Corriere della Sera, 24 settembre 2018
Saba: «Sei come una pollastra». E la moglie Lina ci rimase male
Non possiamo fidarci dei poeti. L’ultima, sorprendente, conferma viene dall’ultima acquisizione della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, che ha acquistato il solo manoscritto esistente della poesia A mia moglie di Umberto Saba. È una delle poesie più conosciute del poeta triestino, scritta nel 1911 in omaggio alla moglie Carolina Wölfler, Lina, con una prima strofa folgorante: «Tu sei come una giovane/ una bianca pollastra./ Le si arruffano al vento/ le piume, il collo china/ per bere, e in terra raspa».
In Storia e cronistoria del Canzoniere Saba racconta di averla scritta seduto sui gradini del solaio di casa, mentre aspettava Lina che era uscita per fare compere in città. «Quando, poche ore dopo, mia moglie ritornò a casa – racconta Saba – la poesia era fatta (...). Né la poesia ebbe mai bisogno di ritocchi o varianti». Ma non andò esattamente così. Dalla copia manoscritta sappiamo che di varianti Saba ne apportò molte (27 versi completamente cassati e riscritti, 9 versi non riportati nella versione definitiva, mentre l’ultima strofa è mutila degli ultimi 4 versi).
Il manoscritto conferma la scelta sorprendente del poeta di costruire il testo su una serie di anafore («tu sei come...») in cui la moglie viene paragonata a sei animali, una gallina (che ha lo stesso elegante incedere delle regine), una mucca gravida, una cagna gelosa protettiva, una coniglia, una rondine leggera e una formica previdente. La critica sorrise di questa scelta e si disse che questa fosse anche stata la reazione della moglie. Ma anche in questo caso le cose sarebbero andate in modo diverso.
Se per Umberto Saba A mia moglie era «la più bella poesia» che avesse scritto, non la pensava alla stesso modo Lina. «Mi aspettavo un ringraziamento ed un elogio», scrive il poeta in Storia e cronistoria del Canzoniere, «con mia grande meraviglia, non ricevetti né una cosa né l’altra. Era rimasta invece male, molto male; mancò poco che litigasse con me». E fu proprio la reazione di sua moglie a indurlo a riscrivere e correggere numerosi versi.
La figlia di Saba, Linuccia, descrive la scena in una lettera ad Anita Pittoni (fondatrice della casa editrice lo Zibaldone): «Appena mia madre rientrò lui volle subito leggerla d’un fiato senza nemmeno averla finita, mia madre non apprezzò il gesto anzi si vergognava che poi fosse pubblicata come lo fu nella raccolta del 1911. Allora Saba si mise subito al lavoro e cambiò molti versi».
Anche la lettera di Linuccia è stata acquistata dalla Biblioteca nazionale di Roma insieme al manoscritto della poesia per una cifra complessiva di 5 mila euro. Un’operazione importante, l’ennesima della Biblioteca nazionale guidata dal 2014 da Andrea De Pasquale. Solo in quest’ultimo periodo la dotazione di fondi sulla letteratura del Novecento si è notevolmente arricchita. Da segnalare l’acquisto dell’intero archivio di Giuseppe Ungaretti, comprendente l’originale di San Martino del Carso, per 120 mila euro che hanno consentito di ritirarlo da un’asta. Di notevole importanza l’acquisizione dell’archivio di Benedetto Croce così come le donazioni come l’archivio di Vincenzo Cerami con la sceneggiatura originale del film La vita è bella.
Documenti che vanno ad arricchire lo straordinario museo letterario permanente Spazi900, che la Biblioteca nazionale centrale di Roma ha avviato nel 1969 per iniziativa dall’allora direttore Emidio Cerulli con il progetto illuminato di creare un archivio della letteratura italiana contemporanea e che oggi comprende tutto l’archivio Elsa Morante e la ricostruzione del suo studio di via dell’Oca, le biblioteche d’autore di Enrico Falqui, Giovanni Macchia, Giorgio Vigolo, archivi e carte autografe degli scrittori da Gabriele d’Annunzio a Pier Paolo Pasolini.
Giovedì 27 settembre l’Istituto dedica ai nuovi e inediti documenti acquisiti una giornata di studi a cominciare dal manoscritto di Umberto Saba; il primo rarissimo volumetto poetico di Sandro Penna, Versi intimi, pubblicato dalla Libreria Antica e Moderna di Saba; le lettere di Eugenio Montale a Pietro Mastri (1927-1930); le lettere di Gabriele d’Annunzio alla moglie Maria Hardouin di Gallese dal Fondo Gaidoni e i racconti giovanili di Elsa Morante. Sarà visitabile anche la sala che Spazi900, ha dedicato alla vera stanza di Saba: con i suoi mobili, alcuni ritratti che gli sono stati dedicati, opere di Carlo Levi (l’autore di Cristo si è fermato a Eboli è stato per trent’anni compagno della figlia di Saba) e anche alcuni dei suoi tipici oggetti come le pipe e gli scacchi.
Lo stesso ambiente nel quale Umberto Saba declamò per la prima volta la poesia alla moglie, senza riuscire a convincerla neanche dopo numerose correzioni. A Lina non piacevano ancora certi accostamenti, ma a quel punto Saba fu irremovibile: «I doni dei poeti non si rifiutano». E dei poeti, non abbiamo scelta, possiamo solo fidarci.