Corriere della Sera, 23 settembre 2018
I funghi di Kim
A settembre dell’anno scorso la Nord Corea minacciò di lanciare una Bomba H sul Pacifico. Lo spettro del fungo atomico incombeva sul mondo. Ora Kim Jong-un si occupa di altri funghi e li regala al presidente sudcoreano Moon Jae-in, salito in visita al Nord per il terzo vertice da aprile. Si tratta dei «songi», i funghi di pineta molto ricercati e costosissimi. E siccome al Maresciallo piace fare le cose in grande non si è limitato a una cassetta, ma ne ha fatto preparare due tonnellate: valore di mercato a Seul 560 euro al chilo, che in totale significano 1,2 milioni di euro. Tornato alla Casa Blu di Seul, Moon ha deciso di distribuire le 4 mila cassette alle famiglie di sudcoreani che hanno parenti separati al di là del 38° Parallelo. Con un biglietto di dedica: «La Nord Corea ha donato questi funghi con il cuore. Ci portano il profumo delle montagne a Nord. Verrà il giorno in cui potrete riabbracciare i vostri cari. Vi auguro buona salute fino a quel momento».
I gesti simbolici in Asia hanno un grande rilievo. Kim ne ha fatto un altro durante il vertice di questa settimana con Moon, quando, lasciata Pyongyang, ha portato l’ospite in pellegrinaggio sul Monte Paektu, luogo sacro per l’intera nazione divisa. In Sud Corea è popolare il «segno del cuore con due dita»: si fa unendo pollice e indice, lo lanciò pochi anni fa un cantante star del K-pop e subito se ne sono appropriati anche i politici. Kim, ben informato sulle mode di Seul, ha voluto replicarlo; poi ha sostenuto: «Non so farlo bene» e ha chiesto consiglio a Moon. Alla fine, secondo quanto ha riferito la delegazione sudista, ci è riuscito e subito la moglie Ri Sol-ju ha messo la sua mano sotto quella piuttosto grossa del Maresciallo, quasi a sorreggere quel cuore.
Un bello show. Ma al terzo vertice inter-coreano serviva altro. Moon è andato a Pyongyang per ottenere gesti concreti nel campo della denuclearizzazione. Kim ha promesso di distruggere il sito dei test missilistici a lungo raggio davanti a ispettori internazionali. E smantellerebbe il centro nucleare di Yongbyon, in cambio di «concessioni sincronizzate» da parte di Washington. Trump ha risposto su Twitter: «Molto eccitante!». Il segretario di Stato Mike Pompeo ha detto che il presidente incontrerà il Maresciallo «tra non molto».
Funghi e dita a cuore però non risolvono il problema di fondo: la rinuncia alle armi nucleari. A Seul, e ormai anche alla Casa Bianca, hanno capito che Kim non distruggerà l’intero arsenale costruito come assicurazione per il regime e la sua vita (non vuole fare la fine di Gheddafi). Il dittatore dice ai sudcoreani di aver fatto già numerose concessioni, a partire dalla sospensione di test e minacce e vuole un passo da Trump: la firma della «dichiarazione di fine della guerra», l’abolizione delle sanzioni internazionali. Washington insiste perché prima Kim fornisca almeno la lista dettagliata di tutti i suoi impianti missilistici e nucleari: dopo questa dichiarazione verrebbe quella sulla fine della guerra, solo sospesa da una tregua nel 1953.
Come fidarsi della trasformazione «pacifista» di Kim? Il sospetto è che, ottenuta la firma di Trump, la Nord Corea chieda il ritiro delle forze Usa che proteggono il Sud (28.500 militari). Ma qualcosa si muove: il New York Times ieri ha pubblicato in prima pagina un commento che definisce Kim Jong-un «tipico leader asiatico», che vuole lo sviluppo del suo Paese e il potere autoritario. Un uomo con una visione, scrive il giornale, paragonando Kim al cinese Deng Xiaoping, e suggerendo agli Stati Uniti di dargli una chance. Presto potrebbero arrivare funghi anche alla Casa Bianca.