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 2018  settembre 24 Lunedì calendario

Il sogno di Lara, il ragazzo che vuole solo danzare

È una storia molto fiamminga, se mai ne esiste una, tanto per dire difficilmente italiana, dell’Italia di adesso. Victor era un maschietto e adesso, adolescente, è diventato Lara: o meglio sta diventando Lara perché il suo corpo è ancora quello, in transizione, di un ragazzo. Non il suo viso di madonna, lunghi capelli biondi, carnagione diafana, occhi azzurri dolcissimi, non i suoi modi delicati, armoniosi, mentre sul bilico dei 15 anni la voce sta pericolosamente scurendosi verso la virilità: per questo parla solo ad accenni e si immerge nel silenzio. Il suo è come si dice adesso, un errore di genere: Lara ha il sogno, la meta, la certezza, di diventare una ballerina classica, di quelle che volano sul palcoscenico esprimendo in ogni leggiadria del corpo una femminilità estrema, eterna, inventata dalla danza. Non vuole essere un ballerino dalle cosce muscolose e la forza di sollevare l’étoile come fosse Bolle, ma proprio una farfalla senza peso né corpo, come fosse la Krysanova: neanche una donna, ma proprio una ballerina, un cigno, una silfide, una fata All’amore, al sesso ancora non ci pensa, non è per quello che vuole sbarazzarsi da ciò che non le appartiene, non si è ancora chiesta, non sa, se l’attraggono le ragazze o i ragazzi, come vorrebbe sapere il gruppo medico che l’ha in cura. La sua femminilità è ancora più profonda. Invincibile, come sa convincere Girl il film del giovane autore belga Lukas Dhont, premiato a Cannes come miglior opera prima, mentre il protagonista, il sedicenne danzatore e modello Victor Polster, ha vinto quello per il miglior attore nella sezione Un Certain Regard. La minuscola famiglia francofona di Lara, il padre taxista, il fratellino che lei ama maternamente (appunto, di una madre neppure l’ombra) si stabiliscono ad Anversa dove si parla l’olandese e le due diverse lingue distinguono la vita protetta di casa da quella estenuante tra gli altri: naturalmente col doppiaggio, l’italiano cancellerà questa differenza che non è solo delle lingue ma delle emozioni, delle reazioni, degli stati d’animo: peccato. Ad Anversa finalmente Lara viene accolta all’accademia reale di danza, dove il suo corpo sbagliato deve affrontare la curiosità e il giudizio degli altri e la sua ambizione la crudeltà che impone a tutti gli allievi l’accanimento interminabile dei pas jeté e dei rond de jambe.
È una guerra di cui sopporta le sofferenze con muto eroismo: sotto il lieve body azzurro nasconde la sua virilità con strisce di cerotto che la ustionano, i piedi martoriati dai passi sulle punte sanguinano e si deformano, lo spogliatoio femminile le impone sotterfugi. Lei non vive solo l’impazienza degli adolescenti verso l’età adulta e l’angoscia di crescere, ma anche l’attesa che i medici le impongono. Che si farà troppo lunga, non più sopportabile. Dicono che il film avrà delle difficoltà negli Stati Uniti perché mostra immagini per altro brevissime di un minorenne nudo. Che potrebbe suscitare recriminazioni dai gruppi LGBT perché il meraviglioso attore protagonista non è transgender come il personaggio, ma cisgender (così abbiamo imparato una parola nuova, che sostituisce eterosessuale).
Girl potrebbe avere anche fastidi in Italia, ammesso che ministri della famiglia o col rosario in mano e i nuovi noiosissimi inquisitori vadano mai al cinema. E non perché il film racconti di una transgender (nessuno ha fiatato per il cileno Una donna fantastica, Oscar 2018 per il film straniero, forse perché la signora era già tale): ma perché si tratta di una adolescente, anche se nostri tribunali hanno già consentito il cambiamento anagrafico di minorenni ovviamente non ancora sottoposti a interventi. Ma soprattutto perché il babbo non solo non l’ha cacciata di casa e non l’ha fatta esorcizzare, ma la sostiene, l’aiuta, la capisce, si preoccupa molto più di lei delle sofferenze che dovrà affrontare. Tutti i parenti, zii cugini e nonni, forse perché belgi, sono contentissimi, l’ammirano, la festeggiano lungo il suo cammino di cambiamento e di liberazione; mentre l’equipe che l’ha in cura, medico, psicologo, chirurgo, da cui il papà l’accompagna sempre, paiono molto preparati, abituati, solleciti. Frenano la sua impazienza, le spiegano tutto le tastano il seno ancora inesistente, le chiedono se fa l’amore e con chi, le raccomandano di non perdere tempo, di vivere anche questa vita sbagliata in attesa di quella vera. Ma poi che mondo strano, ammesso che non sia una fiaba: nessuno grida, nessuno insulta, nessuno è arrabbiato, nessuno passa la vita col naso negli iphone. Forse questo può essere più istruttivo delle vicissitudini di Lara.