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 2018  settembre 23 Domenica calendario

Salvini, le buche di Roma e il dl migranti

Star, come sempre, ormai. Anche alla festa di Atreju. Matteo Salvini, che in un lapsus s’affibbia la carica di «presidente del consiglio» ma poi si corregge («vice»), con Giorgia Meloni, in mezzo ai Fratelli d’Italia, si vede che si trova bene. Quasi fosse a casa. Infatti, a un certo punto, dal palco, dice: «Io la Meloni al governo l’avrei voluta, eccome. Mentre non avrei voluto Forza Italia». Perché? «C’è una ragione che è questa. Io e Giorgia a Roma abbiamo combattuto insieme, mentre qualche altro sparava da solo su di noi». Il riferimento è alla rottura con Berlusconi alle ultime elezioni comunali a Roma, che ha contribuito a spianare la strada alla vittoria della Raggi. E dell’attuale sindaco di Roma parla Salvini alla festa sull’Isola Tiberina. «Sulla Raggi – attacca il leader leghista – da utente di questa città la penso come la pensano tanti romani: da lei si aspettavano molto di più. Anche io mi aspettavo molto, molto, di più». Ma a Roma siete in maggioranza o all’opposizione?, gli viene chiesto. «Siamo all’opposizione», risponde: «Ci siamo, siamo gli ultimi arrivati, diciamo così, in punta di piedi».
GLI SGOMBERI
E ancora su Roma tra gli applausi: «Ogni giorno in macchina è un rally tra le buche. Non occorre essere uno scienziato per capire che la città potrebbe essere più bella e più pulita. Detto questo, quando la Raggi è venuta a chiedermi sostegno delle forze dell’ordine per sgomberare, io ovviamente gliel’ho dato». E qui il discorso si allarga sulla sicurezza, non a Roma ma in generale, e sul tema dei migranti. Il decreto che domani verrà varato in consiglio dei ministri si attirerà, c’è da giurarci e già ci sono i primi segnali, critiche da più parti. Il Colle sta con tanti occhi aperti («Lo avranno esaminato una ventina di persone», dice Salvini) e così tanti altri. «Vi do una notizia – ironizza il capo del Viminale – ed è questa: subito dopo l’approvazione del decreto sicurezza-migranti, ci sarà l’allarme dell’Onu, dell’Osce, della Croce rossa, di quella bianca, di quella verde, di quella a pallini, dei vegetariani, dei vegani e degli animalisti perché limitiamo i diritti...». Poi: «Vedrete, ci saranno ricorsi e contro ricorsi, ma io me ne frego. Perché per me prima di tutti vengono i cittadini italiani». Il problema è che la Corte Costituzionale potrà avanzare rilievi e riserve, ma neanche questo intimorisce Salvini: «Se la Consulta trova motivi per discutere, discuteremo amabilmente con la Consulta». Lui va avanti, costi quel che costi. E, scrive più tardi su Twitter, «terrò duro contro i buonisti italiani e internazionali, perché non è razzismo il Decreto Sicurezza ma buon senso». E se la Consulta troverà incostituzionale, per esempio, il non allargamento del reddito di cittadinanza agli immigrati regolari che pagano le tasse in Italia, vale lo stesso discorso: «Non possiamo dare tutto a tutti, perché non abbiamo molto. Ci siamo dovuti dare un criterio e il criterio è prima gli italiani». Miele per le orecchie dell’uditorio. Che è numeroso e molto partecipe. Anche se, sulle prospettive di un esecutivo di centrodestra, Salvini non concede nulla. «Anche io avrei preferito un esecutivo di centrodestra, con un programma comune. Ma se dovessi tornare indietro rifarei quello che ho fatto. Staremo al governo con i 5 stelle per 5 anni, e con loro, con Di Maio più che con altri, ci troviamo bene. Sono concreti. Anche se siamo due partiti diversi e su certi punti abbiamo idee diverse». Per esempio sui Orban. Salvini assicura, nonostante Conte sia di diverso parere: «Non voteremo le sanzioni al leader ungherese eletto democraticamente».
I DUE FORNI
Capitolo Berlusconi. L’intesa con Forza Italia c’è ma non ci sono «due forni» per Salvini: quello azzurro e quello giallo. «Con Forza Italia esistono soltanto accordi locali, nelle varie regioni». E con Fratelli d’Italia, di cui però Salvini apprezza lo stile di «opposizione patriottica, idem: nelle regioni è una cosa e a livello nazionale è un’altra. Poi mai dire mai, ovviamente. «Ma con M5S ho firmato un contratto che dura 5 anni e lo voglio rispettare. Poi siamo nelle mani del buon Dio e, scendendo più in basso, in quelle di Fico». Berlusconi, che ha subito festeggiato l’altro giorno dopo l’incontro ad Arcore e quello a Palazzo Grazioli l’amore ritrovato con Matteo, non può gioire per queste parole. E da Fiuggi, dove è arrivato ieri sera per la kermesse organizzata da Antonio Tajani, se la cava con diplomazia: «Salvini? Sui 5 stelle non può che dire le cose che ha detto. Deve tenere i rapporti con l’altra parte, bisogna capirlo...».