Corriere della Sera, 22 settembre 2018
Il rinoceronte Eric volato verso l’Africa per salvare la specie
Un rinoceronte nero ha attraversato mezzo mondo per svolgere una missione fondamentale: salvare dall’estinzione la sua specie. Allevato in uno zoo californiano a fieno, banane e cocomeri, Eric si trova ora nella riserva di Singita Grumeti a Serengeti, in Tanzania, dove era nato otto anni fa e dove presto condividerà 275 ettari di territorio con Laikipia, un esemplare femmina arrivato dieci anni fa dal Kent. La speranza è che tra i due scoppi la scintilla dell’amore e soprattutto che l’unione sia molto feconda. In Africa i bracconieri hanno messo in pericolo diverse specie protette tra cui il rinoceronte nero. Si calcola che oggi gli esemplari rimasti siano meno di 5 mila. A Serengeti ce ne sono tra i 50 e i 100.
Eric,che pesa più di una tonnellata, è stato regalato alla Tanzania dallo zoo di San Diego ma il suo viaggio, di circa 16 mila chilometri, è costato una fortuna: ben 140 mila dollari. «Non è una grande somma se si pensa che può salvare una specie dall’estinzione. Il suo impatto sulla genetica della popolazione potrebbe essere cruciale – ha detto al britannico Times Steve Cunliffe del Singita Grumeti Fund che ha organizzato lo spostamento —, il nostro obiettivo è di tornare ad avere molti rinoceronti nel loro ambiente naturale».
Per passare dalla cattività alla vita nella foresta c’è voluta una preparazione che è durata mesi e che non è ancora terminata. All’animale è stato insegnato come procurarsi il cibo da cespugli ed alberi. Un passaggio di certo non facile per il mammifero, abituato a trovarsi il cibo pronto. L’altro punto cardine dell’addestramento è stato il distacco dagli umani. Ora, dopo tre voli aerei e due viaggi in camion, Eric è tenuto in un recinto di 8 mila metri quadrati dove il suo processo di ritorno alla vita selvatica viene costantemente monitorato da un team di veterinari specializzati nella sua specie. Una delle cose più importanti è che Eric impari a brucare dagli alberi, per questo gli vengono portati vicino i rami più nutrienti. «Ci vorrà tempo per tornare alla vita selvatica, non possiamo lasciarlo libero finché non sarà capace di sostentarsi autonomamente» ha spiegato Beverly Burden, della riserva di Singita Grumeti. Un altro pericolo è rappresentato dalle zecche e dalle mosche tse tse che a San Diego non esistevano.
Ma Eric non sarà lasciato solo neanche quando potrà finalmente tornare nel suo habitat naturale nella zona protetta del parco. I veterinari, infatti, gli impianteranno un chip sottopelle, anche perché il vero timore è che diventi preda dei bracconieri che vanno a caccia di rinoceronti per potersi rivendere i corni in Estremo Oriente dove molti sono convinti che la polvere estratta da queste estremità (fatta della stessa materia di capelli e unghie, la cheratina) abbia chissà quali proprietà medicamentose e afrodisiache. La domanda è altissima e nei mercati illegali un corno oggi vale quasi un milione di dollari.
La buona notizia di questi giorni è che la caccia di frodo al rinoceronte ha subito un calo non in Tanzania ma in Sudafrica: nei primi 8 mesi del 2018 sono stati uccisi 500 esemplari, il 26% in meno dell’anno precedente grazie a un sistema che consente di individuare i bracconieri prima che agiscano. Ma il Diceros bicornis, il vero nome del rinoceronte nero, è sparito da molti Paesi africani. In Ciad, per esempio, sono stati reintrodotti lo scorso maggio sei animali, quattro femmine e due maschi, dopo la strage compiuta dai cacciatori 50 anni fa che portò alla totale estinzione degli animali. La stessa operazione è stata compiuta in passato in Botswana, Zambia, Malawi e Ruanda.