La Stampa, 24 settembre 2018
Il ricatto di chi mutila un corpo
Il taglio del lobo dell’orecchio di una donna davanti agli occhi del marito è la sineddoche della violenza. Di quella peggiore, se è mai possibile una classifica, perché attuata a freddo, per un ricatto, dunque commerciale, capace di calcolare la sofferenza da infliggere per ottenere il risultato. Coinvolge, nel caso accaduto due notti fa a Lanciano, ma anche in molti precedenti, tre parti: l’autore, la vittima principale e quella secondaria.
A noi che indirettamente la riportiamo, colpisce quel gesto, tant’è che si prende il titolo in ogni resoconto e l’immaginazione in ogni sua fruizione. Ci appare impossibile da infliggere e ancor più da tollerare. «Come lo strappo d’un foglio: sei preparato dalle minacce, ma non a quel rumore», raccontò Paul Getty a cui, prima di procedere, fecero mangiare quattro bistecche. La signora Niva è stata invece colta nel sonno e trascinata fuori dal letto in piena notte. «È l’umiliazione, più ancora che il dolore», disse Dante Belardinelli, sequestrato e liberato dopo la mutilazione. Togliere a un essere umano un pezzo di carne con una lama significa tentare di ridurlo a uno stato di inferiorità, non animale ma merce: un frammento del tuo corpo in cambio di beni materiali. Una nera fantasia concepita per assurdo da un personaggio letterario, Shylock, e trasposta nella realtà da uomini che solo un controsenso può definire veri. Dicono fosse nell’Ottocento la punizione per odiosi reati (quali, follemente appaiati, lo stupro e l’abigeato). Qualcuno ha strologato che l’avesse patita Giuseppe Garibaldi, ma senza prove.
Per ricatto è toccato a molti sequestrati dopo Getty, dall’anziano Soffiantini al piccolo Farouk. Un metodo per fare pressione sulla terza parte, la famiglia. E allora, nella villetta di Lanciano, è presumibile che sia accaduta la stessa cosa, ma in diretta. Una banda, un marito, una moglie. I manuali di tortura delle polizie segrete di tutto il mondo lo insegnano: se vuoi che lui ceda è lei che deve soffrire. Ci sono uomini capaci di resistere al dolore, ma non sei un uomo se resisti a quello inflitto a una persona che ami. Non c’è causa che tenga, figurarsi i depositi bancari prelevabili con il codice numerico. Non poteva non cedere, il dottore di Lanciano e i criminali lo sapevano. Non c’era in loro e tra loro alcuna traccia di umanità. Quando i due balordi realmente esistiti, divenuti personaggi in «A sangue freddo» di Truman Capote, massacrano la famiglia in una casa dell’Ohio, l’investigatore intuisce che almeno uno degli assassini è «gentile». Lo deduce perché per sparare alle vittime le fa adagiare sul pavimento della cantina, ma siccome è freddo le protegge stendendo un cartone. Un indizio, di «colpevole umanità». Quando i sequestratori del giovane Augusto De Megni decisero di mozzargli l’orecchio fu uno della banda, «Antonio il buono», a pregarli in ginocchio di non farlo. A Lanciano non c’era né un «gentile» né un «buono» tra i banditi.
Ora si dirà di armare fino ai denti i proprietari di villette, come da cartello esposto in un quartiere residenziale di Como, su cui appariva la citazione biblica dal salmo 118 : «Ho agito secondo giustizia». Ma nel Nuovo Testamento, quando Pietro con la sua spada mozza l’orecchio a Malco, servo del sommo sacerdote, per impedire l’arresto di Gesù nell’orto dei Getsemani, è questi a dirgli di riporre l’arma nel fodero giacché: «Chi di spada ferisce, di spada perisce». Gli assassini dell’Ohio e i sequestratori italiani sono stati tutti catturati e puniti secondo le rispettive giustizie. Ogni sentenza è la sineddoche della civiltà.