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 2018  settembre 24 Lunedì calendario

Intervista ad Alessandro Cattelan

Quell’aria da «giovane conduttore», probabilmente, non la perderà mai. Alessandro Cattelan è il Leonardo DiCaprio della televisione italiana, un po’ per quelle vaghe analogie cromatiche nell’aspetto, ma molto di più perché, proprio come accade con il divo hollywoodiano, gli anni che passano sembrano accovacciarsi accanto a lui e chiedersi quando, finalmente, potranno saltargli addosso. Lui fa come se non ci fossero, tira diritto e sbandiera il suo sorriso da giovane. Quello di chi sta facendo una cosa che lo diverte e, in fondo, mica è colpa sua. Oggi il conduttore imprescindibile di X Factor e E poi c’è Cattelan, volto di casa Sky se ce n’è uno, di anni ne ha trentotto, è padre di una bambina che già va alle elementari ma a guardare la fila delle spettatrici con gli occhi a cuore che aspettano di entrare al Teatro Franco Parenti di Milano nuova location a fare da studio della nuova stagione di EPCC al via da domani per sei puntate in prima serata su Sky Uno – la sua popolarità da popstar per giovani è sempre limpida.
Alessandro, questa volta il suo E poi c’è Cattelan calca le assi del palcoscenico. Perché?
«Eccole, le assi. Guardi io sono di quelli che hanno sempre fatto ironia sulla retorica delle assi del teatro. Del fascino del teatro e cose simili. Eppure. Eccomi qui, sono entrato al Franco Parenti, un luogo dove sono passate generazioni di attori e registi importanti, e sono rimasto fregato in un attimo. Quell’energia la sento pure io».
Sì, ma perché il teatro?
«Tanti show storici, quelli americani come l’Ed Sullivan ad esempio, sono nati in teatro. Tanti degli stand up comedian che ammiro si cimentano con l’instant theatre. Per questa edizione serviva un taglio differente. Innanzitutto le puntate durano di più, ogni martedì un’ora. E poi giocheremo con questa nuova collocazione. Niente parodie di Shakespeare, piuttosto qualcosa di più contemporaneo».
Ad esempio quella parodia del film di culto Birdman, di cui ci ha dato un assaggio: lei e Valerio Mastandrea, uno spasso. Ma siete sempre così amici? Lui ci sta sempre.
«Valerio è un amico. E la mia fortuna è che è un attore pazzesco, e quando gli proponi uno sketch lui te lo trasforma e migliora. Mastandrea avrà a disposizione, più avanti, anche un monologo su come l’arrivo dei figli ti scombina la vita. I figli sono una gran cosa, ma va detto anche quale caos ti portano nell’esistenza. Un tocco di politicamente scorretto».
A proposito di scorrettezza politica: questo sarà uno dei temi che lei affronterà a inizio programma, come suo solito. Quali altri temi ci può anticipare?
«Sul politicamente corretto c’è un divertente trailer girato con Diego Passoni e altri amici: in una realtà futuristica in cui il 90% della popolazione è omosessuale, io cerco di nascondere il mio essere etero. Molto divertente. Tra i temi di cui parlerò, anche l’etichetta radical chic».
Prenderà posizione o farà il piacione?
«Attacco entrambe le categorie, ma facendo distinzioni. Termini come buonismo e correttezza stanno un po’ sfuggendo di mano. Un tempo si era meno politicamente corretti ma più corretti nei fatti. Adesso si dà più importanza al termine utilizzato, c’è sempre una minoranza pronta a offendersi, a sollevare gli scudi su argomenti che magari non valgono nemmeno la pena. Quanto all’essere radical chic, in puntata proveremo a capire cosa significhi esserlo: oggi siamo al punto che se mangi con le posate o leggi un libro sei definito radical chic».
Quali ospiti sono attesi in questa edizione?
«Nella prima puntata, oltre a Valerio Mastandrea nello sketch di cui sopra, vi lustrerete gli occhi con la supermodella Emily Ratajkowski, che porterò a mangiare street food a due passi dal teatro, al baracchino Giannasi. Mangerà pollo arrosto con le dita, non so se mi spiego. Ci saranno Chiara Ferragni, Alex Del Piero, Andrea Bocelli, Roberto Mancini, Guè Pequeno. Ad aiutarmi, Diego Passoni, Elisabetta Canalis e Alessandro Borghi. Tra gli ospiti musicali TheGiornalisti e Benji & Fede, per dirne due. E come house band, i fidi Street Clerks».
Lo stile degli incontri resta immutato: niente agguati, giusto?
«Proprio così: niente agguati. L’ospite sa cosa faremo, deve sentirsi a suo agio per fare quella performance che io mi aspetto da lui».
Cattelan è sempre in cerca di novità, eppure X Factor e E poi c’è Cattelan restano suoi punti fermi. Perché?
«Perché sono due programmi che contengono sempre novità, le trovo tutte lì. A X Factor cambiano i giudici e i ragazzi in gara. EPCC non ha una puntata uguale all’altra».
Quali sono gli ospiti di E poi c’è Cattelan che l’hanno stupita di più?
«Quelli che hanno un’immagine pubblica austera, seria, e nascondono leggerezza: la Gabanelli, Vespa, la Cirinnà, con cui ad esempio abbiamo fatto un bel pezzo di televisione, vedrete. Perché ridere su una cosa non significa sottovalutarla, ed essere seri su quella stessa cosa non significa capirla. Visto che filosofo sono?».