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«Siamo andati in pensione ma diventiamo pubblico in un nano secondo», dicono sorridendo Gino & Michele, «il libro ce l’ha proposto Francesco Bozza, molto più attento di noi a quello che succede sul web. All’inizio eravamo perplessi, poi ci siamo buttati nell’impresa». Oltre quarant’anni di satira in coppia (il debutto nel 1976 su Radio Popolare), Gino Vignali e Michele Mozzati raccontano il nuovo libro Anche le formiche nel loro piccolo postano (Baldini+Castoldi), scritto con Bozza, che esplora Twitter e i social, dove tra i leoni da tastiera pronti a insultare spiccano battute di nuovi Achille Campanile, lampi d’ironia di aspiranti Nora Ephron.
Gino e Michele, ammettetelo: sul web ci sono autori geniali.
«Abbiamo avuto la sua stessa sensazione. C’è un popolo sul web che non è solo fatto di calunniatori, frustrati, ma di geni. Magari sono egualmente frustrati ma sfogano in maniera solare e costruttiva il loro malumore, che è una gioia leggerli. Bello quando l’incazzatura viene virata in genialità».
Avete fatto una scelta precisa: molte battute di costume, pochissima politica. Perché?
«Quelle di politica sono le meno importanti, il costume è fortissimo perché tratta temi universali: il legame uomo-donna, diete, lavoro. Esistono siti di satira politica famosi e li abbiamo volutamente evitati. La satira politica ha una scadenza, mentre le battute sui rapporti personali non hanno età, per non parlare della satira sociale».
Perché avevate qualche resistenza nel cercare le Formiche sul web?
«Siamo affezionatissimi alle Formiche, hanno fatto parte della nostra fortuna, per questo eravamo restii. Ma l’entusiasmo di Francesco Bozza, pubblicitario di talento — molto più giovane di noi — oltre alla qualità del materiale, ci ha convinto. I social possono essere una gogna, qui sono usati in modo diverso. È stata una bella scoperta».
Avete informato chi è finito in quest’antologia?
«No, lo scopriranno leggendo».
“Ho un grammo di ottimismo ma è per uso personale” (@ saraturchina, Twitter), “È nato Leone, il figlio di Fedez e Chiara Ferragni. Pesa 350 Instagrammi” (@il marziano1, Twitter). Gli autori televisivi sono in seria difficoltà: il popolo del web vi ha rubato il mestiere?
«È così, è sempre più complicato scrivere. Da un lato, paradossalmente, è un vantaggio avere il web, t’ispira: trovi commenti veloci, feroci, intelligenti. Dall’altro il rischio di plagio è dietro l’angolo. Ti dimentichi se una battuta te la sei inventata o l’hai letta. A parte le tante schifezze, c’è del talento in giro».
Com’è cambiato il modo di ridere e di far ridere?
«Una cosa o fa ridere o non funziona. Le battute che non hanno scadenza sono immortali. Le Formiche sono nate trenta anni fa, un gioco tra noi per eleggere la più forte del Novecento. Sa qual è la numero 1 tra le settemila? “ Era un bambino così saccente che quando la maestra gli chiese: tu credi in Dio?, rispose: credere è una parola grossa, diciamo che lo stimo”. Le battute stile Woody Allen sono eterne».
Twitter è anche molto usato dai politici...
«Per l’ego è la più grande invenzione».
In che senso?
«Pure l’ultimo degli ultimi si sente molto letto e considerato, qualsiasi cosa faccia. Pensi ai coglionazzi che nella vita non hanno molte cose da dire definitive e determinanti... È un modo per comunicare diretto, non c’è neanche il giornalista che media. Si scrive al mondo. Poi se hai cinque o cinque milioni di follower è un altro discorso».
Ma si può fare politica con un tweet o una battuta a effetto?
«È il modo più basso di fare politica oggi, ovvero non farla: sparare dichiarazioni per colpire la fantasia. Tutto riassunto in slogan, senza approfondire niente. L’ultimissima generazione dei politici si muove così, in questi mesi sono state molte più le presenze sui social che in Parlamento».
La sinistra ha perso l’ironia?
«Prima deve dirci se esiste ancora l’ironia...Vabbè, diciamo che c’è. Forse è un periodo in cui la sinistra ha un po’ troppa paura, la situazione non è delle migliori. Ma non abbiamo mai creduto che “peggiore è la situazione, più funziona il comico”».
Pensare che nel 1976 a Radio Popolare facevate una trasmissione di satira sulla sinistra.
«Sovvertivamo tutti i luoghi comuni, perché a sinistra non si rideva. Dalla radio abbiamo continuato con Tango, l’inserto satirico dell’Unità. Non è compito della sinistra ridere, tantomeno di sé stessa. La sinistra era il contrario di quello che dicevamo prima sulla superficialità: doveva solo approfondire».
Con voi approfondiva e rideva.
«Una piccola rivoluzione».
Oggi tra i politici chi fa ridere?
«Premessa: a noi faceva molto ridere Berlusconi. Per un Berlusconi al tramonto c’è un Toninelli che cresce».
Berlusconi raccontava pure le barzellette...
«Nel genere era un maestro, ma un autore dovrebbe girare al largo dalla barzelletta. È una questione di pudore».