La Stampa, 23 settembre 2018
Intesa tra Cina e Vaticano per la nomina dei vescovi
È stata raggiunta un’intesa tra la Santa Sede e il governo della Repubblica popolare cinese per la nomina dei vescovi. Lo storico accordo, siglato ieri a Pechino dalla delegazione vaticana guidata dal sottosegretario ai Rapporti con gli Stati Antoine Camilleri, e dal viceministro degli Affari esteri cinese Wang Chao, apre una nuova fase nelle relazioni sino-vaticane. Dopo decenni di dialogo paziente che ha visto tre Pontefici coinvolti, dopo difficili trattative, momenti di tensione, di rottura e ordinazioni episcopali illegittime, la Chiesa cattolica cinese è da ieri tutta in comunione con il Papa.
Per la prima volta un accordo siglato dalle autorità cinesi riconosce il ruolo del Pontefice come guida della Chiesa, in un punto decisivo come la nomina dei vescovi. L’accordo, si legge nel comunicato congiunto diffuso da Roma e da Pechino mentre Francesco era da poco atterrato a Vilnius, è «frutto di un graduale e reciproco avvicinamento», ed è definito «provvisorio» perché prevede un tempo di verifica – probabilmente almeno due anni – per sperimentarne il funzionamento e gli effetti. Il testo dell’intesa non è stato pubblicato proprio perché passibile, nel prossimo futuro, di qualche modifica e miglioramento. Ma è ormai noto che la procedura per le nuove nomine episcopali in Cina prevede che i candidati vescovi vengano eletti dai rappresentanti cattolici (sacerdoti, religiose, laici) della diocesi e debbano essere approvati dalle autorità politiche cinesi, prima di essere sottoposti alla valutazione della Santa Sede per l’approvazione decisiva. Il Papa avrà la possibilità di dire l’ultima parola, e dunque anche di scartare un nome che fosse considerato inadatto. D’ora in avanti, tutti i nuovi vescovi cinesi saranno ordinati in comunione con il Papa, rimarginando così una ferita apertasi più di mezzo secolo fa, a causa delle ordinazioni episcopali forzate senza il consenso pontificio iniziate nel 1958.
Molti sono i problemi che rimangono aperti, tra questi la situazione dei vescovi finora non riconosciuti dalle autorità governative e definiti «clandestini», come pure il ruolo del Collegio dei vescovi cinesi, organismo fino ad oggi non riconosciuto dalla Santa Sede, dato che ne sono stati finora esclusi proprio i vescovi «clandestini».
«L’obiettivo della Santa Sede – ha commentato il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, per lunghi anni paziente tessitore del dialogo con le autorità cinesi – è di aiutare le Chiese locali affinché godano condizioni di maggiore libertà, autonomia e organizzazione, in modo tale che possano dedicarsi alla missione di annunciare il Vangelo e di contribuire allo sviluppo integrale della persona e della società».