Corriere della Sera, 22 settembre 2018
Il Manchester City mostra gli allenamenti nella camera ipossica
Benjamin Mendy, terzino del Manchester City e della Francia campione del mondo, è stravolto dall’allenamento appena terminato. Del resto ci sono 35 gradi, il 65% di umidità e siamo a 3.200 metri di altitudine. E c’è solo il 14% di ossigeno nell’aria (al livello del mare ce n’è circa il 20%). Ma basta uscire dalla lussuosa camera ipossica installata nel centro sportivo della squadra di Guardiola per riprendere fiato. «Dentro non si respira, è molto faticoso, anche perché è caldissimo. Ma poi in campo si vola!» dice il francese (che stava recuperando da un grave infortunio) nella serie tv sui Citizens. Che sia una stanza in cui allenarsi o una tenda sotto la quale dormire, poco cambia: sul sito del produttore Altitude Center ci sono tutti i clienti e oltre a City, United e Liverpool c’è anche la Federcalcio britannica. Del resto, già prima del Mondiale 2010, la Nazionale allora allenata da Fabio Capello si dotò di tende ad ossigeno per abituarsi alla situazione ambientale sudafricana. Ma da Raul a Beckham, passando per Lance Armstrong, sono stati tanti i testimonial eccellenti della strumentazione che stimola la produzione di globuli rossi e quindi aumenta l’ossigenazione dei muscoli, migliorando la capacità di recupero degli atleti.
In tutto il mondo, ma non in Italia, perché l’ipossica/ipobarica è nella lista delle sostanze e dei metodi proibiti pubblicata dal ministero della Sanità, sezione 5, paragrafo M1, comma 1: grande o piccolo è comunque uno svantaggio per le nostre squadre e per gli atleti degli sport individuali, che però spesso dribblano il problema andando ad allenarsi all’estero. «Le pratiche ipobariche/ipossiche in Italia sono doping – spiega Giuseppe Capua, presidente della Sezione per la Vigilanza e il Controllo sul doping del ministero della Salute – perché, 18 anni fa, un’autorevole commissione medica scientifica ha valutato che migliorassero artificialmente la prestazione mettendo anche a rischio la salute dell’atleta. Alla luce delle ricerche scientifiche recenti si potrebbe ridiscutere la norma ma, fosse dimostrato anche solo un rischio minimo, come medico sarei orgoglioso di vivere nell’unico Paese al mondo che le vieta».
Chi usa una camera ipossica sul suolo italiano rischia una squalifica di 4 anni e un procedimento penale. In Italia non esistono produttori/venditori di tende ipossiche, alcuni di quelli stranieri (come la statunitense Hypoxico) non spediscono i loro prodotti da noi, altri (come Altitude Center) sì. Un «generatore di altitudine» (simile a un condizionatore portatile e capace di simulare quote fino a 6.400 metri), costa «chiavi in mano» attorno ai 3.500 euro cui vanno aggiunti i 500/2.000 della tenda che può essere singola, matrimoniale o addirittura delle dimensioni di una stanza.
A diversi preparatori atletici il divieto italiano sembra però «anacronistico» come dice ad esempio il decano della professione, Vincenzo Pincolini, ora nello staff delle Nazionali azzurre: «È come mandare l’esercito per combattere le zanzare. Le vie del doping sono altre. E comunque per tutto quello che è possibile ci vuole uniformità col codice della Wada, l’antidoping mondiale».
L’uniformità però non c’è nemmeno all’interno della stessa legge italiana: al contrario delle camere ipobariche/ipossiche, quelle iperbariche sono invece dispositivi di alta specializzazione medica cui si può accedere solo per curare specifiche patologie (anche traumi sportivi) e sotto stretto controllo sanitario, ma non sono considerate dopanti, pur prevedendo una «manipolazione dell’ossigeno». Dal punto di vista scientifico, l’uso di camere ipobariche/ipossiche per riposare nelle ore notturne ha evidenziato un (piccolo) miglioramento del trasporto di ossigeno del sangue mentre sulle camere iperbariche non esistono al momento prove di miglioramento della performance. Però vanno molto di moda: le usava Ronaldo ai tempi del Real, le usa Salah del Liverpool, il tennista Djokovic e anche LeBron James. Forse, per soddisfare il loro perfezionismo di campioni sempre all’avanguardia, basta l’effetto placebo.