Corriere della Sera, 23 settembre 2018
Giorni e notti di Claudia Cardinale
Cassola e la Morante, Moravia e Tomasi di Lampedusa, Sciascia e Malaparte, Brancati e Gadda, Pirandello e Svevo. E, poi, dietro le macchine da presa, Comencini e Germi, Bolognini e la Cavani, Fellini e Visconti, e altri. Tutti attorno a ricevere le fusa di una gatta di nome Claudia. O meglio, di una donna con il viso di gatta. «Umile e selvaggiamente perduta», secondo la definizione di Pasolini che dà il titolo alla mostra dedicatale (sino al 12 ottobre) alla Kasa dei Libri di Milano (largo de Benedetti, 4). Claudia chi? Ma l’Angelica de Il Gattopardo (nella foto), Mara de La ragazza di Bube, Carla de Gli indifferenti, Rosa de Il giorno della civetta e di altri personaggi tratti dai libri di alcuni dei migliori scrittori di casa nostra; vale a dire Claudia Cardinale, spesso identificata solo con la sigla CC, così come BB valeva per Brigitte Bardot.
Bene, CC ha compiuto 80 anni e Andrea Kerbaker ha messo su una rassegna di fotografie, locandine, video, dischi, libri e riviste in grado di illustrare la lunga e straordinaria attività di questo mito del cinema, la cui grazia e bellezza ha fatto sognare milioni di spettatori. Un po’ come – per un altro verso – Romy Schneider: la sdolcinata Sissi di Ernst Marischka, ma anche la Califfa di Alberto Bevilacqua neoregista. Il quale perde la testa per l’attrice, tant’e che quando la presenta (o è costretto a farlo dalle circostanze) a qualche amico, gli chiede di lasciarla stare per non distrarre il manovratore.
Fra i libri esposti, c’è una Claudia Cardinale di Alberto Moravia, uscito a Milano, da Lerici, nel 1963, con fotografie di Chiara Samugheo, Carlo Cisventi, Franco Pinna e Tazio Secchiaroli. Ecco, l’intervista dell’autore deLa noia diventa basilare per un ritratto: non la diva dello schermo, ma della donna mostrata come un «oggetto naturale che appare nello spazio» di giorno e che «scompare di notte». Perché? Nei film, dice lo scrittore, Claudia non è se stessa, bensì un personaggio definito dal regista.
Vediamone alcuni tratti. Gli occhi, per esempio, hanno quattro espressioni. Possono essere furbi, cattivi, menzogneri o infantili. E la bocca? «Con gli angoli voltati in basso come quella di certe figure di Michelangelo. Non soltanto dura. Imbronciata, sdegnosa e, soprattutto un po’ rustica, campestre. Una bocca che si immagina in atto di mordere un frutto o di sputare un seme, o di stringere un filo d’erba. Forse le modelle del Buonarroti erano anch’esse delle contadine».
Andiamo avanti. La testa? Di una quindicenne nel corpo «di una donna fatta che abbia vent’anni o qualcosa di più».
La «scomparsa dallo spazio» dura all’incirca 8 ore: quelle del sonno. Prima di mettersi a letto che cosa fa la Cardinale? Si spoglia, naturalmente, secondo un rituale. Che Moravia mette a confronto con una donna di Velázquez. Differenze: sono solo i vestiti a collocare le due donne nei secoli e, con fasi alterne, a essere 12 ore «dentro» il tempo (vestite) ed altrettante «fuori» (spogliate) e ci si disfa «della cultura che sta addosso, si esce cioè dalla storia». Ma spogliarsi dei vestiti, sostiene Moravia, significa anche annientarsi «nei due modi che la natura consente: l’amore, prima di tutto, che è un annientamento fulmineo anche se eterno, e poi il sonno».
Lo scandaglio continua. Quando Claudia sembra protestare dicendo che per lei si tratta di cose ovvie, Moravia risponde: «Sono quelle che mi interessano, forse perché nessuno se ne occupa e a forza di essere neglette, diventano misteriose».