La Stampa, 23 settembre 2018
Nasa, la sfida dei villaggi nello spazio
Piattaforme orbitanti, edifici costruiti con la polvere celeste, colonie umane alimentate con serre spaziali e riserve idriche sotterranee, flottiglie di mini-robot scavatori e stampanti in 3D per fornire agli astronauti ogni possibile utensile di cui avranno bisogno: sono i progetti con cui la Nasa scommette sulla possibilità di far tornare gli esseri umani sulla Luna. Ma questa volta per restarci in forma stabile, abitando dei villaggi.
Il 20 luglio del 1969, quasi mezzo secolo fa, la navicella spaziale americana Apollo 11 atterrò con i primi due uomini sulla Luna e Jim Bridenstine, divenuto in aprile il nuovo amministratore della Nasa, afferma che ora l’obiettivo è guardare oltre quel momento epocale ovvero «portare molti esseri umani nello spazio». Dando inizio alle operazioni già dalla fine del 2019 sulla Luna «perché è uno straordinario terreno di prova per testare tutte le tecnologie capaci di aiutare l’uomo a sopravvivere su altri Pianeti grazie a capacità sviluppate in loco». Insomma, una «base Luna» come trampolino dell’umanità verso l’intero Sistema Solare. L’obiettivo, in particolare, è ritornare in fretta sulla Luna per preparare lo sbarco su Marte nel 2030. E per riuscirci la Nasa ha ripreso le fattezze di un imponente laboratorio di progetti e innovazioni. A cominciare da «Gateway», la piattaforma orbitante a propulsione elettrica-solare destinata a trasformarsi in un hub per coordinare il trasferimento fra la Terra e la Luna di missioni statali e commerciali per consentire la creazione di colonie umane lunari. «Ciò che vogliamo è dare a più persone la possibilità di accesso alla superficie lunare» assicura il capo della Nasa, indicando in «Gateway» un «porto in profondità» a cui ogni partner - americano o straniero, pubblico o privato - potrà attraccare per coordinare il proprio contributo scientifico all’insediamento dell’uomo sulla Luna.
Al Kennedy Space Center, in Florida, è stata creata una «Swamp Works» dove gli ingegneri lavorano a ritmi serrati per riuscire a trasformare la polvere lunare in materiale per costruzioni o per realizzare copie in 3D di qualsiasi oggetto terrestre. L’intento è poi inviare sul pianeta grappoli di mini-robot scavatori per iniziare la costruzione delle prime strutture di piccoli villaggi destinate ad essere abitate o a diventare luoghi per l’estrazione dell’acqua congelata presente nel sottosuolo oppure per la costruzione di serre lunari a strutture tubolari. Simili a quelle progettate dal Centro di studi agricoli dell’Università dell’Arizona, dove i test hanno dimostrato la possibilità di coltivare in spazi inferiori ai 6 metri quadrati patate, pomodori, peperoni e altri vegetali senza aver bisogno del suolo.
A vedere nella nuova gara verso la Luna un test di leadership globale è la Cina di Xi Jinping, che ha affidato ad una missione militare la costruzione nel deserto della Patagonia, in Argentina, di una stazione di controllo per l’esplorazione del lato più lontano della Luna, il «dark side» raramente visibile. A dicembre Pechino lancerà il satellite «Chang’e 4» per seguire il «Chang’e 3», atterrato sulla Luna 5 anni fa, nella raccolta di dati e materiali lunari in maniera assai simile a quanto ha intenzione di fare la Nasa in funzione dello sbarco. Puntando ad atterrare entro il 2029 con modalità tali da sorprendere i rivali americani. Nella gara celeste c’è posto anche per l’Europa perché l’Agenzia spaziale europea guidata da Johann-Dietrich Wörner ritiene che il progetto più serio dopo la Stazione orbitante internazionale sia il «villaggio internazionale» nel quale «umani e robot vivranno assieme» grazie ad una stretta cooperazione con la Nasa fra il 2020 ed il 2030. A questo bisogna aggiungere che nei prossimi 60 giorni altre due nazioni hi-tech si affacceranno su questo scenario dove la realtà sconfina nella fantascienza: l’India che in ottobre lancerà il «Chandrayaan-2» - satellite, lander e rover - per andare a caccia di risorse utili all’uomo, e Israele che in dicembre si affiderà a «SpaceIL» per ispezionare il Pianeta con le più avveniristiche tecnologie grazie a un team di investitori pubblici e privati. Anche la Russia possiede ambizioni lunari ma al momento appare a corto di risorse sufficienti per consentire a Vladimir Putin di partecipare alla sfida lunare con l’America di Donald Trump.
La corsa per insediarsi sulla Luna, insomma, è in pieno svolgimento ed è una finestra sul XXI secolo capace di sfidare la nostra immaginazione. Perché implica il fatto che, fra pochi anni, parleremo di attività umane nello spazio come oggi avviene negli oceani, sulla terraferma o nei cieli. E si porranno dunque questioni assai concrete come la protezione legale delle attività intraprese e dei relativi investimenti, per non parlare dei diritti di proprietà sui terreni lunari. Sulla carta, e in base ai Trattati internazionali esistenti, la Luna e gli altri pianeti costituiscono un «bene comune» che non può essere posseduto da alcuna nazione specifica. Da qui la necessità di immaginare, studiare, varare ed applicare nuove norme per accompagnare l’esplorazione del Sistema Solare da parte dell’umanità. Sarà per tutti un nuovo, avvincente inizio, ed a cogliere tale opportunità sarà chi non avrà timore di osare.