Wimbledon 1958), un’altra tennista afroamericana si aggiudica un Major. Nel 2001 un nuovo primato: prima partecipazione ai Wta Tour Championships, ed è subito vittoria. La leadership mondiale colta nell’estate del 2002 è logica conseguenza di un dominio quasi assoluto che inizia in primavera e dura sostanzialmente un anno. Dal Roland Garros 2002 infila i quattro titoli dello Slam. Non può però dire di aver completato il “Grande Slam” solo perché la vittoria di Melbourne cade nel 2003. Entra comunque nella ristrettissima élite delle cinque giocatrici capaci di vincere tutti e quattro gli eventi più importanti del circuito maggiore. Quando la Wta sembra aver trovato finalmente la sua nuova regina giungono i problemi fisici ad innescare un lungo periodo negativo. Nel triennio 2004-2006 Serena può giocare veramente poco: esce dalla top 100 e deve praticamente ripartire da capo. Per chi ama le sfide e per chi possiede un temperamento come quello dell’americana, nessun problema. In poco più di tre anni si riprende tutto quello che aveva perduto. Nel 2009 si riappropria dello scettro Wta e stabilisce il nuovo primato di guadagni per una tennista (6 milioni di dollari)» (Fabio Bagatella). «Poi un’embolia polmonare, a cavallo tra il 2010 ed il 2011, la tiene ferma dai campi da tennis, provocando sgomento nel panorama tennistico mondiale, ormai rassegnato all’idea che la pantera nera non tornerà più a solcare un campo da tennis. Ed invece, in perfetto stile Williams, è solo l’inizio di un nuovo dominio. Il sigillo a Wimbledon nel 2012 è l’inizio di un’egemonia incontrastata, a partire dal 2013» (Giorgio Lupi). La parabola ascendente della Williams sfiorò il vertice nel 2015, quando, reduce dalla vittoria agli Us Open 2014, riuscì a conquistare Australian Open, Roland Garros e Wimbledon, giungendo a un passo dal realizzare il «Grande Slam»: a impedirglielo fu però, contro ogni previsione, l’italiana Roberta Vinci, che agli Us Open 2015 la sconfisse per 6-2, 4-6, 4-6, costringendola ad accontentarsi del secondo «Serena Slam» dopo quello del 2002/2003 (quattro titoli del Grande Slam vinti consecutivamente ma a cavallo di due anni solari). Nel 2016 riuscì a conquistare il ventiduesimo titolo a Wimbledon, raggiungendo così Steffi Graf, ma a causa di problemi fisici non ottenne alcuna medaglia ai Giochi olimpici di Rio de Janeiro, e a fine anno, dopo 186 settimane consecutive (dal 18 febbraio 2013) trascorse alla testa della classifica Wta, scivolò in seconda posizione dietro alla tedesca Angelique Kerber. L’anno successivo, con il ventitreesimo titolo ottenuto agli Australian Open battendo in finale la sorella Venus (6-4, 6-4), ritornò in prima posizione, annunciando poco dopo di essere incinta, condizione che la costrinse a rinunciare ai successivi tornei, e quindi a cedere nuovamente la vetta della classifica alla Kerber. Dopo aver rischiato la vita a causa di alcune gravi complicanze successive al parto, ha fatto ritorno sui campi da tennis al Roland Garros del 2018, ma senza successo: ritiratasi anzitempo dal torneo parigino a causa di un infortunio alla spalla, nei mesi seguenti ha vanamente rincorso il ventiquattresimo titolo (con il quale raggiungerebbe il primato di Margaret Court), perdendo a Wimbledon nella finale con la Kerber (3-6, 3-6), rimediando al torneo di San Jose la sconfitta più pesante della sua carriera nell’incontro del primo turno con Johanna Konta (6-1, 6-0) e perdendo la finale degli Us Open contro l’astro nascente Naomi Osaka (6-2, 6-4). In tale occasione, inoltre, esternò platealmente tutta la propria frustrazione infuriandosi con l’arbitro per i suoi puntuali interventi (tre ammonizioni) fino a tacciarlo di sessismo, e innescando così una lunga scia di polemiche, che fecero passare in secondo piano il trionfo della nuova promessa del tennis • «Anche questa donna bionica ha avuto i suoi demoni. Alcuni infortuni, le accuse di combine nei match disputati contro la sorella (una delle quali porterà Serena e Venus a boicottare il torneo di Indian Wells per 14 anni), l’assurda storia del giudice di sedia Mariana Alves che negli Us Open del 2004 inventerà 5 punti a favore di Jennifer Capriati, facendo perdere a Serena i quarti di finale. “Sono molto arrabbiata, sono stata derubata”, dirà lei accettando il verdetto. Ma quando un’altra giudice di sedia (negli Us Open del 2009), sul 5-6 al secondo e decisivo set contro Kim Clijsters, le chiamò un clamoroso e inopportuno fallo di piede, le cose andarono diversamente. “Giuro su Dio che prendo questa palla del cazzo e te la ficco in gola, mi hai sentito?”, le disse Serena, con una frase che forse avrebbe dovuto pronunciare 5 anni prima, ma che da allora è recitata a memoria nel circuito (ovviamente perse il match e si beccò la multa più alta mai comminata a un tennista: 82 mila e 500 dollari). Ma l’episodio più doloroso di tutti è senza dubbio la morte della sorella maggiore, Yetunde, uccisa a 31 anni da un proiettile vagante nei sobborghi di Los Angeles, dove le ragazze erano cresciute. “Per me era come una seconda madre”, dirà lei inconsolabile. “Il tennis è solo un gioco, la famiglia è per sempre”» (Giovanni N. Ciullo) • Strettissimo, sin dall’infanzia, anche il rapporto con la sorella Venus. «Venus era protettiva. Non saprei dire come la vedevano le altre, ma per me era come un’affettuosa guardia del corpo, sempre attenta a intervenire in ogni situazione che potesse procurarmi guai o difficoltà. […] In tutta la mia crescita da giocatrice, c’era sempre Venus a determinare il livello. Certe volte, quand’ero piccola, quel livello sembrava irraggiungibile, ma era quello da raggiungere. Lei impersonava il meglio di me. Era la tennista che speravo di essere, anche la persona che speravo di essere. La osservavo giocare, andare a scuola, ordinare prima di me al ristorante, osservavo sempre come si comportava in generale e pensavo: “Un giorno sarò come lei”» • Storica rivalità con la russa Marija Šarapova, secondo la quale la Williams la odierebbe da quando la udì piangere nello spogliatoio dopo la sconfitta inflittale nella finale di Wimbledon del 2004 • Numerose passioni, tra cui la moda (firma due linee di abbigliamento) e la recitazione (è comparsa in varie produzioni cinematografiche e televisive); insieme alla sorella possiede una quota di minoranza dei Miami Dolphins, squadra di football statunitense. È inoltre impegnata in numerose attività di beneficenza e campagne sociali • È testimone di Geova • Dopo numerose relazioni sentimentali (tra cui il regista Brett Ratner e il suo allenatore dal 2012, il francese Patrick Mouratoglou, peraltro all’epoca ancora sposato e già padre di tre figli), il 16 novembre 2017 ha sposato Alexis Ohanian, cofondatore della piattaforma informatica Reddit, da cui il 1° settembre precedente aveva avuto la figlia Alexis Olympia. Nell’agosto 2018 ha rivelato di soffrire di depressione post partum • «È eccessiva, in tutto. Nell’aspetto: grandi muscoli, grandi cosce, grandi labbra. Nel vestiario: tutto nero con le borchie, tutto giallo con le ghette, tutto rosa coi merletti, tutto fucsia magari senza slip per la felicità dei paparazzi. Nelle scelte: solo tennis, niente tennis, quattro Slam di fila vinti, nessuno Slam in 18 mesi. E anche nelle dichiarazioni. […] Serena è la Tyson del tennis, eccessiva, ma necessaria per lo spettacolo, per le rivalità che accende, per la personalità che mette in mostra» (Vincenzo Martucci). «Il suo gioco si basa tutto sulla potenza. […] Semplicemente, Serena colpisce la palla più forte di qualsiasi altra donna che abbia mai giocato a tennis. La maggior parte delle giocatrici ha un servizio che si aggira intorno ai 150 km/h, lei serve dei break che vanno ben oltre i 170. La sua potenza annulla le avversarie» (Stephen Rodrick) • «Un lato di follia è necessario, se si vuole diventare veramente competitivi. C’è bisogno di un istinto irrazionale da killer. Occorre dimostrare di essere scatenati e imprevedibili, farne prendere atto non solo agli avversari, ma anche a se stessi. Devi convincerti di essere capace di tutto, che nulla ti sarà negato, che farai tutto quello che occorre per realizzare quello per cui ti sei impegnato. Devi anche riuscire a sorprenderti. E devi saper gestire quel senso incontrollabile e impulsivo che ti prende, che ti innalza e ti trasforma, nel fervore di un momento decisivo. Pare che sia necessario arrivare in quello strano luogo nel quale non sai più spiegare il tuo comportamento».