il Giornale, 22 settembre 2018
Il nuovo boom della coca in Colombia
Lo scorso anno l’incremento in Colombia delle aree coltivate a foglie di coca registrato dall’Ufficio Onu per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Unodc), era stato del 52% e non appena del 17% come quest’anno, solo che allora presidente era Juan Manuel Santos – adorato da Obama, Soros e dall’intellighenzia mondiale che lo ha omaggiato con il Nobel per la Pace – ergo il New York Times non ci aveva fatto nessun reportage da copertina.
Dal 7 agosto scorso a guidare la Colombia c’è però Ivan Duque – uno che a differenza di Santos mai avrebbe amnistiato criminali contro l’umanità né dato in pasto a Maduro vincitori del premio Sakharov- e allora per fortuna se ne scrive, fingendo che la colpa sia di quest’ultimo. Invece, se oggi la Colombia è tornata a rifornire il 74% della cocaina che si sniffa nel mondo lo si deve proprio a quello che per l’analista geopolitico Omar Bula Escobar è stato «uno dei peggiori presidenti della Colombia di sempre», ovvero Santos.
Una considerazione confermata dai numeri. Nel 2010 infatti, quando Santos arriva alla presidenza, eredita dal suo predecessore Álvaro Uribe una produzione, in calo, di appena 350 tonnellate di polvere bianca coltivata su 62mila ettari. Secondo gli ultimi dati resi noti l’altro ieri dall’Unodc e che si riferiscono al 2017, dopo neanche 8 anni la Colombia produce oggi invece 1379 tonnellate di bamba purissima, con ben 171mila ettari coltivati «a foglia di coca».
Insomma, nelle due presidenze di Santos è stata triplicata l’estensione delle terre controllate dai narco campesinos e quadruplicata la produzione, a dimostrazione di come la resa per ettaro sia aumentata per le migliorie tecnologiche. Un esito scontato per almeno 4 motivi. Primo la decisione della Corte Suprema «santista» di proibire le fumigazioni delle piantagioni con il glifosato anche con droni, uso consentito invece in Europa visto che per Oms e Fao questo pesticida è cancerogeno quanto il consumo di insaccati o della fiorentina. Secondo perché Santos ha introdotto il concetto di considerare «non illegali» le piccole aree di produzione a coca, «una vera legalizzazione» come denunciato da tempo dall’ex presidente Uribe. Terzo, il Nobel ha consentito la sostituzione delle foglie di coca con altre piantagioni -dalle banane alle patate- su base volontaria, senza che sia «obbligatoria» come voluto invece da Duque. Infine, per la «pace» di Santos con le Farc, che oltre a non avere raggiunto nessun risultato concreto -oggi il 40% dei guerriglieri è tornato al più redditizio business del narcotraffico – ha aperto ad altri attori il mercato, aumentando così concorrenza e, ça va sans dire, la produzione.