Il Sole 24 Ore, 22 settembre 2018
La cannabis sbarca nelle Borse europee
Business del futuro o bolla speculativa? Questa è la domanda che tanti investitori si fanno a fronte delle performance da record messe a segno dalle aziende che operano nel settore della cannabis legale. Negli ultimi 12 mesi i 50 maggiori titoli del comparto, quotati sulle piazze di Canada e Stati Uniti, hanno messo a segno uno spettacolare rialzo del 296% in Borsa. Una fiammata che ha portato la loro capitalizzazione oltre i 65 miliardi di dollari. Numeri notevoli considerando che, messe insieme, queste aziende fatturano appena 2,4 miliardi di dollari. Il mercato per ora ignora i campanelli di allarme dei multipli di Borsa e continua a scommetterci. Anche sulla scorta di notizie, come quella uscita nei giorni scorsi dell’intesa tra Coca Cola e la canadese Aurora per studiare una bevanda a base di Cbd (il principio attivo non psicoattivo della pianta), che avvalorano la tesi della svolta “mainstream” della foglia a cinque punte. Ora anche l’Europa di prepara a farsi contagiare dalla febbre delle “cannastocks” con il debutto in Borsa di StenoCare, una piccola azienda danese che quest’anno ha ottenuto il permesso dal ministero della sanità locale per coltivare o importare cannabis per produrre olio di Cbd da distribuire nelle farmacie. È un’operazione di piccola entità che tuttavia potrebbe essere indicativa della sensibilità del mercato europeo.
La crescente evidenza scientifica dell’efficacia dei principi attivi della pianta nella cura delle più varie patologie ha spinto in questi anni i governi di molti Paesi a rimuovere i divieti che per anni ne hanno ostacolato l’impiego terapeutico. Ciò ha creato il terreno per lo sviluppo dell’industria anche perché, di pari passo, c’è stato un allentamento della legislazione per quanto riguarda l’uso «ricreativo» della pianta. Negli Usa nove stati e il distretto di Washington hanno legalizzato e dal prossimo mese il Canada si prepara a fare altrettanto. Notizia, quest’ultima, che ha contribuito molto al recente rally delle «cannastocks» in Borsa.
L’Europa non è rimasta immune dal fenomeno. «Negli ultimi sei mesi l’industria è cresciuta più che negli ultimi cinque anni» si legge nell’ultimo rapporto di Prohibition Partners in cui si stima che una regolamentazione del settore potrebbe generare entro i prossimi 10 anni un mercato da 115 miliardi di euro. L’Italia è stata tra gli apripista sul fronte della cannabis terapeutica ma ci sono ancora molti freni allo sviluppo del mercato. Da una parte la legislazione varia molto da regione a regione. Dall’altra non si riesce a far fronte alla crescente domanda nè con la produzione in regime di monopolio dello stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze nè con le importazioni dall’Olanda. «Il rischio di questa situazione – spiega Pietro Paolo Crocetta, presidente di Crystal Hemp, azienda che si occupa di estrazione di principi attivi derivati dalla Cannabis – è che i pazienti si rivolgano ai tanti siti che vendono prodotti non certificati e di dubbia sicurezza».