Il Messaggero, 24 settembre 2018
Raddoppiati gli universitari che non pagano le tasse
Possono iscriversi all’università senza pagare le tasse e, se mantengono un buon rendimento con gli esami, continuano a non versare contributi. Un esercito di matricole in crescita. Nell’anno accademico 2017-2018 infatti sono quasi raddoppiati gli studenti esentati dal pagamento delle tasse universitarie: è il risultato dell’ampliamento della no tax area, previsto dalla legge 232 del 2016. A rivelarlo sono i dati pubblicati dal ministero dell’istruzione relativi al riparto del Fondo di funzionamento ordinario per il 2018. Quest’anno infatti la parte destinata all’esenzione degli studenti è pari a 105 milioni di euro. Fanno parte di un totale di spesa che passa da 6.981.890.720 euro del 2017 a 7.327.189.147 euro a disposizione delle università per il 2018. E allora, se nell’anno accademico 2016-2017 gli esonerati dal pagamento delle tasse erano 161mila, pari al 9,5% del totale degli iscritti, per il 2017-2018 ammontano al 17,6%, pari a 292mila persone.
IL FUNZIONAMENTO
Come funziona la no tax area? Sono esonerati dal pagamento delle tasse universitarie tutti gli studenti che hanno un reddito famigliare, presentato tramite la compilazione del modello Isee per l’università, inferiore o uguale a 13mila euro annui. È prevista l’esenzione anche per gli studenti degli anni successivi, fino a un anno fuori corso, che oltre al reddito nella norma abbiano anche ottenuto entro il 10 agosto di ogni anno accademico un minimo di crediti previsti: 10 crediti per chi si iscrive al secondo anno, 25 per quelli successivi. Quindi per gli anni successivi al primo viene considerato anche il rendimento di studio.
Per gli studenti che hanno un reddito Isee inferiore ai 13mila euro e i crediti formativi previsti, ma sono fuori corso da più di un anno, è previsto invece un contributo di 200 euro. Sono previste agevolazioni anche per gli studenti con un Isee da 13mila euro e fino a un massimo di 30mila euro. Inoltre, per chi non è fuori corso da più di un anno ed è in regola con i requisiti sui crediti formativi, il contributo annuale non può superare il 7% della quota di Isee eccedente i 13mila euro. E allora in questo modo cresce la quota di fondi erogati agli studenti più disagiati.
I NUMERI
All’Università Sapienza di Roma rientra nella no tax area il 7,12% di iscritti, pari a 20.816 ragazzi, ed è la quota maggiore: la prima università romana infatti, in base alla spesa riservata ai singoli studenti, avrà 7.583.705 euro per coprire l’esenzione. All’Università di Tor Vergata sono esenti il 2,24% degli iscritti, pari a 6545 studenti per una spesa complessiva di 2.272.658. A Roma Tre invece gli esenti sono 5798, pari all’1,98% degli iscritti per una spesa di 1.606.921 euro. Subito dopo la Sapienza, la maggior spesa per la no tax area riguarda la Federico II di Napoli che avrà 6.975.866 euro per esentare il 6,34% degli iscritti pari a 18.554. In termini percentuali, la maggior quota di esentati dalle tasse interessa per quest’anno, dopo la Sapienza e Napoli, le università di Palermo, Bologna e Torino tutte con oltre il 4% di esenti.
LA DISTRIBUZIONE
Soddisfati gli studenti dell’Unione degli universitari: «Si tratta di una nota positiva ottenuta grazie alle nostre rivendicazioni. Rispetto allo scorso anno aumenta la distribuzione di questi fondi al Sud con +121% e al Centro con +105%. È sempre più evidente come la no-tax area esprima un grande potenziale. Ma non è sufficiente: è necessario rifinanziare e innalzare la no-tax area per poter permettere agli atenei di garantire sempre con maggiore pienezza il diritto allo studio almeno al livello di altri Paesi europei. In Francia infatti è esonerato dal pagamento delle tasse il 35% e in Germania il 25%». Il riparto dei fondi per la no tax area riservata agli studenti rientra nel Fondo di finanziamento ordinario che quest’anno ha visto partire anche il nuovo costo standard, con cui vengono rimborsate le università in base al numero degli iscritti e alle loro caratteristiche. Due gli importi perequativi: il primo è per graduare il costo standard di Ateneo in base al reddito medio familiare della Regione e alla capacità contributiva effettiva degli iscritti; il secondo er incrementare il costo standard degli Atenei, tenendo conto ad esempio della rete dei trasporti.