la Repubblica, 23 settembre 2018
Così il metodo Casalino governa il M5s
Ha passato tutto il giorno al telefono, «ma oggi (ieri, ndr) Rocco non ha mandato messaggi vocali a nessuno», raccontano dal suo entourage. Il quale già due sere fa, prima che l’audio venisse reso pubblico, aveva intuito che qualcosa di imprevisto stava accadendo.
Così aveva inviato ai cronisti messaggini di smentita preventiva rispetto ad alcune ricostruzioni sul rapporto con il Tesoro che poi invece quel messaggio vocale ha confermato. Ieri ha avuto ripetuti colloqui con Luigi Di Maio e Davide Casaleggio, ha rassicurato informalmente il Colle circa la correttezza dei rapporti con il ministero e ha osservato il silenzio assoluto coi giornalisti, salvo poi diramare una nota ufficiale, scritta.
Nonostante la difesa a spada tratta del suo operato da parte del vicepremier del M5S, per Casalino è stata una giornata di quelle da dimenticare. Anche alcuni membri del governo si erano lamentati tra loro della leggerezza e così pure del metodo di Casalino. Ma senza rendere pubblico il dissenso.
Già perché sulla carta Rocco, 46 anni, ricopre il ruolo di portavoce del premier ma semmai è il premier a riportare la voce di Casalino. Il quale traduce in dichiarazioni-slogan l’azione di Conte. Chissà, forse rappresenta il primo caso al mondo di portavoce che fa più notizia del proprio capo.
Casalino è uno che sa muoversi bene: nato in Germania da famiglia pugliese, laurea in ingegneria, concorrente del primissimo Grande Fratello, poi televenditore, giornalista di emittenti regionali e infine l’approdo in un altro esperimento degno di una specie di Grande Fratello, stavolta declinato in politica: il M5S. Era il 2012 e si candidò per il Consiglio regionale della Lombardia. Un Casalino poi fu eletto ma non era lui, che nel frattempo si era ritirato dalla corsa, bensì Eugenio (nessuna parentela). Si era subito candidato presentandosi al casting a Cinque Stelle denominato “graticola”, eppure non lo si era praticamente mai visto in giro insieme ai militanti, perché? «Sono pseudo-attivista da pochi giorni. È per via di un blocco mio psicologico, la paura di non essere accettato da un gruppo prestabilito. Anche se non sembra sono timido», rispose.
Toppata quella candidatura, Casalino non si diede per vinto e anzi capì come funzionavano le cose nel Movimento. Ovvero che contava di più entrare in contatto con la “Casaleggio associati” che venire eletto in una qualsiasi assemblea. Così entrò nello staff del Senato in quota Grillo.
«Ha talento – racconta Nicola Biondo, ex capo ufficio stampa alla Camera del M5S – ma si è imposto dentro un Matrix fatto di menti deboli, utilizzando metodi feroci». Questi “metodi feroci” sono noti: «Chi ad esempio tra i giornalisti sgarra con lui – continua Biondo – viene messo nella sua lista nera e gli si tagliano i “viveri": spin, notizie, ospitate e ricostruzioni.Lo dico perché è successo anche a me, quando riuscì a farmi escludere insieme a Marco Canestrari (autori insieme del libro Supernova, ndr) da una trasmissione di punta della Rai». Casalino si è affermato imponendo, in linea con Di Maio e Casaleggio jr, la “svolta nazionalpopolare": televisione a tutto spiano e partecipazione con il contraddittorio prossimo allo zero. Ancora prima, quando il Movimento cominciò a contemplare l’ipotesi di mandare gli eletti in tv – prima era vietatissimo – fu Gianroberto che pensò di affidare il compito a Rocco. «I rapporti con le tv in mano a Casalino sono come un carico di droga affidato a un tossicodipendente», fu la battuta di un suo collega dello staff. I fatti però, dal punto di vista elettorale, sembrano aver dato ragione al portavoce di Conte. Si racconta, poi, che Casalino sia fissato con la forma fisica e non solo la sua: l’ha “caldeggiata” a diversi parlamentari, idem lo sbiancamento dei denti. Però alla Camera il casting (una parola ricorrente con lui) per reclutare gli addetti stampa delle due Camere, da lui promosso, non ha funzionato perché ci sarebbero problemi di coordinamento tra i comunicatori a 5S del Parlamento e quelli dei ministeri. Molti lo descrivono come un fenomeno nel suo lavoro, ma il vocale galeotto non è la sua prima gaffe: appena arrivato a Palazzo Chigi si lamentò dell’arredamento e della propria stanza, a suo dire, troppo piccola.