il Giornale, 22 settembre 2018
C’era una volta la «Municipale»
Per quale spirito autolesionistico la polizia più vicina ai cittadini, quella che non è punitiva ma rassicurante, e i cui poteri non indicano sanzioni minacciose ma umane multe, i vigili urbani, ovvero la polizia municipale, abbiano voluto mortificarsi o diminuirsi in «polizia locale», resterà un mistero, nelle pieghe delle leggi dello Stato e, non bastasse, delle Regioni. C’è autorevolezza nella denominazione «polizia di Stato», in continuità con «forze dell’ordine», mentre l’aggettivo «locale» è così svalutato che indica una debole e minore forza, la cui efficacia è circoscritta a un ambito limitato. Il legislatore se n’è lavato le mani, e ha indicato indifferentemente l’una o l’altra denominazione. Wikipedia, facendo riferimento all’ultima «legge quadro sull’ordinamento della polizia municipale» del 7 marzo 1986, n. 65, usa l’aggettivo «municipale» e «locale» come sinonimi. La seconda formula è evidentemente diminutiva, come i prodotti locali, il salame locale, la banda locale, con alcunché di dispregiativo come l’annuncio: «Concerto dei Pink Floyd e di un complesso locale», «Champagne e vini locali», «Raffaello e i pittori locali». Occorre restituire alla polizia municipale uno status, una autorevolezza, nel nome del municipium, di etimologia alta, dal latino munera capere, assumere i doveri. Munus è parola densa, opposta a immunità, che è privilegio e si oppone al bene comune. «Locale» è vago, generico, diminutivo. La polizia riacquisti la sua dignità, ritornando municipale.